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Internet: prevale la via del dialogo. Nessuna legge speciale, ma in arrivo codice di autoregolamentazione. Soddisfatti i provider

Italia


Nessuna legge speciale per internet, ma un “…grande accordo di responsabilità fra tutti gli operatori”, che eviterà un intervento d’autorità, ma permetterà di arrivare comunque al risultato di tutelare la libertà di espressione, bloccando al contempo la diffusione di contenuti che “integrino reati”.

Lo ha affermato il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, in seguito all’incontro al Viminale con i gestori di rete e i rappresentanti dei social network, al quale hanno partecipato il vice ministro delle Comunicazioni Paolo Romani, il capo della Polizia Antonio Manganelli, il consigliere ministeriale con delega alla sicurezza informatica Domenico Vulpiani, il capo della Polizia postale Antonio Apruzzese e i rappresentanti dell’industria, tra i quali, Assotelecomunicazioni, AIIP, BT Italia, Fastweb, H3G, Vodafone Italia, Wind, Telecom Italia, Google Italia, Microsoft Italia e Facebook.

 

All’indomani dell’aggressione a Milano a Silvio Berlusconi, il governo aveva deciso di reagire alla comparsa su Facebook di diversi gruppi a sostegno di Massimo Tartaglia con un decreto legge volto a permettere alla magistratura di identificare e rimuovere i contenuti web inneggianti all’odio e alla violenza.

Vista la delicatezza dell’argomento, che coinvolge la libertà d’espressione e la governance di internet, e le forti polemiche innescate dall’intenzione di intervenire con una legge d’urgenza, si è deciso dunque di evitare interventi autoritari e di perseguire – come per altro già annunciato – la strada di un accordo fra tutti i soggetti interessati per la definizione di un codice di autoregolamentazione simile a quello realizzato per la pubblicità.

 

Questo codice dovrà essere elaborato e implementato il più rapidamente possibile, al fine di “…combattere il proliferare di gruppi che inneggiano all’omicidio, al terrorismo e alla mafia”: per questo, dopo l’incontro di ieri, nel quale operatori e governo si sono impegnati a elaborare delle proposte e a costituire un tavolo di confronto, una nuova riunione verrà riconvocata a metà gennaio.

 

“L’intesa – ha dichiarato il ministro Maroni – è la strada migliore per evitare interventi repressivi: la critica è giusta ma non può arrivare alla commissione di reati”. 

 

Il nostro sarebbe inoltre il primo paese al mondo a dotarsi di un codice di autoregolamentazione, che potrebbe essere preso da esempio nel resto del mondo: nessun paese, infatti, è ancora riuscito a trovare una formula adeguata che punisca l’istigazione alla violenza, la diffamazione e l’ingiuria via internet senza limitare i diritti di chi fa un uso corretto della rete, se non procedendo con azioni specifiche miranti a punire i siti neonazisti, pedofili o negazionisti.

 

Una risposta inadeguata o incontrollata a questi pur deprecabili fenomeni rischia infatti di far scivolare il paese che l’applicasse a livello di regimi come la Cina o l’Iran, che ostacolano così tanto la navigazione internet da renderla quasi impossibile.

 

Per questo l’ipotesi di un codice di autoregolamentazione sembra la soluzione più adatta al problema. Una soluzione condivisa tra l’altro anche dai fornitori di servizi internet.

Il segretario generale di AIIP (Associazione Italiana Internet Providers), Dario Denni, ha giudicato positivamente l’incontro col ministro: “…un avvicinamento – ha detto – verso una possibile soluzione che soddisfi le esigenze di sicurezza e che possa sottolineare la nostra volontà di cooperare senza che sia caricata sui fornitori di connettività una responsabilità che loro non hanno”.

 

Dubbi sono stati espressi invece da Luca Bolognini, presidente dell’Istituto Italiano per la Privacy (Iip), secondo il quale il ricorso all’autoregolamentazione per i reati via web è “…ancora più pericoloso e fuori luogo” di una decretazione d’urgenza. Si passa, insomma, dalla padella nella brace, poiché – secondo Bolognini –  “…le autoregolamentazioni si dovrebbero favorire in materia di libertà economiche, o per dare maggiori garanzie agli utenti e con la partecipazione di questi alla trattativa, e non per stabilire a tavolino norme con effetti penali e comprimenti le libertà fondamentali, che devono rimanere tassative, vincolate alla legge e riferite ai poteri della magistratura ordinaria”.

 

Le soluzioni per limitare “il rischio Far West” su internet, vanno dunque cercate altrove, ad esempio, “…in un dibattito parlamentare sano e aperto, che porti all’approvazione di aggiornamenti legislativi in linea con la Ue, come il cosiddetto ‘anonimato protetto’ o per l’estensione della Direttiva 2006/24/Ce anche ai content providers”, ha affermato ancora Bolognini, sottolineando che un “patto tra aziende ICT e Governo” dovrebbe essere considerato altrettanto incettabile della paventata ingerenza del Governo sulla rete.

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