Intel: ecco nel dettaglio le ragioni dietro la multa record da 1,06 mld di euro decisa dalla Ue

di Alessandra Talarico |

Unione Europea


CPU Intel

La Commissione europea ha appena pubblicato i dettagli della decisione relativa alla maxi multa da 1,06 miliardi di euro comminata dall’Antitrust a Intel, accusato da AMD di escludere i concorrenti dal mercato delle unità centrali di elaborazione (CPU) x86, i chip che rappresentano il ‘cuore’ di oltre un miliardo di Pc in tutto il mondo.

Intel ha violato il trattato comunitario in materia di antitrust mettendo in atto una serie di condotte commerciali illegali – sconti ‘condizionati’, pagamenti diretti, rimborsi illegali – volte escludere i concorrenti dal mercato dei microprocessori per computer.

Pratiche commerciali che – ha constatato la Commissione – hanno finito per danneggiare i consumatori di tutta Europa e i concorrenti, cui è stata pregiudicata la possibilità di competere sulla base della qualità dei loro prodotti.

In ultima analisi, dunque, Intel avrebbe compromesso non solo la concorrenza, ma anche l’innovazione nel mercato dei microprocessori x86, che vale – a livello mondiale – circa 22 miliardi di euro all’anno.

Dal 2002 al 2007, esattamente per 5 anni e tre mesi, ha spiegato la Commissione, Intel ha occupato una posizione dominante sul mercato dei processori x86, detenendo una quota di mercato pari ad almeno il 70%.

Un primato raggiunto però a suon di scorrettezze: dalle indagini è emerso infatti che la società, in primo luogo, accordava sconti (integralmente o parzialmente dissimulati) ai produttori di computer che sceglievano di affidarsi esclusivamente o quasi ai suoi chip.

Intel effettuava quindi pagamenti diretti in favore di grandi distributori, a condizione che essi vendessero unicamente Pc con integrati i suoi processori x86.

Pratiche evidentemente scorrette che hanno impedito per anni ai consumatori di scegliere prodotti alternativi.

Nel documento reso noto oggi, la Commissione illustra nel dettaglio in che modo Intel ha infranto la legge.

I produttori beneficiari degli sconti ‘condizionati’ sono Dell, HP, NEC e Lenovo.

Dal dicembre 2002 al dicembre 2005, Intel ha praticato sconti a Dell a condizione che quest’ultima acquistasse esclusivamente CPU Intel. Lo prova, tra le altre cose, una presentazione interna a Dell datata febbraio 2003 in cui si osservava che se Dell avesse effettuato l’acquisto di una qualsiasi componente da AMD, la ritorsione di Intel sarebbe stata “grave e prolungata, con impatto su tutte le linee del business”.

Gli sconti praticati a HP dal novembre 2002 al maggio 2005 sono stati accordati a patto che il produttore acquistasse da Intel almeno il 95% del proprio fabbisogno di CPU aziendali. Il restante 5% che HP avrebbe potuto acquisire da AMD o altri, è stato anche oggetto di ulteriori clausole restrittive.

Tra novembre 2002 e maggio 2005, i pagamenti ad HP sono stati effettuati a condizione che la società vendesse i Pc basati su prodotti AMD solo ad aziende medio-piccole ed esclusivamente tramite canali distributivi diretti (piuttosto che distributori). HP ha anche accettato di rinviare di sei mesi il lancio del primo Pc desktop aziendale AMD in Europa.

Anche Acer e Lenovo hanno deciso di sottostare a un simile ricatto, rinviando il lancio dei prodotti AMD.

Da ottobre 2002 a novembre 2005, NEC è stata quindi costretta, per ottenere gli sconti, ad acquistare l’80% del proprio fabbisogno da Intel per i segmenti desktop e notebook.

Nel corso del 2007, sconti sono stati offerti anche a Lenovo, a condizione che il gruppo acquistasse da Intel la totalità delle CPU necessarie per lo sviluppo dei suoi notebook.

Il distributore Media Saturn Holding (MSH), il maggiore rivenditore di Pc a livello europeo, ha venduto esclusivamente Pc Intel da ottobre 2002 a dicembre 2007, altrimenti Intel non avrebbe elargito i pagamenti diretti alla base dell’accordo esclusivo.

La Commissione ha quindi appurato che Intel ha cercato di nascondere le condizioni alla base degli accordi con i produttori e con MSH.

L’accordo con Dell, ad esempio, non è stato messo per iscritto ma è stato concluso oralmente in vari incontri. A questo proposito, ad esempio, in una presentazione alla Commissione, Dell ha dichiarato che “…non vi è alcun accordo scritto tra Intel e Dell relativo agli sconti, che sono oggetto di costanti negoziati per orali”.

Con HP, invece, ci fu un accordo scritto, ma le condizioni rilevanti sono rimaste non scritte.

L’accordo scritto con MSH conteneva una disposizione che indicava come l’intesa non fosse esclusiva. Tuttavia, i dati dimostrano che, su richiesta di Intel, l’accordo è stato di fatto in esclusiva.

Alla Commissione, MSH ha dichiarato che “E’ stato chiaro che, nonostante la clausola di non esclusività il carattere esclusivo del rapporto è rimasto, per Intel, un elemento essenziale”.

I microprocessori rappresentano il ‘cuore’ dei computer e l’incremento della loro capacità di elaborazione è alla base della crescita dell’intero settore ICT negli ultimi decenni.

Nel corso delle indagini condotte dalla Commissione, si è potuto appurare come i prodotti AMD, che controlla il 22% del mercato, cominciassero a rappresentare una vera minaccia per Intel, i cui clienti sembravano tutti pronti a passare alle forniture della rivale.

L’inchiesta dell’Antitrust europeo è partita proprio su segnalazione di AMD, che si batte dal 2001 per dimostrare quanto e in che modo i suoi affari siano stati frustrati dalle pratiche commerciali della rivale, dai suoi accordi poco leali con i retailer per escludere i prodotti AMD dalla grande distribuzione, non solo in Europa.

Nel 2005, infatti, anche l’Antitrust giapponese, la Fair Trade Commission , ha accusato la società americana di avere violato l’articolo 3 della legge anti-monopolio giapponese.

Anche in questo caso, la filiale giapponese di Intel avrebbe offerto degli sconti “particolari” ad almeno cinque costruttori informatici nipponici in cambio della promessa di non acquistare o di limitare l’acquisto di chip fabbricati da società concorrenti come AMD o Transmeta.

La JFTC ha quindi imposto tramite un’ordinanza alla divisione giapponese di Intel di mettere fine alle pratiche anticoncorrenziali quali, anche in questo caso, “l’offerta di incentivi ai clienti che in cambio si fossero impegnati a non acquistare microprocessori dai rivali”.

Intel ha immediatamente annunciato ricorso contro la maxi multa comminata dalla Commissione.

Il presidente Paul Otellini, annunciando l’intenzione di portare la questione davanti al tribunale di primo grado della Ue, ha respinto al mittente ogni addebito, sottolineando innanzitutto che la decisione dell’Antitrust “ignora quale sia la realtà di un mercato altamente competitivo” come quello dei microprocessori, caratterizzato – ha aggiunto – “dalla costante innovazione, dal continuo miglioramento delle performance dei prodotti e da prezzi contenuti”.