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Cybersquatting: preoccupa l’ascesa delle registrazioni abusive. L’OMPI chiede all’Icann nuove regole per proteggere marchi e persone

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Il fenomeno del cybersquatting – che consiste nel registrare nomi a dominio corrispondenti a nomi o marchi famosi non ancora registrati dai rispettivi aventi diritto, ai quali poi vengono venduti per somme altissime – è cresciuto in maniera esponenziale nel 2008.

 

Lo denuncia l’Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale (OMPI), la cui corte di arbitraggio e mediazione ha ricevuto lo scorso anno un numero record di 2.329 segnalazioni relative a pratiche di cybersquatting, pari a un incremento dell’8% rispetto all’anno precedente.

A cadere nelle maglie dei cyberpredoni di marchi, società come l’Arsenal football club e la Nestle, VIP come Scarlett Johansson, ma anche la BBC, l’Università di Yale e le maggiori web company, da eBay a Google.

 

Dal 1999 – anno in cui è stata lanciata la Uniform Domain Name Dispute Resolution Policy (UDRP) – i reclami sono stati oltre 14 mila, a copertura di 22 mila nomi di dominio e hanno interessato 100 Paesi – Francia Stati Uniti e Gran Bretagna in particolare.

Le categorie più bersagliate dai cybersquatters sono – non a sorpresa – le case farmaceutiche, le banche, l’intrattenimento e l’IT, le aziende alimentari e i ristoranti.

 

Alle problematiche già esistenti – relative, ad esempio, all’utilizzo di software per la registrazione dei nomi di dominio scaduti, allo ‘stoccaggio’ di questi ultimi su siti a pagamento, alla possibilità di registrare gratuitamente nomi di dominio per ‘provarli’ per 5 giorni, alla proliferazione di nuovi registrar – si aggiungono anche i timori legati all’introduzione (entro la fine del 2009) di nuovi domini generici di primo livello (gTLD) da parte dell’Icann.

 

“La creazione di un numero potenzialmente illimitato di nuovi gTLD aumenterà in maniera significativa i problemi dei possessori dei diritti e degli utenti internet in generale”, ha spiegato Francis Gurry, vicedirettore generale dell’OMPI, sottolineando come queste novità non faranno che moltiplicare la possibilità di registrare nomi di dominio ‘in massa’, spesso nell’anonimato, senza che i diritti di proprietà intellettuale siano presi in minima considerazione, rischiando di trasformare il sistema dei nomi di dominio in un mercato soggetto a speculazioni di diversa natura.

 

“Se non venissero gestite in maniera appropriata, la vendita e la vasta espansione dei nomi di dominio potrebbero dare nuove lucrose opportunità di business ai cybersquatters”, ha aggiunto Gurry, che ha quindi chiesto all’Icann di stabilire – contestualmente all’introduzione dei nuovi gTLD – un quadro di regole che proteggano gli aventi diritto dall’abuso del loro marchio o del loro nome.

 

Con i nomi di dominio trasformati in bersagli mobili, ha aggiunto Gurry, “bisognerebbe prendere in seria considerazione la messa a punto di misure di protezione più concrete”.

Secondo Gurry, infatti, non si tratta soltanto di proteggere i detentori dei diritti, in quanto la questione del cybersquatting riguarda anche l’affidabilità del sistema di assegnazione degli indirizzi internet.

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