Antitrust: mercoledì il verdetto Ue sul caso Intel, accusato di escludere la concorrenza dal mercato CPU

di Alessandra Talarico |

Unione Europea


CPU Intel

Dovrebbe arrivare questa settimana il verdetto dell’Antitrust Ue sulle presunte pratiche anticoncorrenziali di Intel, accusato dalla rivale AMD di escludere la concorrenza dal mercato delle unità centrali di elaborazione (CPU) x86, i chip che rappresentano il ‘cuore’ di oltre un miliardo di Pc in tutto il mondo.

 

Tre le pratiche abusive contestate al numero uno mondiale dei microprocessori: in primo luogo sarebbero stati offerti notevoli sconti a un’azienda europea, subordinati alla vendita esclusiva di Pc Intel-based.

Intel avrebbe quindi pagato per indurre una delle principali OEM (Original Equipment Manufacturer) a rinviare il progetto di lancio di una linea di prodotti che incorporavano CPU di AMD.

Successivamente, la società avrebbe concesso notevoli sconti allo stesso OEM per ottenere che tutti i suoi portatili fossero equipaggiati con CPU Intel.  

 

Intel controlla l’80% del mercato dei microchip. AMD, sua più agguerrita concorrente, si batte da anni per dimostrare che i suoi affari sono frustrati dalle pratiche commerciali della rivale, che avrebbe siglato accordi poco leali con i retailer per escludere i suoi prodotti dalla grande distribuzione, non solo in Europa.

 

L’inchiesta dell’Antitrust è partita su segnalazione proprio di AMD nel 2001: la Ue aveva allora aperto un fascicolo per abuso di posizione dominante nel mercato dei microprocessori per Windows.

 

L’indagine si è poi arenata fino a quando Bruxelles non ha riaperto l’inchiesta nel 2004, avviando anche l’incriminazione formale di Italia e Germania, accusate di aver favorito l’uso di chip Intel sul mercato, dettando particolari procedure che avrebbero escluso senza motivo la concorrenza nell’ambito di bandi pubblici per la fornitura di materiale informatico.

 

A marzo 2005, poi la Commissione ha ripreso il dossier in seguito alle segnalazioni della Fair Trade Commission giapponese, che ha accusato la società americana di avere violato l’articolo 3 della legge anti-monopolio giapponese.

Anche in questo caso, la filiale giapponese di Intel avrebbe offerto degli sconti “particolari” ad almeno cinque costruttori informatici nipponici in cambio della promessa di non acquistare o di limitare l’acquisto di chip fabbricati da società concorrenti come la Advanced Micro Devices o la Tranmeta.

 

In base ai dati diramati dall’antitrust nipponico, Intel operava in Giappone in posizione monopolistica, controllando circa il 90% del mercato dei microprocessori.

 

Se gli addebiti saranno riconosciuti validi allora Bruxelles potrà imporre la cessazione delle pratiche commerciali scorrette e infliggere un’ammenda alla società come è avvenuto con Microsoft, a cui in totale sono state comminate sanzioni per 1,68 miliardi di euro.

La sanzione per Intel potrebbe però essere molto più pesante, pari a circa il 10% delle entrate annuali, che nel 2008 si sono attestate a 38 miliardi di dollari.