New Media: all’Opificio Telecom Italia confronto su internet e società. Città ultrabroadband, piattaforme collaborative e ambienti digitali

di Flavio Fabbri |

In una ‘Mappa del futuro’ si tracciano le linee guida del mondo che verrà.

Italia


Franco Bernabè

Lo avevano già affermato i dadaisti nei primi decenni del Novecento e lo ribadiscono oggi i guru dell’informatica, sostenendo che la realtà è una struttura spazio-temporale complessa, costituita in un dato momento da un insieme di elementi ricomponibili e ogni volta in modo diverso: ‘La realtà è semplicemente come la vogliamo noi, perché niente è vero e tutto è possibile‘. Il 10 settembre scorso si è svolto a Roma l’incontro-dibattito dal titolo “Una mappa per i prossimi dieci anni“, ospitato nello splendido spazio dell’Opificio Telecom Italia ‘Capitale digitale‘, in collaborazione con la Fondazione Romaeuropa e il magazine Wired. Un’occasione importante, a cui seguiranno altri incontri nei prossimi mesi, per discutere di società, regole, progresso tecnologico, Internet, evoluzione del pensiero e, ovviamente, di futuro. Le nostre vite, il modo di stare assieme, di lavorare, di muoversi e di ‘fare società‘ nelle nostre città, saranno oggetto nei prossimi anni di profonde trasformazioni, legate sicuramente all’innovazione tecnologica e a un diverso modo di vivere i rapporti con gli altri e con l’ambiente che ci circonda.

 

Una rete broadband accogliente e diffusa, in grado di trasmettere alla velocità di 100 Mb i pensieri di una città pulsante e viva, fatta di idee, sentimenti, sogni, progetti e voglia di partecipare alla realizzazione di un mondo diverso, sostenibile e open source“. Così Franco Bernabè, ad di Telecom Italia, ha aperto il pomeriggio dell’Opificio, sottolineando l’aspetto sociale più che imprenditoriale del nuovo progetto, che prevede nei prossimi anni di trasformare Roma in una capitale mondiale ultrabroadband. Cinque anni di lavori e 600 milioni di euro di investimenti, di cui più della metà destinati a reti di nuova generazione ‘NGN‘.

 

L’aspetto sociale del progetto si fonde inevitabilmente con i suoi presupposti tecnologici e di mercato – ha affermato Bernabè – ma non sappiamo ancora in che modo e per questo abbiamo voluto intraprendere con i protagonisti della cultura, dell’arte e della comunicazione questo affascinante viaggio di scoperta del mondo che verrà“. Più che una speranza, quindi, si è parlato di una necessità, cioè il bisogno da parte di chi investe soldi in infrastrutture, di capire come queste saranno utilizzate, di immaginare cosa nelle autostrade dell’informazione digitale vedremo scorrere a sempre più elevate velocità. “Per comprendere il futuro digitale  – ha affermato Bernabè – c’è bisogno che le Istituzioni, le imprese, i ricercatori, i liberi pensatori e i cittadini si incontrino e che lo facciano in un luogo fisico, dove poter far convergere le energie collettive e dove concentrare il potenziale umano che si cela dietro all’immaginario collettivo, che poi è ciò che rafforza il sistema in cui viviamo e che ne permette l’evoluzione“.

 

Immaginazione e mercato, due concetti e due termini che difficilmente hanno trovato nei decenni passati una sintesi comune, ma che il percorso appena iniziato ha tutte le intenzioni di far convergere in una nuova piattaforma: Internet. La tecnologia, ha ricordato Salvo Mizzi di Telecom Italia, ha trasformato il nostro modo di vivere e l’ambiente che ci circonda con una velocità incredibile, tanto da obbligarci a cambiar passo evolutivo. “La digitalizzazione del mondo – ha detto Mizzi – determina un livello crescente di interdipendenze e interconnessioni tra infrastrutture, software, contenuti, hardware e idee, tanto che oggi si parla sempre più spesso di capitale digitale, cioè di un insieme di persone, software e macchine, di programmi e di contenuti, a cui si aggiunge il supporto necessario di Istituzioni, Fondazioni, sturt up e cittadini attivi nel mondo reale, quanto in quello virtuale

 

Un esempio di questa nuova fase evolutiva, sociale e dei mercati, è la Romaeuropa Webfactory messa su da Telecom Italia e Fondazione Romaeuropa, che proprio il 16 settembre mostrerà in rete la sua nuova veste grafica e un rinnovato impianto progettuale. Come ci spiega Fabrizio Grifasi della Fondazione Romaeuropa: “Per 24 anni abbiamo prodotto cultura, raccolto talenti, rinnovato con creatività gli spazi dell’arte, ma abbiamo anche capito che questo non basta. L’arte ha da sempre il compito di comprendere e dare forma al mondo in cui viviamo. Oggi, per continuare a immaginare questo mondo, c’è bisogno di un punto di vista diverso e Telecom Italia ci ha permesso di dar vita alla Webfactory, un luogo della creatività e della cultura, alternativo alle strutture tradizionali e ritagliato sul concetto di condivisione delle ide, degli obiettivi  e delle energie“.

