Stati Generali del Cinema: il digitale nella sale? Una vera rivoluzione per il settore

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Roberto Lo Surdo

Pubblichiamo di seguito l’intervento di Roberto Lo Surdo, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, keynote speaker al workshop europeo “La Rivoluzione del Cinema Digitale in Sala” promosso in collaborazione con l’Unione Europea, che si è tenuto a Roma il 21 ottobre 2009 in seno agli Stati Generali del Cinema Italiano (20-22 ottobre 2009).

 

 

 

 

Il mio intervento, come funzionario della Direzione generale per le questioni legislative, ha l’intenzione di offrire alla vostra attenzione, in modo sintetico, una serie di elementi per comprendere meglio, da un lato la ragione, e dall’altro lato gli obiettivi per i quali siamo oggi qui.

 

Cercherò di darvi un quadro di informazioni, che verrà poi approfondito dai keynote speakers che mi seguiranno, in modo che gli interventi degli esperti e operatori del settore, nei vari panel del workshop, possano collocarsi in uno scenario ben preciso.

Questo scenario può essere riassunto nella ricerca e nell’individuazione di forme di sostegno alla digitalizzazione delle sale cinematografiche da parte degli Stati nazionali: forme di sostegno che riescano, da un lato, a far diventare realtà quella che – nel titolo del workshop – abbiamo voluto chiamare “rivoluzione digitale“, e dall’altro ad andare contemporaneamente incontro anche alle giuste esigenze di corretto andamento delle dinamiche di concorrenza  poste dall’Unione europea.

 

Il workshop di oggi, infatti, per le vicende che l’hanno originato, non può essere considerato un semplice “incontro tecnico” sull’argomento, come se ne svolgono, in modo spesso utile, da svariati anni. Il workshop di oggi, invece, nasce – ed è stato ideato con questo specifico scopo, in collaborazione con le autorità di Bruxelles – come momento culminante di una vicenda giuridico-normativa molto precisa, una vicenda che, pur riguardando specificamente il mio Paese, l’Italia, è d’interesse per tutti, in quanto è un “caso pilota” che ha fatto partire un dibattito, utile all’Unione europea per avere delle linee guida precise sul tema del digitale.

 

Credo, infatti, che in più d’una delle cose che dirò molti degli ospiti stranieri presenti potranno riconoscere aspetti comuni alle proprie esperienze nazionali.

 

Questa vicenda inizia alla fine del 2007, quando anche l’Italia ha finalmente introdotto nella propria legislazione un pacchetto di misure di agevolazione fiscale relative alle attività cinematografiche. Il tax credit ed il tax shelter nel mondo del cinema non sono certo una prerogativa solo italiana. Va certamente ammesso che la nostra normativa è giunta diverso tempo dopo rispetto a taluni partner europei, di cui qualcuno qui rappresentato. Ma è altrettanto certo che può essere riconosciuta alla disciplina introdotta dall’Italia un rilevante e ambizioso obiettivo, e cioè quello di voler coinvolgere in modo integrato e di voler rafforzare tutti i settori dell’industria cinematografica, a partire ovviamente da quello della produzione, ma coinvolgendo anche la distribuzione, l’esercizio, le industrie tecniche, oltre che – altra notevole innovazione – l’enorme insieme delle imprese “esterne” al settore cinematografico e audiovisivo.

 

La normativa approvata dal Parlamento italiano nel dicembre 2007 ha dato vita, cioè, a ben dieci singole e diverse misure di agevolazione fiscale, subito sottoposte all’esame della Commissione europea per la necessaria autorizzazione.

 

Nove di queste misure sono volte a favorire specificamente la produzione e distribuzione di opere cinematografiche. La decima è, per l’appunto, una misura volta a introdurre un credito d’imposta in favore degli esercenti che introducono impianti digitali nelle sale.

 

Più in particolare, la disposizione italiana di tax credit digitale sottoposta alla Commissione europea prevede il riconoscimento di un credito d’imposta alle imprese di esercizio cinematografico, un credito pari al 30 per cento delle spese complessivamente sostenute per l’introduzione e acquisizione di impianti e apparecchiature destinate alla proiezione digitale, con un limite massimo annuo di 50.000 euro per ciascuno schermo.

 

Questa “decima misura” non è stata, però, ideata e approvata dal legislatore italiano come un “corpo autonomo e  separato” rispetto alle altre. Fin dall’inizio, invece, questa agevolazione per la digitalizzazione è stata pensata  nella stessa logica e con le stesse intenzioni con cui sono state pensate tutte le altre misure di beneficio, e cioè la creazione di un’industria cinematografica in cui tutti gli elementi di tale industria si integrano ed alimentano la propria crescita a vicenda per produrre e far circolare cinema di alta qualità, sia culturale che tecnologica.

