ICT: la crisi colpisce anche l’informatica e le tlc. Capitani (Net Consulting), ‘Italia in ritardo, non riesce ancora a fare sistema’

di Alessandra Talarico |

Italia


Giancarlo Capitani

La crisi economica, che a partire dal giugno dello scorso anno ha portato tutte le maggiori economie contemporaneamente in una fase recessiva, non poteva non toccare anche l’ICT: i settori dell’informatica e delle telecomunicazioni hanno subito un forte impatto da questa situazione di ‘sincronia recessiva’, in particolare Cina e India che negli anni scorsi hanno trainato la crescita del settore ICT a livello mondiale.

 

Secondo il rapporto Assinform, realizzato da Net Consulting, nel 2008, la domanda mondiale di tecnologie IT ha segnato una crescita globale del 4,8% appena un punto in meno dell’anno prima, con il mercato Usa a + 3,3%, l’Europa + 3,8%, l’area Asia-Pacifico + 7,2% e il complesso dei paesi del resto del mondo +9,3%. Nel confronto europeo, la dinamica  del mercato italiano dell’It (+0,8%) è risultata inferiore a quelle di Regno Unito (+3,2%), Germania 3,4%), Francia (+3,4%) e Spagna (+4,9%).

 

Quello che emerge più chiaramente dal Rapporto – ha spiegato l’amministratore delegato di Net Consulting, Giancarlo Capitani – è che la crescita dei 2 mercati che costituiscono l’ICT e cioè l’information technology e le telecomunicazioni, “si sono allineate alle curve di crescita dell’economia: ciò vuol dire che l’ICT in questa fase storica non sta più giocando il ruolo anticiclico delle epoche precedenti, in cui cresceva indipendentemente dall’andamento generale dell’economia”.

 

A fronte di un calo di un punto e mezzo nella crescita del PIL mondiale, si è registrato un calo dell’IT dal 5,9% al 4,8% e per le tlc dal 4,9% al 3,4% “ancora poca cosa rispetto a quello che stiamo vedendo quest’anno”, ha detto Capitani, sottolineando che, anche se resta ancora il segno positivo è evidente il rallentamento della crescita.

L’Italia – ha aggiunto Capitani – amplifica questi fenomeni: “il PIL decresce maggiormente rispetto agli altri Paesi ed è l’unica crescita di segno negativo, nel 2008, tra tutte le maggiori economie. L’IT cresce dello 0,8% e le telecomunicazioni, per la prima volta nella storia hanno una crescita, seppur debolmente, negativa”.

 

Una notizia, decisamente negativa, quella della decrescita del mercato delle telecomunicazioni: si tratta, ha spiegato Capitani, di un “rallentamento preoccupante, sicuramente lontano dai grandi tassi di crescita del passato”.

La componente mobile è cresciuta, ma comincia a mostrare segni di rallentamento: è passata infatti dal +1,8% al +1,3%, mentre quella fissa a causa dell’intensità competitiva e del downpricing ha fatto segnare un crescita negativa dell’1,9%.

Osservando gli andamenti della componente mobile rispetto a quella fissa, si osserva inoltre come da un lato la telefonia mobile rappresenti ormai la parte prevalente del mercato, dall’altro come essa cresca ormai più lentamente degli anni passati.

Il Rapporto sottolinea inoltre come il mercato mobile italiano sia ormai saturo: gli utenti attivi alla fine del 2008 erano 92,2 milioni, “ma la crescita è estremamente rallentata, inferiore di nove punti percentuali rispetto al 2007″ .

La saturazione risulta ancora più evidente dalla crescita del numero degli utenti, che sono 46 milioni: “facendo un semplice rapporto tra numero di linee attive e numero di utenti – ha spiegato Capitani – si evince come ci siano almeno due linee attive per utente”.

Il mercato, dunque, “andrà alimentato attraverso un consumo di servizi a valore aggiunto piuttosto che puntando sull’aumento del numero di linee”.

 

La telefonia fissa decresce invece in maniera più consistente: “un fenomeno strutturale – ha sottolineato Capitani – come dimostrano le trimestrali di tutti i grandi carrier europei”.

L’unico settore che ha segnato una crescita a due cifre è quello degli accessi a banda larga (+12,3%), che hanno superato quota 11 milioni.

Questi dati, tuttavia, “non compensano anzi accentuano il ritardo dell’Italia rispetto all’Europa, come confermato anche dal rapporto Istat, che posiziona l’Italia nelle zone più basse della classifica europea in termini di penetrazione della banda larga presso gli individui e le famiglie”.

 

Per il 2009, dato l’allineamento dell’ICT col resto dell’economia, bisognerà rifarsi, secondo capitani, all’andamento del quadro macroeconomico: secondo le ultime previsioni Ocse, il nostro Paese non è tra i peggiori, ma subirà un rallentamento del 4,3% (la Germania del 5,3% e il Giappone del 6,6%).

Continuerà inoltre la fase di “recessione sincronica” ma, secondo Capitani, il dato più significativo, e anche il meno evidenziato, è quello relativo agli investimenti, che in Italia subiranno secondo l’Ocse un rallentamento dell’11,7%.

 

La ripresa dunque da dove arriverà, se non dagli investimenti e non dai consumi?

Bisognerà affidarsi, dice Capitani, “alle politiche dei governi”, ma facendo una rassegna di tutte le risorse messe preventivate dai vari Paesi, al netto dei programmi preesistenti, emerge che l’Italia metterà in campo lo 0,3% del PIL contro il 5,9% degli Usa, il 4,8% della Cina, il 4,5% della Spagna, il 3,4% della Germania, il 2,2% del Giappone.

