Iran: dopo il blocco di cellulari, Tv e siti web Rsf, denuncia ‘Non c’è democrazia senza libera circolazione delle informazioni’

di Alessandra Talarico |

L’associazione per la libertà di stampa, ‘L’occidente non riconosca vittoria Ahmadinejad fino allo sblocco dei media’.

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Ahmadinejad

Continua, in Iran, la repressione violenta delle proteste dei sostenitori di Mir Hossein Moussavi, i quali contestano i risultati delle elezioni del 12 giugno, che hanno confermato alla guida del Paese l’ultraconservatore Mahmoud Ahmadinejad: il governo ha infatti vietato loro di manifestare, bollando come ‘illegali’ le loro proteste.

 

Per tutto il fine settimana il clima è rimasto incandescente: fonti ufficiali della polizia iraniana parlavano ieri di 170 arresti, portati a termine anche con un raid in ospedale per fermare i manifestanti feriti negli scontri, ma le notizie che arrivano dal Paese sono molto frammentarie, essendo in atto, già da prima della chiusura delle urne, anche una massiccia censura dei mezzi di informazione, da internet ai telefonini, dai giornali alle Tv straniere.

I primi a essere ‘spenti’, venerdì, sono stati i cellulari, attraverso i quali i fedeli di Moussavi si erano fino ad allora organizzati per coordinare incontri e spostamenti.

Secondo i dati forniti dalle compagnie telefoniche iraniane, infatti,  il numero di sms inviato quotidianamente è raddoppiato nei giorni prevedenti le elezioni, passando da una media di 55 milioni a 110 milioni: una temibile fonte di controinformazione, dunque, per Ahmadinejad che ha pensato bene di rendere inaccessibile la rete mobile mentre proclamava in televisione di avere ottenuto una grande vittoria.

 

Stesso destino, però, è toccato ai siti internet di condivisione più popolari – da YouTube a Facebook – dove cominciavano ad apparire sempre più numerosi i video amatoriali ripresi coi cellulari a testimonianza degli scontri in atto a Teheran.

Video che mostrano macchine ed autobus incendiati, poliziotti in motocicletta che caricano i manifestanti, ragazzi col volto coperto, reparti di polizia in tenuta antisommossa.

 

Inaccessibili i siti di informazione vicini ai riformatori (khordadeno.com/, aftabnews.ir/ ghalamesabz.com/) e la webTv del quartier generale di Moussavi Moj Sevom, mentre Said Shariti, responsabile del sito Nooroz è stato arrestato.

 

Decine i giornalisti iraniani arrestati o costretti a lasciare il Paese. Diversi giornali legati al leader dell’opposizione sono stati messi al bando e costretti a interrompere le pubblicazioni, mentre una violenta azione repressiva è stata attuata dalla polizia anche nei confronti dei media stranieri.

Una troupe del TG3 della Rai è rimasta coinvolta negli scontri tra la polizia e i manifestanti: l’interprete iraniana che accompagnava i giornalisti è rimasta ferita e gli agenti hanno sequestrato al cineoperatore la cassetta con le immagini degli scontri.

Una troupe della tv pubblica spagnola Tve e due giornalisti olandesi sono stati costretti a lasciare il Paese perché avevano ripreso le manifestazioni di protesta, mentre a due corrispondenti tedeschi di ARD e ZDF è stato impedito di lasciare l’albergo per seguire quanto stava avvenendo per le strade.

 

Domenica, infine, l’interferenza dei satelliti iraniani, ha causato l’oscuramento della BBC e del canale in persiano VOA, molto popolari nel Paese.

 

“Un’elezione democratica presuppone media liberi di osservare il processo elettorale e di indagare su eventuali frodi. Nessuna di queste due condizioni si ritrova oggi nella rielezione di Mahmoud Ahmadinejad” denuncia Reporters sans frontières, che chiede perciò alla comunità internazionale, in particolare ai Paesi europei, “di non riconoscere pubblicamente i risultati delle elezioni fino a quando i media non potranno lavorare liberamente”.

 

Anche Amnesty International ha espresso una dura condanna per l’eccessivo uso della forza da parte delle forze dell’ordine iraniane e ha chiesto l’apertura di un’inchiesta per far luce sulle “scioccanti scene di violenza che hanno avuto per protagoniste le forze di sicurezza”.