Ict e inclusione sociale: MSE e FUB presentano il progetto Beacon, digitale terrestre per colmare il gap tecnologico

di Flavio Fabbri |

Italia


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Presentato ieri presso il Ministero dello Sviluppo Economico – Dipartimento per le Comunicazioni il progetto Beacon (Brazilian-European Consortium for DTT Services), co-finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del VI Programma Quadro e che raccoglie partner pubblici e privati provenienti da diversi paesi europei e dal Brasile, per sviluppare servizi di tLearning sul Digitale Terrestre tesi a favorire l’inclusione sociale. Un incontro, questo organizzato dal Ministero e dalla Fondazione Ugo Bordoni (FUB), dedicato alla “Tecnologie ICT per l’inclusione sociale” e finalizzato ad illustrare quanto le applicazioni della Tv digitale terrestre, sviluppate dal Consorzio euro-brasiliano, con lo specifico obiettivo di operare sui due differenti standard utilizzati in Europa e in Brasile (rispettivamente, DVB-MHP e ISDTV-T), permettano di raggiungere una maggiore flessibilità dei contenuti e dei servizi rispetto alle piattaforme impiegate e risultati concreti nell’eInclusion. Il progetto, come ha spiegato in apertura del workshop Roberto Sambuco, Capo Dipartimento Comunicazioni del Ministero dello Sviluppo Economico, iniziato nel 2007 e della durata complessiva di 40 mesi: “Mira a favorire l’innovazione tecnologica e un ritorno a politiche industriali di settore vere“. “L’azione del Governo, attraverso il Dipartimento Comunicazioni – ha precisato Sambuco – punta ad individuare tutti quegli strumenti attraverso cui lavorare ad un definitivo processo di digitalizzazione del paese, occupandosi di banda larga, facilitando l’opera di posa in opera delle infrastrutture, come cavidotti e fibra ottica, rilanciando l’attività di Infratel e impegnandosi nella realizzazione della rete a 20 Mbps per tutti“.

 

Un Dipartimento, quello retto dal viceministro Paolo Romani, che si propone come grande crocevia di progetti strategici per l’Italia, non solo orientati alle infrastrutture, ma anche alla qualità dei contenuti e i servizi veicolati, ponendo forte attenzione sul tema dell’inclusione sociale e soprattutto del digital divide. “Un pacchetto operativo – ha ribadito Sambuco – che riguarda 8 milioni di cittadini italiani ancora esclusi dai grandi cambiamenti sociali, economici e culturali indotti dall’innovazione tecnologica, circa il 12% della popolazione, a cui dobbiamo assicurare tutto il nostro impegno come esecutivo e di cui il progetto Beacon rappresenterà nei prossimi anni un esempio di case study di massimo livello“.

 

Le diverse possibilità applicative, insite nelle soluzioni adottate nel Progetto, come ben si può constatare anche dalle informazioni contenute nel sito di riferimento (www.beacon-dtt.com), possono in effetti dar luogo non solo a importantissimi risultati nei settori sopra citati, ma anche ad ulteriori sviluppi sul piano commerciale e imprenditoriale, nel mercato dei prodotti digitali destinati ad una fascia di utenza demografica trasversale e multiterritoriale. Il Brasile, lo ricordiamo, è un paese in crescita, inserito da tempo nel gruppo delle nazioni cosiddette BRIC (acronimo che sta per Brasile, Russia, India e Cina), cioè quei Paesi che condividono una grande popolazione, un immenso territorio, abbondanti risorse naturali strategiche e, cosa più importante, caratterizzati da una forte crescita del PIL e della quota nel commercio mondiale, soprattutto nell’ultimo decennio. La cooperazione italiana, in tal senso, va vista in un più ampio contesto strategico e di politica economica internazionale, anche in virtù del fatto che il Brasile conta ormai quasi 28 milioni di cittadini di origine italiana, di cui solo San Paolo ne ospita 9 milioni, circa il 50% dei suoi abitanti.