Un quadro poco positivo che porta Capitani a una previsione, per quanto riguarda l’ICT nel suo complesso, “di segno negativo”.

 

All’interno di questo aggregato, tuttavia, ci sono però comportamenti molto diversi tra le previsioni relative alle telecomunicazioni (+0,7%) e quelle relative all’informatica (-5,9%).

Per le telecomunicazioni sono previsti anche fenomeni di segno positivo: per quanto riguarda i servizi si assisterà a un ulteriore calo dei ricavi da rete fissa, con una lieve ripresa dei servizi mobili, grazie ai servizi a banda larga mobile.

 

Riguardo gli apparati, se si sbloccasse velocemente il processo di realizzazione della rete NGN, si dovrebbe assistere a una ripresa della crescita.

Visto che però ancora non si è giunti a una soluzione chiara e condivisa entro il primo trimestre di quest’anno, ha aggiunto Capitani, la crescita sarà sicuramente inferiore alle stime (0,3%).

 

Il mercato dell’IT, in Italia, ha subito nel 2008 un rallentamento molto più forte rispetto agli altri Paesi europei, dove pure il rallentamento è stato brusco: a fronte di una media europea del 3,8%, l’Italia cresce a malapena dell’ 0,8%.

 

“Un gap molto forte – ha sottolineato Capitani – che non consente al nostro paese di recuperare i forti ritardi di penetrazione accumulati soprattutto negli ultimi 5 anni a fronte di crescite molto più forte della spesa IT negli altri paesi”.

 

Su questi andamenti hanno inciso molti fattori, tra cui l’importante riduzione di budget da parte delle imprese e il comportamento della pubblica amministrazione – sia a livello centrale che locale – che è stato ancora una volta poco soddisfacente.

Il dato più negativo, però, secondo capitani, è relativo al calo della velocità di crescita della spesa delle famiglie che passa da un 10,5% del 2007 a un 4,4% nel 2008 a causa della minore disponibilità di risorse finanziarie.

 

Sul versante delle imprese, le spese destinate all’IT sono ancora troppo concentrate prevalentemente nelle circa 3mila imprese con più di 250 dipendenti, che incidono per oltre il 57% della spesa totale, con il risultato che la riduzione media delle tariffe professionali è stata molto più forte rispetto ad altri Paesi europei.

In termini dinamici, invece, sono le medie imprese che, pure in una situazione di difficoltà, hanno realizzato il maggior incremento della spesa IT: 1,2%, rispetto allo 0,3% delle grandi e al – 0,7% delle piccole imprese.

Guardando i dettagli del mercato, il maggiore elemento di novità, di segno negativo, è il forte rallentamento del mercato hardware, dovuto al fatto che le imprese tendono ad allungare i cicli di sostituzione delle tecnologie. Una tendenza che sta proseguendo nel 2009 e che, secondo i maggiori istituti di ricerca, produrrà in tutto il mondo un decremento intorno al 15%.

 

Nonostante il fatto che nel 2008 siano stati venduti quasi 6 milioni di pc di cui circa 800 mila netbook, ha notato Capitani, “i fenomeni di downpricing da un lato e il successo dei netbook hanno provocato un ulteriore divaricazione tra la crescita dei valori del mercato e la crescita dei volumi”.

 

Un elemento di continuità è rappresentato invece dalla crescita “molto insoddisfacente” dei servizi, dovuta da un lato al fatto che sono stati avviati meno progetti innovativi – si è dato quindi spazio alla continuità più che all’innovazione – dall’altro, anche qui, al downpricing soprattutto delle tariffe professionali.

L’informatica, che risente molto più delle tlc dell’andamento dell’economia, essendo un mercato generato per il 95% dalle imprese, dovrebbe subire quest’anno un calo di quasi il 6%, a causa del maggior decremento dell’hardware, dei servizi e del downpricing delle tariffe professionali, “una malattia del sistema”,dice Capitani, che si pagherà sul lungo periodo.

Anche la componente software, inoltre, passerà al segno negativo.

 

In questo scenario fosco, Capitani individua tuttavia alcuni fattori che potrebbero avviare un nuovo ciclo di crescita del mercato: accanto alle piccole e medie imprese, che – a differenza della PA – hanno un comportamento più indirizzato all’innovazione, oltre che al contenimento dei costi, importante valorizzare le risorse del “territorio”: l’Italia, ha sottolineato Capitani, è “un Paese fatto di territori” e le positività che essi possono esprimere, in qualità di contenitori di sistemi produttivi, di distretti industriali e di poli di innovazione, potranno rivelarsi un fattore chiave per diffondere la cultura dell’innovazione.

Attenzione, però a dare il giusto peso a due importanti fattori: “la fiscalità di distretto e il rating di filiera”, un elemento, quest’ultimo, che comincia a uscire dai libri e a entrare nelle proposte normative e che rappresenta una visione importante “che potrebbe dare luogo a politiche innovative efficaci, come in Francia con i poli di competitività”.

 

Bisogna, dunque, ha aggiunto Capitani, “intervenire rapidamente per creare efficienza ed efficacia del sistema Paese, soprattutto nella PA centrale, dove si notano tanti esempi positivi, ma con un difetto: non fanno sistema, ma restano episodi a sé stanti”.

Tutte le iniziative per l’innovazione devono invece creare un effetto di sistema e sinergie profonde tra le varie iniziative: “Solo valorizzando questi germi di ripresa e i soggetti che si muovono nonostante la crisi in una traiettoria innovativa si farà del bene al sistema Paese”, ha concluso Capitani.

 

Consulta il profilo who is who di Giancarlo Capitani