 

Riccardo Luna di Wired, in veste di moderatore dell’incontro, ha poi introdotto quello che potrebbe essere uno dei futuri digitali che ci attendono, la cosiddetta ‘Mappa del futuro‘. Un’immaginaria cartina topografica del tempo, immaginata e realizzata presso l’Institute for the Future di Palo Alto in California e pubblicata nell’ultimo numero di settembre di Wired. Una “Map of the Decade 2009 pensata in grado di descrive l’ecosistema sociale, culturale e tecnologico globale, finalizzata a stimolare una riflessione collettiva sulle tendenze oggi in atto e sui possibili sviluppi futuri. Mappa del decennio che, coma ha spiegato Mizzi, nasce da seminari intensivi di 48 ore che hanno coinvolto 7000 visionari da 90 Paesi, producendo 1000 storie sul futuro e 500 discussioni, con la novità quest’anno dell’introduzione di un gioco multiplayer adatto a stimolare le intelligenze collettive e basato su alcuni fattori chiave quali: urbanizzazione sostenibile, cosmopolitismo, realtà superstrutturata, governi quantistici, produzione partecipata, server farm, trans localismo, sanità interconnessa, geoingegneria, network di solidarietà, collaborazione, open source e molto altro. La forma di questa mappa, la sua immagine pubblicata su Wired, è frutto del lavoro di un team del Politecnico di Milano rappresentato da Paolo Ciuccarelli. Un lavoro importante, teso a rendere intellegibile una mappa altrimenti somma di algoritmi incomprensibili ai più, che Ciuccarelli ha commentato affermando che: “Per cercare di realizzare un’immagine della mappa comprensibile a tutti siamo partiti dal presupposto che il futuro non è comprensibile, perché il futuro non si può spiegare“. È vero, il futuro non è un concetto da comprendere, semmai un’insieme di pensieri da far connettere e un’insieme di strumenti da saper usare. Ma quali possono essere gli scenari, gli ambienti, le forme che questo futuro può assumere?

 

La ‘Map of the decade 2009 , in fondo, ha solo tentato di rispondere a questa domanda, cercando di dare un’immagine e una dimensione alle linee di fuga del tempo in cui viviamo e che sempre più velocemente ci proiettano in avanti. Il futuro si è in fin dei conti compresso e approssimato ad un presente sbilanciato e deformato, tanto da aver fatto affermare a Carlo Antonelli di Rolling Stone che probabilmente a Palo Alto hanno confuso il presente con il futuro, li hanno sovrapposti un po’ troppo, ma perdendo nel processo alcuni elementi chiave: “Nella mappa non ritrovo alcune cose che nel tempo hanno guadagnato forza e presenza. Mi riferisco al fondamentalismo religioso, alle guerre periferiche, alle migrazioni globali, agli effetti delle nuove pressioni demografiche, alla crisi ambientale oltre che finanziaria ed economica, alle nuove dittature, alle pandemie e alle sempre più frequenti crisi sanitarie globali. Perché tutto questo non c’è sulla mappa? Sono fattori che compromettono pesantemente l’immagine del futuro, perché ne faranno parte integrale“. Certo, ha commentato Riccardo Luna, sono elementi di riflessione che devono essere presi in considerazione, ma che non devono confondere le idee sulla natura del lavoro svolto a Palo Alto: “Un conto sono le conseguenze della quotidianità e delle azioni dell’uomo, un conto è il risultato di un gioco multiplayer teso a produrre una mappa immaginaria del mondo tra dieci anni“.

 

Se il futuro non è comprensibile – ha affermato Bruno Pellegrini di BlogTv – allora bisogna cambiare gli strumenti con cui si cerca di ragionare sul tempo e sul mondo, abbracciando l’open source ad esempio, creando community come ha fato Wikipedia, connettendo milioni di menti, sviluppando conoscenza, nuovi servizi e dispositivi per metterli al servizio dei cittadini. Anche così si costruisce un futuro, sicuramente più semplice da immaginare e da spiegare“. Esempi pratici questi di quello che è il concetto di piattaforma, una parola chiave che ci permette di abbandonare i vecchi modelli cognitivi e di entrare in una nuova struttura, aperta e condivisa. “Proprio Roma – ha proseguito Pellegrini – dovrà essere pensata e realizzata come una piattaforma, dove una comunità aperta e pulsante darà vita al nuovo mondo digitale delle infrastrutture informatiche di prossima generazione e permetterà al futuro di presentarsi nel migliore dei modi“.

 

In conclusione Franco Bernabè ha voluto ribadire quella che poi, a suo modo di vedere, è la chiave del futuro e cioè il concetto di periferia: “Negli ultimi secoli il termine, nonché il processo, che più di altri ha determinato la storia nel suo svolgersi è stato quello di ‘periferia’ e non vedo perché non debba continuare ad essere così anche nei prossimi dieci anni. Il mondo è sempre più decentrato, delocalizzato, disgregato, in una parola si è fatto ‘periferia’, è periferico. Ecco perché la connessione, la rete, Internet, sono pratiche fondamentali per la crescita di una nuova idea di umanità, di società e di futuro. Sono sicuro che il futuro, in qualunque modo di presenterà,  passerà inevitabilmente per l’emersione delle periferie del mondo“.

 

Basterà una mappa per capire dove stiamo andando? Saremo in grado di guidare l’accelerazione tecnologica degli ultimi anni? Sarà la nostra anima pronta alle nuove velocità digitali? La mappa, viene spiegato in antropologia, ‘non è mai il territorio’ e questo territorio è, in definitiva, il luogo fisico e virtuale dove oggi noi viviamo e dove anche domani ci ritroveremo. Periferia o centro, senza un obiettivo condiviso da tutti non si va da nessuna parte, così almeno ci insegna la storia passata e recente. Il futuro, anche se ci piace vederlo al di là del nostro presente, non può che essere già parte di questo mondo: complesso, paradossale e, sena dubbio, sempre più connesso.

 

 

 

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