L’odio corre sul web: dall’Onu l’appello a genitori, legislatori e industria, ‘Fermiamo la cyber-intolleranza’

di Alessandra Talarico |

Mondo


Cyberbullismo

Uno sforzo collettivo, che coinvolga genitori, istituzioni e industria al fine di arginare la diffusione su internet di messaggi di odio e intolleranza.

Lo ha chiesto il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon intervenendo al convegno “Cyber Hate: Danger in Cyber Space“, organizzato da dipartimento Onu di Pubblica Informazione (DPI).

 

“Internet – ha detto – ha portato enormi benefici al nostro mondo. Ha trasformato il nostro modo di vivere e lavorare, ma sappiamo anche che permangono alcune corsie buie lungo l’autostrada dell’informazione” rappresentate da coloro che “usano le tecnologie dell’informazione per rinforzare stereotipi, diffondere disinformazione e propagare odio”.

 

Il segretario dell’Onu ha fatto riferimento, in particolare, alla recente sparatoria avvenuta al Museo dell’Olocausto di Washington, che ricorda i sei milioni di ebrei uccisi dai nazisti durante l’Olocausto.

L’autore del folle gesto, costato la vita a una guardia del Museo, è James W. von Brunn, neonazista di 88 anni di origine austriaca, identificato dalla polizia come responsabile di un blog noto per la propaganda antigovernativa ed antisemita.

 

Ban Ki-moon ha parlato, a questo proposito, di “demonizzazione digitale”, che consiste nell’uso delle nuove tecnologie per “diffondere vecchie paure”, di cui fanno le spese persone innocenti, prese di mira per il loro orientamento religioso o sessuale, o per il colore della loro pelle.

 

In quest’ambito rientra anche il cyber bullismo: secondo un recente  studio ne è vittima l’85% degli studenti americani. I motivi che spingono un ragazzo a molestarne un altro via web, ha fatto notare uno studente intervenuto a un panel di discussione alla presenza di Ban Ki-Moon, sono gli stessi che provocano la violenza al di fuori degli spazi digitali: razza, religione, etnia, ecc., ma essi sono ancora più crudeli poiché “i ragazzi su internet credono che l’anonimato annulli la responsabilità delle loro azioni”.

Lo studente ha quindi citato il caso di Ryan Halligan, un teenager americano che si è suicidato nel 2003 dopo che alcuni suoi compagni avevano diffuso su internet voci su una sua presunta omosessualità.

 

Una cultura dell’odio e dell’intolleranza che va combattuta strenuamente da tutti, partendo dai genitori che devono insegnare ai loro ragazzi come navigare in maniera sicura, per finire ai legislatori – che, secondo Ban Ki-Moon “devono affrontare seriamente il problema e sforzarsi di proteggere le persone mantenendo un equilibrio tra i diritti dell’uomo e le sue libertà fondamentali”  – e all’industria internet che “può contribuire ad assicurare la non proliferazione dei discorsi inneggianti all’odio”.

 

Per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di arginare il diffondersi di messaggi di odio su internet, l’ONU ha lanciato nel 2004 il progetto “Unlearning Intolerance”, che include una serie di seminari e attività informative incentrati sulla lotta all’antisemitismo e alla paura del diverso.

Il mese scorso, l’ITU – l’agenzia delle nazioni unite che si occupa di tlc –  e i suoi partner hanno reso pubbliche una serie di linee guida per la protezione dei bambini nel cyberspazio, miranti da un lato a educare i minori a un uso consapevole della rete e, dall’altro, a fornire indicazioni e consigli ai genitori, ai regolatori e all’industria.

 

L’Unicef sta inoltre conducendo ricerche e iniziative – come il Net Safety Day – per insegnare a bambini, genitori e docenti come proteggersi e proteggere dagli abusi online.

 

“Qui all’Onu – ha spiegato Ban Ki-Moon – comprendiamo il potere delle parole, che possono ferire o guarire, rompere o riparare”.

 

L’impatto di internet, sempre più presente nelle vite dei giovanissimi, può essere devastante, se l’esperienza implica l’essere soggetto a vessazioni, minacce o violenze.  

 

Se non si intervenisse per tempo e con gli strumenti adeguati – ha concluso Ban Ki-Moon – “queste molestie avranno risultati disastrosi, in termini di stress e capacità di far fronte alle pressioni, e potrebbero sfociare anche nela crescita del numero dei suicidi tra i giovanissimi”.