 

La misura di tax credit digitale proposta dall’Italia all’Europa, e sulla quale Bruxelles ha voluto aprire quella specifica pubblica consultazione per la quale siamo qui oggi e che oggi, in sostanza, prevalentemente si svolgerà, fa parte – agli occhi del legislatore italiano – di un’unica prospettiva, che è quella di diffondere cinema di alto livello.

 

Alla base della misura proposta, infatti, vi è l’idea che i benefici del digitale – non ultimi, come credo emergerà dagli interventi successivi, quelli riconducibili ad un forte abbattimento dei costi di produzione e distribuzione – questi benefici debbano essere fruibili da tutto il “prodotto cinema”, sia quello più forte sul mercato, sia quello culturale. Ma è altrettanto certo, ai nostri occhi, che la produzione digitale debba passare attraverso la concreta possibilità delle sale di disporre di proiettori digitali. E questa, per il nostro Paese, era alla fine del 2007, quando è stata messa a punto e approvata la misura italiana, e lo è ancor di più oggi, una “aspirazione necessaria”, se mi consentite l’accostamento linguistico, in presenza di un mercato italiano che si trova in piena fase dinamica, sia in termini assoluti che in termini relativi, rispetto ad altri Paesi europei. Attualmente in Italia, secondo i dati più aggiornati di cui disponiamo, risultano installati circa 300 proiettori digitali, tutti  standard 2k, su un totale di circa 3.900 schermi attivi; è quasi nove volte il numero degli schermi digitalizzati presenti in Italia solo due anni fa.

 

Tra l’aprile del 2008 ed il luglio del 2009 si è svolto, tra le autorità italiane e quelle di Bruxelles, con il fondamentale apporto della Rappresentanza italiana presso l’Unione europea, un ampio negoziato di profondo interesse anche sotto il profilo tecnico, del quale, ovviamente, non potendo, in questa sede, per ragioni di tempo, parlare in maniera analitica, darò solo le linee-chiave.

 

Anzitutto, è importante dire che abbiamo trovato nell’Unione europea, nei suoi funzionari tecnici e anche, a livello politico, nella Commissione, degli interlocutori davvero aperti e interessati di fronte all’ampiezza e all’ambizione del “pacchetto italiano” delle dieci misure di beneficio fiscale.

 

Bisogna infatti tener conto di una fondamentale circostanza, e cioè che la Commissione europea ha ancora oggi come punto di riferimento formale e sostanziale, per decidere se una misura di sostegno al cinema – qualunque essa sia – sia compatibile o no con le proprie regole, in particolare in materia di concorrenza, ha come riferimento, dicevo, la Comunicazione sulle attività audiovisive del settembre 2001; Comunicazione che, però, si riferisce in via diretta alla produzione cinematografica, nella quale è da sempre “dominante” il principio di culturalità del prodotto, mentre non sono prese direttamente in considerazione le tematiche della distribuzione e dell’esercizio, inclusi i vari aspetti della digitalizzazione. Questo, naturalmente, ha finora creato grosse difficoltà, per la Commissione UE , a prendere posizione nella tematica degli aiuti pubblici alla digitalizzazione stessa. 

 

Tornando al dibattito che si è svolto a partire dall’aprile 2008 tra l’Unione europea e l’Italia, esso si è allora incardinato e sviluppato su tre punti: primo punto, sull’eventuale applicabilità o meno del predetto “principio di culturalità” allo specifico ambito del sostegno alla digitalizzazione, e cioè se l’aiuto statale debba essere o meno condizionato ad un obbligo di programmazione, da parte dell’esercente, di film culturali, ed in che modo); punto secondo, sugli standard di digitalizzazione; punto terzo, sulla dimensione delle imprese beneficiarie (cioè se l’aiuto concesso portasse o meno ad un sostegno di fatto non necessario – per i soggetti di grande dimensione – ovvero ad un sostegno di fatto inutile – per i soggetti piccoli).

 

Il confronto sulla misura di beneficio per il digitale, ovviamente, si inseriva nel più ampio contesto del negoziato su tutto il pacchetto normativo di incentivi per il cinema proposto dal governo italiano. Tra il dicembre 2008 e il luglio 2009, ben nove delle dieci misure italiane del pacchetto “tax credit” sono state autorizzate da Bruxelles, e ciò ha dato all’Italia la possibilità, da adesso e nei prossimi tempi, di dare applicazione per il  90%  ad uno scenario di sostegno al cinema che è da ritenere all’avanguardia in Europa.

