Tlc: Italia prima in Europa per uso cellulari. Il mercato Ue resiste alla recessione ma serve approccio unico per le reti NGN

di Alessandra Talarico |

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Mobile Internet

L’Europa è leader mondiale dei servizi di telefonia mobile, con un numero di abbonamenti pari nel 2008 al 119% della popolazione (dal 112% del 2007), ben al di sopra degli Stati Uniti (87%) e del Giappone (84%).

 

È quanto emerge dall’ultima relazione della Commissione europea sui progressi del mercato unico delle telecomunicazioni, secondo la quale l’Italia è a sua volta prima in Europa in termini di penetrazione della telefonia mobile nella popolazione (152,9%).

Nel nostro Paese – dove il valore del mercato si è attestato nel 2007 a 43,71 miliardi di euro – si è assistito inoltre a una discesa dei prezzi dei servizi mobili, che si aggirano intorno ai 19 euro al mese, contro una media Ue di 19.49 euro, mentre continua a crescere l’uso dei servizi a banda larga mobile: a gennaio 2009 si contavano 29 milioni di utenti (in crescita del 18% rispetto allo scorso anno) con un volume di traffico più che raddoppiato.

 

Il digital divide – nota la Ue – si sta pian piano riducendo, grazie ai massicci investimenti sia pubblici che privati, che hanno portato a una penetrazione della banda larga nelle aree rurali all’81% (contro una media Ue del 79%) in crescita tra dicembre 2006 e dicembre 2007 del 31%.

Siamo però al di sotto della media Ue in termini di tasso penetrazione della banda larga fissa, che si attesta al 19%, contro una media del 22,9%, anche se – nota la Commissione – il numero di linee a banda larga è aumentato del 10,75% da gennaio 2008.

Siamo quindi ancora molto distanti dai livelli di penetrazione di Danimarca e Paesi Bassi, che si confermano leader mondiali con un tasso di penetrazione superiore al 35% della popolazione e – insieme a Svezia, Finlandia, Regno Unito, Lussemburgo, Belgio, Germania e Francia – superano gli Stati Uniti, dove nel luglio 2008 la banda larga fissa raggiungeva solo il 25% della popolazione.

A fine 2008, il numero di collegamenti Internet fissi a banda larga nella Ue si attestava a 114 milioni in totale, 14 milioni in più rispetto al 2007.

 

La Ue sottolinea quindi l’impegno dell’Agcom verso la riduzione delle tariffe di terminazione mobile, che incidono sui prezzi finali praticati agli utenti: in Europa queste tariffe sono pari in media a 0.0855 euro, in Italia si attestano a 0.0936 euro.

Il prossimo allineamento di queste tariffe alla media Ue – aggiunge la Commissione – dovrebbe portare sostanziali vantaggi ai consumatori.

 

La Commissione stigmatizza però sia i prezzi ancora troppo alti (1.000 euro a chilometro) praticati dall’Azienda Nazionale Autonoma delle Strade come contributo di installazione delle infrastrutture per la fornitura di servizi telecomunicazione, che la mancata implementazione della funzione di localizzazione del chiamante nell’ambito del numero unico di emergenza Ue, 112.

L’Italia, nonostante i diversi richiami della Ue, ha infatti omesso di mettere a disposizione delle autorità incaricate dei servizi di soccorso le informazioni relative all’ubicazione del chiamante, venendo meno agli obblighi dell’art. 26, n. 3, della direttiva 2002/22/CE relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica.

 

Un altro ‘neo’ del nostro mercato resta la quota dell’incumbent nella banda larga fissa: Telecom Italia controlla infatti il 59,8% del mercato contro una media Ue del 45,6%.

 

A livello europeo, il settore Telecom rappresenta il 3% circa del PIL e ha registrato nel 2008 introiti per oltre 300 miliardi di euro, in crescita dell’1,3% rispetto al 2007, meglio dell’economia nel suo complesso, cresciuta per dell’1%.

 

La bolletta mobile è scesa in media dai 21,4 euro del 2007 a 19,4 euro e il 75% degli europei dispone di un collegamento internet da 2 megabit o più al secondo.

Il cellulare e le chiavette per la banda larga mobile si stanno inoltre affermando sempre più come una valida alternativa alla banda larga fissa: in Austria questo tipo di collegamenti è usato dall’11,4% della popolazione, in Finlandia dal 9,1% e in Portogallo dall’8,3%, su una media Ue del 13%.

 

Progressi che tuttavia non possono esimere dal considerare i molti ostacoli ancora in essere sulla strada del mercato unico delle telecomunicazioni.

Tra questi, la relazione mette in evidenza l’esistenza di normative divergenti nei vari Stati membri della Ue, che in alcuni casi sembrano addirittura voler eludere la normativa comunitaria soprattutto in riferimento alle nuove reti a fibre ottiche, ma anche le notevoli differenze tra le tariffe applicate reciprocamente dagli operatori per collegare le chiamate effettuate tra reti diverse (le cosiddette tariffe di terminazione).

La Commissione ha avviato procedimenti di infrazione nei confronti della Lituania, della Lettonia e della Romania che non hanno ancora fatto passi avanti per garantire l’dipendenza dell’Autorità di regolamentazione, “presupposto essenziale per una regolamentazione equa ed efficace”, spiega la Commissione in una nota, stigmatizzando anche le lungaggini che, in molti Paesi membri, impediscono agli utenti di cambiare operatore telefonico conservando il proprio numero di telefono in un solo giorno, come prevedono le norme Ue.

 

Anche se l’Europa è “IL continente delle comunicazioni mobili”, ha spiegato quindi il Commissario Viviane Reding, “non possiamo dormire sugli allori. Dobbiamo consolidare l’indipendenza delle autorità di regolamentazione. Occorre anche una concorrenza più leale tra operatori fissi e mobili, per realizzare una maggiore convergenza tra telefonia fissa e mobile. Infine, dobbiamo evitare che venga aggirata la normativa UE, con conseguenze deleterie per il mercato unico”.

 

Il settore delle telecomunicazioni ha provato di poter aiutare l’Europa a sfidare la recessione, ma sono molte le sfide all’orizzonte, in particolare in vista della realizzazione delle reti Internet ad alta velocità per le quali occorre – a giudizio della Reding – un approccio coordinato a livello comunitario.

In questo contesto, considerato di fondamentale importanza per il futuro della nostra economia, “la strada della concorrenza leale e degli investimenti non passa per 27 soluzioni diverse, che giovano per lo più ai giganti nazionali, ma si costruisce con mercati aperti, certezza giuridica e pari opportunità per tutti gli investitori e gli operatori”, ha concluso la Reding.