Rai: Cda sui criteri di nomina, mentre si attende per il caso Sky

di Raffaella Natale |

Italia


Rupert Murdoch

Sarà ancora fumata nera, oggi, al settimo piano di Viale Mazzini. Nonostante “l’urgenza” di alcune nomine, come ieri ha detto il direttore generale Mauro Masi, per promozioni e spostamenti bisognerà aspettare ancora: almeno una settimana, dicono i bene informati, nella speranza che si riesca a trovare un’intesa all’interno del Pdl.

 

Nell’attesa, oggi il Cda ha discusso i “criteri di nomina“, come annunciato ieri in Vigilanza dal presidente Paolo Garimberti, che ha ribadito “che le nomine si fanno dentro al palazzo di Viale Mazzini e non fuori”.

 

Il primo nodo da affrontare per ricomporre il mosaico di Viale Mazzini è il Tg1: a chiedere conto del ritardo nella designazione del successore di Gianni Riotta è stato il presidente della Vigilanza, Sergio Zavoli, nel corso dell’audizione dei vertici (che risponderanno, però, solo la prossima settimana). D’altronde, lo stesso Dg, pur auspicando che la discussione sulle nomine faccia parte di una “riflessione più ampia” riguardo il “modello organizzativo aziendale che è da rivedere”, ha ammesso che esistono “urgenze e cogenze” che riguardano “alcune figure aziendali“.

 

Insomma, ferma restando la necessità di un “ripensamento del modello organizzativo“, è doveroso intervenire su alcune figure, “visto che la Rai è un’impresa e non una società di mutuo soccorso”. Nel mirino, i tanti interim e i posti vacanti: a cominciare, appunto, dal Tg1.

 

Poi, domani, partirà la discussione che riguarda Sky: i vertici Rai apriranno l’istruttoria che sarà caratterizzata da “un’analisi accurata dei costi e dei benefici” dell’operazione, in modo da poter valutare “nell’interesse aziendale” se abbandonare o no la piattaforma satellitare.

 

“Non posso dire qual è la mia opinione, perché sarebbe lesivo degli altri consiglieri, visto che la questione approda giovedì in Cda”, ha spiegato Garimberti.

“…Dopodomani inizieremo ad affrontare il tema, ognuno dirà la sua, ma non credo che decideremo in quella riunione del consiglio. Dobbiamo valutare tutti i pro e i contro, facendo un’analisi approfondita nell’interesse dell’azienda. Si sta esaminando il rapporto costi-benefici dell’operazione – ha concluso Garimberti – come farebbe qualsiasi azienda sana in questa situazione”.

 

“…Non ci sono posizioni preconcette – ha aggiunto Masi – stiamo facendo un’analisi costi-benefici nell’immediato ma anche di prospettiva. Poi vedremo l’evoluzione del mercato…”.

Il dibattito riguarda la convenzione in scadenza che lega l’azienda di Viale Mazzini a Sky, ovvero la presenza di canali Rai nel bouquet satellitare.

 

Finora l’accordo Rai-Sky prevedeva il versamento da parte di viale Mazzini di 66 mln di euro l’anno, e Gentiloni ha chiesto ai vertici Rai come vengano calcolate le conseguenze economiche di un’eventuale abbandono della piattaforma Sky, ovvero ha chiesto se la Rai ci guadagni o perda, ricordando anche che l’articolo 26 del contratto di servizio impone alla Rai di essere su tutte le piattaforme “fatti salvi specifici accordi commerciali”.

Gentiloni ha chiesto “se sono valutabili inoltre le conseguenze sul piano giuridico ed anche per quanto riguarda gli abbonati Sky che potrebbero ritrovarsi senza i canali Rai sul satellite”.

 

Polemiche a parte, il Cda comincerà a discutere del merito della trattativa: l’urgenza è data dal fatto che a luglio scadrà il contratto che lega viale Mazzini alla piattaforma del tycoon Rupert Murdoch che dovrebbe sborsare, per assicurarsi i programmi del bouquet Raisat, quasi 475 milioni di euro spalmati su 7 anni.

Di cui 75 mln di euro sono per l’accordo di “output dial” relativi ai prodotti cinematografici di RaiCinema e altri 7 mln per i ricavi pubblicitari.

Una cifra enorme (pari quasi al doppio del capitale sociale dell’azienda che è di circa 242 milioni 518 mila euro), quasi cinque volte superiore al buco pubblicitario stimato la settimana scorsa dal neo direttore generale della Rai, Mauro Masi durante l’audizione in Vigilanza.

 

L’offerta Sky per il nuovo settennato non cambierebbe di molto: da qui le perplessità del vertice Rai, forte del successo di share assicurato a Murdoch e anche in vista del via, a giugno, della piattaforma Tivù Sat, messa in piedi insieme a Mediaset e Telecom.

 

Nella sua offerta Sky, oltre a rimpinguare le casse Rai, rinuncia anche al diritto di esclusiva. Perché allora in Viale Mazzini l’orientamento è far cadere la proposta e impegnare risorse sul digitale terrestre? I dubbi non mancano visto che a rischiare di più sembra essere la Tv di Stato che peraltro potrebbe rischiare la beffa di un eventuale ricorso al Tar per interruzione di pubblico servizio visto che la legge impone che i suoi programmi sia fruibile su tutte le piattaforme.

 

Molti ritengono che l’orientamento sia quello di far cadere l’offerta e impegnare risorse nel digitale, con conseguenze pesanti per i bilanci della tv pubblica e il non troppo celato interesse di Mediaset di indebolire l’avanzata di Sky.

 

La strategia, nel caso in cui la Rai lasciasse la piattaforma Sky , sarebbe quella di riconvertire Raisat in una factory produttiva capace di ottimizzare le risorse produttive trasferendo da una parte i programmi sul digitale terrestre – tra 9 e 12 le nuove frequenze disponibili – e dall’altro fornendo prodotti anche sull’analogico.

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