E tuttavia manca un 10%, ovvero questa misura di tax credit digitale, che però ha un valore ben superiore a quello che questa percentuale potrebbe far credere. E non credo solo per noi italiani.

 

La discussione che si è aperta in sede europea a partire dalla nostra proposta ha, quindi, posto sul tavolo in modo esplicito la questione complessa del sostegno statale alla proiezione digitale. Con la decisione del 22 luglio scorso, l’UE, ha sospeso il giudizio sulla proposta italiana, aprendo una consultazione pubblica sulla nostra misura fiscale, un confronto con tutti i player pubblici e privati che nell’Unione possono avere voce in capitolo, ed ha fatto emergere – a partire dal caso specifico italiano – una serie di domande importanti per tutti, relative al rapporto tra sostegno degli Stati e digitalizzazione.

 

Non solo, ma proprio pochissimi giorni fa, il 16 ottobre, la Commissione europea ha lanciato una consultazione pubblica generalizzata di due mesi su opportunità e sfide per il cinema digitale, e quindi una consultazione relativa a tutti i settori dell’industria cinema, compresi la produzione e la distribuzione.

 

Mi limito a sottolineare, in questa sede, il passaggio del comunicato UE del 16 ottobre scorso, da cui emerge l’urgenza del problema in relazione proprio alla situazione delle sale, e come quest’ultima sia la chiave di tutto.

 

Passare al digitale” dice la Commissione “richiede investimenti considerevoli. Un terzo delle sale cinematografiche europee potrebbe infatti rischiare la chiusura a causa del costo elevato delle attrezzature digitali, a meno che non si sviluppino al più presto nuovi modelli commerciali e regimi sostenibili di aiuti pubblici”.

 

E più avanti, nel comunicato, il Commissario alla concorrenza Kroes riconosce  come gli “aiuti di Stato potrebbero svolgere un ruolo a sostegno della digitalizzazione”.

 

Viene tra l’altro riconosciuto esplicitamente, e questo è per noi, come istituzioni italiane, sicuramente una soddisfazione, come questa consultazione generale, che sarà decisiva per il futuro della politica comunitaria sul digitale, abbia avuto tra i suoi input proprio la misura proposta dal nostro Paese. 

 

E allora voglio tornare però alla misura italiana, ed alla specifica consultazione pubblica aperta dall’UE il 22 luglio scorso, perché è questa, in realtà, il “centro” del workshop di oggi (e sicuramente i suoi risultati saranno decisivi anche per quella generalizzata appena avviata). E’ interessante notare, leggendo la decisione UE di luglio ed analizzando i motivi per i quali il giudizio sulla misura italiana è sospeso, come le pur importanti questioni concrete sul “come e a chi” debbano eventualmente essere assegnati gli incentivi statali alla digitalizzazione, vengano precedute da una problematica di fondo: se in realtà tali incentivi siano ammissibili solo se ed in quanto la digitalizzazione stessa sia strettamente legata alla diffusione di prodotto culturale, o se invece l’apertura ai benefici possa essere ricondotta ad un diverso scenario, e cioè quello del favore allo sviluppo di specifiche attività imprenditoriali, in questo caso quelle di digitalizzazione, viste come buone “in se stesse”, e come tali da premiare, se così si può dire, con una deroga alle limitazioni comunitarie sugli aiuti di Stato.

 

Si tratta di una questione di fondo decisiva, alla quale si collegano poi, nella decisione UE del 22 luglio, le questioni che entrano nel core business di dette attività di digitalizzazione, e che, una volta sciolta la questione principali, non sono meno essenziali. A partire dalla domanda, concreta quanto importante, su  quale sia oggi il “costo giusto” della digitalizzazione di una sala. Premesso questo, ci si chiede poi se l’aiuto dello Stato sia necessario; per chi; in che limiti, e in che modo possa aiutare equamente le imprese, tenuto conto delle loro dimensioni e del loro numero sul mercato. Tutte questioni che, per avere risposte utili ed esaurienti, devono tener conto sia dei profili tecnici, e mi riferisco anzitutto agli standard di digitalizzazione, in continua evoluzione – sia di un’esatta conoscenza dello “stato dell’arte” della conversione al digitale delle sale europee, sia dei relativi problemi finanziari, sia dei comportamenti del pubblico (che è, alla fine, come “consumatore finale”, il vero beneficiario della rivoluzione digitale).