 

Anche la Fondazione Ugo Bordoni (FUB), nel suo costante impegno al fianco del Dipartimento per le Comunicazioni, pone al centro delle sue attività l’eInclusion, il digital divide e il dividendo digitale, come ha esposto il Direttore delle Ricerche Mario Frullone nel suo intervento, sottolineando che: “Troppa tecnologia potrebbe paradossalmente determinare, con tutta la massa di opportunità che è in grado di riversare nella società e nel mondo del lavoro, un ampliamento della forbice tra le diverse fasce della popolazione, tra chi è dentro e chi è fuori la rivoluzione digitale“. L’innovazione tecnologica, infatti, porta sempre con se nuovi linguaggi, specifiche, know-how, competenze e skill, determinando in definitiva un digital divide quasi fisiologico all’interno di una società. Ovviamente, sta alle Istituzioni prevenire gli effetti più devastanti e ridurre quindi nel più breve tempo possibile il numero di coloro che ne subiscono le conseguenze peggiori. A riguardo, ha ricordato Frullone, sembrerebbe che la presenza di figli nei nuclei famigliari garantirebbe una minore incisione dell’esclusione sociali, perché portatori di quelle capacità e competenze tecnologiche che poi vengono passate anche ai restanti componenti della famiglia. “La FUB ha inoltre ricevuto l’incarico – ha reso noto Frullone – di verificare la qualità di tali reti e strumenti di comunicazione, quindi delle stesse infrastrutture sul territorio nazionale, con le operazioni che partiranno dal prossimo mese di febbraio, mentre dal 1° ottobre 2010 sarà distribuito ad ogni famiglia un software per la misurazione della qualità delle connessioni alla rete, cosicché ognuno potrà verificare l’effettiva qualità del servizio acquistato“.

 

Da  una parte quindi le infrastrutture, dall’altra la qualità del servizio, con l’obiettivo dei 20 Mbps per tutti, che la stessa FUB sembra dare per fattibile, anche grazie ad un processo di digitalizzazione delle frequenze televisive “di cui bisogna andar fieri“, secondo Frullone, “continuando a lavorare territorio per la sua copertura completa come leva per la trasformazione del paese da analogico a ‘full digital’“. Anche Marco Recchioni, della Didagroup e Coordinatore del progetto Beacon, ha evidenziato quanto: “La cooperazione con il Brasile e la messa in comune dello standard Multimedia Home Platform (MHP), in tal senso, ci permetta di rendere effettiva la lotta al digital divide e fruttifero l’impegno nell’inclusione sociale, proprio attraverso il digitale terrestre, che nel paese d’oltreoceano è definito con l’acronimo di ISDTV-T (International System for Digital TV)“. Va ricordato, a riguardo, che in Brasile tutte le famiglie hanno un televisore in casa, anche le più povere, un dato molto importante che poi è alla base del tLearning e dei piani formativi previsti da Beacon. “L’enorme flessibilità del mezzo televisivo digitale – ha affermato Recchioni – si mostra a noi come straordinario strumento di lotta all’esclusione sociale e quindi al digital divide“. La parte italiana del progetto, ha illustrato Vittorio Dell’Aiuto, sempre di Didagroup e anche lui nel gruppo di coordinamento Beacon, si caratterizza per: “Un’intensa ricerca nei servizi interattivi dedicati al tLearning, nella crescita del consorzio italo-brasiliano per la gestione delle risorse e dei servizi presenti nel progetto, nella divulgazione dei risultati e nel metterli a disposizione dei cittadini e quindi degli utenti finali, contribuendo direttamente ai processi di policy-making nel campo dell’eInclusion“.

 

Ovviamente si parla di Information and Communication Technology, o ICT, e di Televisione Digitale Terrestre (DTT), due settori fondamentali per lo sviluppo della società dell’informazione e dell’economia della conoscenza che, unitamente ai processi di interoperabilità tra standard europeo (DVB-MHP) e brasiliano (SBTVD-GINGA) e l’installazione di una centrale operativa a San Paolo dedicata allo User Center Design (UCD), permetteranno la nascita di un modello di T-Leanring efficiente ed esportabile, oltre il territorio Latino Americano. Per far questo, ha spiegato Giuliano Benelli dell’Università degli Studi di Siena, bisogna lavorare su più livelli: “Formazione attraverso il tLearning, raccolta del materiale (Scorn) da utilizzare per successive fasi e su diversi standard tecnologici, realizzare un Sistema di Learning Management (LMS) da cui generare sempre nuovi contenuti, garantendo l’interoperabilità degli stessi“. Pochi elementi, ma ben definiti, quelli elencati da Benelli, il quale successivamente ha presentato anche il progetto HBBTV, Hybrid Broadcast Broadband TV, dove a fronte di una banda larga diffusa ed estesa sarà presto possibile far convergere televisione e Internet, aumentando enormemente le potenzialità del media più tradizionale che ci sia, attraverso le specifiche tecnologiche del web, a cui eventualmente si potranno aggiungere quelle di altre piattaforme di largo consumo (mobile, satellite, console per videogame, ecc.).

