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Decreto Romani: per l’opposizione, ‘Duro colpo a web e audiovisivo’. Per martedì sit-in davanti alle sedi Rai, Mediaset e Sky

Italia


L’opposizione è sul piede di guerra ed è scesa in campo contro lo schema di decreto per il recepimento della direttiva Ue sui servizi audiovisivi.

Si parla di “clamoroso eccesso di delega” e, con una lettera del capogruppo del Pd Dario Franceschini, si appella al presidente della Camera, Gianfranco Fini, per chiedere tempi più ampi per le commissioni parlamentari per esprimere il relativo parere.

Da parte del governo si registra comunque un’apertura alle istanze della minoranza: martedì si riunirà l’Ufficio di presidenza delle commissioni Trasporti e Cultura della Camera.

 

Valentina Aprea, presidente della Commissione Cultura, fa sapere che verrà definito il calendario delle audizioni e si farà una valutazione sui tempi. “Governo e maggioranza sono disponibili ad ascoltare i soggetti interessati per acquisire elementi sul parere” che le stesse Commissioni, come la Lavori pubblici del Senato, sono chiamate a fornire sul decreto legislativo, ha osservato Mario Valducci, presidente della Trasporti.

“Non mi pare – ha aggiunto – che gli elementi del dl configurino un eccesso di delega, comunque un rinvio sul parere è possibile, magari non di un mese”.

L’opposizione lamenta che il provvedimento “riscrive le norme in materia di tv e Internet sulla base di una legge delega di 11 righe” e contiene, in particolare, un “colpo mortale alla produzione di cinema e fiction italiano“, un “evidente regalo a Mediaset” e “un giro di vite allarmante per la trasmissione di servizi audiovisivi su Internet”.

 

In dettaglio, le contestazioni investono quattro punti:

 

  1. Produzione di cinema e fiction indipendente: vengono abolite le quote di trasmissione per le tv e quelle di investimento sono basate non più sul fatturato, ma sugli investimenti per la programmazione. Inoltre ‘cade’ il regolamento dell’Agcom che riconosceva ai produttori i diritti residuali. Produttori e attori ne chiedono il ripristino, invocano il reintegro delle quote e annunciano per martedì 19 gennaio uno sciopero del settore e presidi di protesta davanti alle sedi di Mediaset, Rai e Sky.

  2. Affollamenti pubblicitari: vengono limitati quelli per il satellite e ampliati quelli per Mediaset, con il tetto per gli spot sulle pay tv che passa dal 18 al 12% in tre anni.

  3. Il decreto stabilisce che i programmi a pagamento e quelli ripetuti, ovvero i canali +1 o +24, non costituiscono palinsesti e quindi non vanno conteggiati. Si entra così a piedi uniti su un’indagine dell’Agcom sul possibile sforamento da parte di Mediaset del tetto del 20% dei programmi

  4. Giro di vite sul web: le trasmissioni che vanno su Internet vengono assimilate alla tv e devono soggiacere agli stessi obblighi. Devono quindi chiedere le autorizzazioni al ministero e seguire gli obblighi di contraddittorio e rettifica.

 

Una posizione condivisa anche da Roberto Rao (Udc), Antonio Borghesi (Idv) e Giuseppe Giulietti (Gruppo Misto) che hanno chiesto che il decreto venga “profondamente corretto o ritirato“.

E mentre David Sassoli (Pd) ha annunciato un’interrogazione alla Commissione Ue sulla vicenda, Paolo Gentiloni ha guardato ai soggetti che possono dichiarare l’eccesso di delega, “in primis il Consiglio di Stato, entro 40 giorni dall’emanazione del provvedimento“, e “il Comitato per la legislazione della Camera”.

 

Per il presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Roberto Natale, “Lo schema di decreto aggrava ancora di più la già insostenibile anomalia italiana nella concentrazione televisiva e nella squilibrata ripartizione delle risorse pubblicitarie fra tv e carta stampata. I criteri di calcolo del numero dei canali, le nuove norme sul conteggio delle telepromozioni, l’introduzione del product placement sono tutti tasselli di una manovra che dice di richiamarsi all’Europa ma fortifica ulteriormente un italianissimo conflitto di interess'”.

“Assai pesante, inoltre, il fardello che viene imposto all’informazione via internet: non è accettabile che i blog vengano assoggettati alle stesse regole alle quali deve giustamente sottostare il giornalismo professionale, né che si debba ricorrere all’autorizzazione ministeriale per ogni tipo di trasmissione di immagini televisive continuate”.

“La Fnsi – ha concluso Natale – chiede di essere convocata in audizione per illustrare nel dettaglio le ragioni che suggeriscono una profonda modifica del provvedimento”.

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