 

Sono tutti elementi che offro alla vostra attenzione  e che potranno essere “messi a fuoco” nella giornata odierna, come contributo importante alla consultazione pubblica dell’Unione europea, che oggi quindi potrà trovare in questo workshop il suo momento-chiave, non solo in funzione del destino della misura italiana, ma anche per il risultato globale che sta a cuore ai presenti e in generale agli esercenti (ma anche produttori e distributori) europei, ovvero la definizione di una politica comunitaria in tema, nell’ambito della quale gli Stati si possano muovere e la “rivoluzione digitale” abbia più fondate possibilità di realizzarsi.

 

Noi italiani ci aspettiamo molto dai vs. interventi, soprattutto dagli amici che dall’estero hanno voluto onorare questo appuntamento e renderlo veramente “internazionale”. Parteciperemo attivamente e attenderemo gli esiti della consultazione pubblica e gli sviluppi futuri della procedura di autorizzazione presso l’Unione europea nei riguardi della misura di beneficio fiscale per il digitale che abbiamo proposto.

 

Nel frattempo, però, il tempo passa, anzi, oserei dire, corre rapidissimo …

 

Spesso, come sapete, i tempi delle istituzioni, delle Amministrazioni pubbliche, non coincidono con quelli delle imprese, della tecnologia, dei mercati.  Credo, allora, di poter dare, in proposito, un’informazione d’interesse non solo per gli ospiti nazionali, ma anche per gli amici non italiani, riguardo una strada, da noi italiani individuata per concretizzare, in un quadro di legittimità comunitaria e nazionale, la possibilità di una “mano pubblica” che aiuti i processi di digitalizzazione.

 

L’Italia, e quindi il Ministero per i beni e le attività culturali, attraverso la Direzione cinema che rappresento, credendo fortemente nella misura di tax credit per il digitale approvata internamente fin dal 2007 e che vi ho prima sommariamente descritto, ha infatti oggi in fase di approvazione un provvedimento che introduce effettivamente nello scenario nazionale questa misura, e la rende applicabile alle nostre sale cinematografiche, naturalmente però nei limiti finanziari in cui ciò è consentito dalle norme generali dell’Unione europea in materia di aiuti di piccolo importo. 

 

Questo decreto di aiuto coinvolge non solo le spese che gli esercenti stanno sostenendo attualmente per digitalizzare, ma anche, secondo quanto concordato con la Commissione europea, quelle documentate a partire dal 1° giugno 2008. Tutto questo si muove, come dicevo, nella cornice di tetti finanziari limitati, ovvero quelli previsti dal regolamento UE cd. “de minimis” del 2006, limiti pari a 200mila euro per 3 anni per impresa, e quelli, un po’ più ampi, pari a 500mila euro per impresa entro il 31 dicembre 2010, che costituiscono applicazione delle misure di aiuti temporanei di importo limitato stabilite dall’UE in relazione alla “crisi globale” che ha investito – e investe ancora – l’economia europea. Resta ancora da determinare in via definitiva, con riferimento al decreto italiano, quale sia la data del sostenimento delle spese di digitalizzazione a partire dalla quale sia valido il tetto finanziario più ampio, cioè quello dei 500mila euro (per questo aspetto, stiamo ancora lavorando con gli altri Ministeri interessati). 

 

Ovviamente, e non può essere altrimenti, questo provvedimento, essendo nato in attesa che il negoziato italiano con l’UE giunga a conclusione, ha un carattere temporaneo: come detto, esso durerà fino a quando non potrà essere sostituito da un provvedimento attuativo generale (cioè senza tetti finanziari), nei termini in cui la Commissione europea riterrà di autorizzarlo, e comunque non oltre la fine del 2010, che attualmente è il limite temporale di applicazione dell’intero sistema di incentivi fiscali al cinema italiano.

 

In generale, il decreto italiano di aiuti limitati vuole essere, nella sua concretezza ed efficacia, soprattutto un forte segnale. Il segnale che lo Stato, almeno il nostro, crede davvero in questa “rivoluzione digitale” delle sale, una rivoluzione che non può attendere, come dimostra la “fioritura” di schermi digitali avvenuta in questi mesi proprio nel nostro Paese.

 

Un boom che è, da un lato, effetto dell’attesa, nel settore, di questo provvedimento, ma anche, contemporaneamente, la sua vera causa, avendo spinto le istituzioni italiane, a loro volta, ad accelerare l’approvazione del provvedimento. Il Ministero che rappresento, e in particolare la Direzione del cinema, crede che proprio questa rivoluzione digitale aiuterà a diffondere il più possibile in Italia e in Europa cinema di qualità culturale e tecnologica. Spero allora – e concludo – che il dibattito che si svolgerà oggi ci aiuti a capire come queste “qualità”, culturale e tecnologica, possano essere, alla fine, due facce della stessa medaglia.

 

 

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