 

Esempi pratici di tali applicazioni già sono riscontrabili nel progetto europeo denominato T-Seniority, gestito in Italia dall’Università di Siena e dalla Regione Toscana, che vede il coinvolgimento di 300 soggetti adulti over 60 ( 5000 in tutta Europa) impegnati nell’utilizzo di Internet, DTT, IPTV, Mobile device e Hidden PC, misurandone livelli di accessibilità e di usabilità. T-Seniority nasce come combinazione flessibile di servizi personalizzabili ‘General Public e-Care’, utilizzando il mezzo di comunicazione preferito dall’utente: la TV. L’obiettivo principale di T-Seniority é l’integrazione di servizi in modalità “user-centric“, riguardanti programmi di assistenza (compresi servizi di trasporto) per gruppi sociali svantaggiati, focalizzandosi principalmente su persone anziane, per coprire un’ampia parte di necessità con la disponibilità di diverse modalità di servizi (assistenza casalinga, tele-assistenza, servizi di telefonia mobile, tele-allarmi, servizi di infermeria, telemedicina). Un progetto che deve far riflettere ulteriormente, ha spiegato Francesca Comunello dell’Università degli Studi di Roma ‘La Sapienza’, sull’urgenza di raggiungere un livello più soddisfacente di digital dividend, senza fossilizzarsi su un solo mezzo, come ad esempio il Personal Computer, perché: “A fare la differenza nella forbice tra fasce di popolazione ‘in’ e  ‘out’ concorre un menù tecnologico assolutamente più vasto, dove ogni tecnologia abilita all’accesso in rete in maniera diversa e allo stesso tempo esaustiva rispetto a qualsiasi altra“. “Il progetto Beacon in questo – ha affermato Comunello – è un chiaro esempio di come una tecnologia, considerata da molti tradizionale e sorpassata, stia invece dimostrando nella sua versione digitale una nuova collocazione in campo pedagogico e formativo, riuscendo a penetrare con facilità nelle case e a coinvolgere in nuovi processi di apprendimento anche quelle fasce di popolazione che per età anagrafica, al momento, rimangono in digital divide“.

 

Riprendendo Frullone, anche Antonio De Vanna, coordinatore dell’Osservatorio sull’accessibilità DIT/Formez, ha puntato il dito sull’eccesso tecnologico e sui paradossi dell’ICT: “Senza un’adeguata formazione e competenza, anche acquisita in ritardo magari, non riusciremo tanto facilmente a ridurre la percentuale di persone in digital divide“. E inoltre: “Se non si pensa seriamente ai concetti di usabilità, accessibilità e fruibilità di hardware e software fin dal momento della progettazione, non si riuscirà mai a rendere effettivi i progetti di eInclusion, o almeno a favorirne l’attuazione“. Anche in questo il progetto Beacon si distingue per il grande lavoro in fase di ideazione, con la realizzazione dell’UCD di San Paolo, con gli alti standard di qualità misurabili e con la garanzia di poter ottenere delle economie di scala, assieme ad un approccio dal basso, infine, che determina un coinvolgimento maggiore degli utenti finali, evitando i processi cosiddetti ‘top-down’. A tale scopo è intervenuta, a chiusura di workshop, Danila Mercuri di APRE, Agenzia per la Promozione della Ricerca Europea, un ente nato in Italia nel 1989 come ‘Task Force’ del Ministero dell’Università e della Ricerca e che dal 1990 è costituito formalmente da Confindustria, ENEA, FAST e Mondimpresa. “Intento finale di APRE – ha spiegato a termine dell’incontro Mercuri – è quello di fornire al mondo della ricerca italiana un importante momento di informazione, assistenza e formazione intorno alle grandi opportunità di finanziamento della ricerca scientifica a fondo comunitario, così da accrescere la partecipazione italiana al processo di coesione economica e sociale dell’Unione, allargandosi ulteriormente alla Cooperazione Internazionale“. Ancora una volta, grazie al progetto Beacon, è stato possibile mettere in luce l’importanza e il ruolo dell’ICT per l’eInclusion, di come le tecnologie dell’informazione possano oggi rappresentare un terreno su cui sviluppare percorsi di collaborazione tra più Paesi, in questo caso europei e dell’America Centrale e Meridionale, tesi alla ricerca e all’innovazione nel campo delle nuove tecnologie e delle loro applicazioni future.

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