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VoIP mobile: Google Voice servizio telefonico o web? La questione new media sempre più bollente per la FCC

Stati Uniti


Gli analisti sembrano scettici sul fatto che i servizi VoIP mobili possano decollare sul mercato europeo nel breve periodo: al massimo, potranno ritagliarsi una nicchia come alternativa più economica per le chiamate internazionali. Eppure, attorno al servizio, negli Usa, si sta consumando un’agguerrita lotta: gli operatori non lo vogliono, perché temono per i loro già smagriti profitti, mentre i fornitori del sevizio invocano il principio della neutralità tecnologica, in base al quale ogni servizio deve poter funzionare su qualsiasi rete.

 

Al centro del contendere, nello specifico, il servizio Google Voice osteggiato dall’operatore AT&T perché ritenuto in contrasto sia con le leggi federali sul blocco delle chiamate, sia con i principi di neutralità della rete.

 

Secondo AT&T, nello specifico, Google otterrebbe un vantaggio competitivo sleale bloccando le chiamate verso alcuni numeri telefonici gestiti da operatori locali, i quali pagano profumatamente per il collegamento alle reti degli operatori long-distance (come AT&T, appunto) e quindi applicano tariffe molto alte ai clienti, spesso condividendo i loro guadagni con hot line e servizi per adulti in grado di attrarre molte utenze sulla rete.

 

Agli operatori telefonici, infatti, non è consentito bloccare alcuna chiamata, da qui il vantaggio competitivo offerto a Google.

 

AT&T ha chiesto quindi alla FCC di investigare sulla questione, sostenendo – in una lettera indirizzata all’Autorità – che se il servizio Google Voice non fosse regolamentato o se non fossero applicati anche ai fornitori di applicazioni e servizi i principi di net neutrality, Google riceverebbe un vantaggio ingiustificabile.

 

La FCC si è quindi mossa, inviando una lettera alla società di Mountain View in cui si chiede di chiarire nel dettaglio ogni singola funzione di Google Voice, con particolare rifermento ai criteri di limitazione delle chiamate: l’Autorità vuole conoscere i criteri in base ai quali vengono identificati i numeri da bloccare e in che modo la società comunica queste restrizioni agli utenti.

La FCC ha chiesto inoltre a Google di spiegare in che modo Google Voice rientri nell’attuale legge sulle telecomunicazioni e se il servizio sia o meno da considerarsi in concorrenza con altri servizi tlc.

 

Rispondendo alle accuse di AT&T infatti, il legale di Google, Richard Whitt ha spiegato che “Google Voice è un software gratuito e non intende sostituire i servizi telefonici tradizionali”, necessitando, tra l’altro, proprio di una linea telefonica tradizionale per funzionare.

 

Whitt ha quindi sottolineato che l’obiettivo di Google Voice “è di fornire ai consumatori l’accesso a servizi di comunicazione avanzati gratuiti o a basso costo” e che per farlo “restringe alcune chiamate in uscita verso destinazioni ad alto costo”.

 

Whitt ha aggiunto tra l’altro che spesso, in passato, AT&T e altri operatori hanno denunciato le eccessive tariffe praticate dagli operatori locali con falsi pretesti per offrire “tangenti” ai fornitori di servizi erotici e di vario altro genere.

 

La battaglia tra operatori telefonici e fornitori di servizi illustra chiaramente la difficoltà della FCC nella regolamentazione dei new media: l’Authority, che diversi anni fa è intervenuta per impedire agli operatori telefonici di bloccare l’accesso a numeri molto costosi – sostenendo che non spetta agli operatori decidere quali numeri bloccare nell’interesse degli utenti – si trova ora a decidere come trattare un servizio che utilizza un mix di servizi tradizionali e connessioni web.

 

La questione, però, è sempre la stessa: in che modo regolamentare i nuovi servizi senza ostacolare l’innovazione?

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