Fine della ‘festa’ per i criminali amanti del VoIP. Il ministero degli Interni crea task-force per le intercettazioni su Skype

di Raffaella Natale |

Italia


Roberto Maroni

Trovare soluzioni tecnologiche e normative che consentano di decriptare e dunque di rendere fruibili a fini investigativi e giudiziari le intercettazioni telematiche effettuate sulle conversazioni VoIP che utilizzano il software prodotto da Skype.

E’ l’obiettivo della task-force costituita dal ministro dell’Interno Roberto Maroni e formata da rappresentanti del Dipartimento della pubblica sicurezza, dalla Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza e dal Consiglio Nazionale delle Ricerche.

 

Un importante provvedimento che arriva ad alcuni giorni di distanza da una notizia riportata da Repubblica nella quale si faceva riferimento a una telefonata su rete internet tra pusher che ha evidenziato l’ultima emergenza per la giustizia italiana.

“Di quei due chili ne parliamo poi, su Skype“. E’ la frase intercettata due mesi fa dagli uomini della Guardia di Finanza di Milano. Al telefono un trafficante di cocaina invita il complice a continuare quella comunicazione usando il software che permette di parlare online. Proprio come ormai da settimane stanno facendo i mafiosi, trafficanti di armi e droga, sfruttatori della prostituzione e piccoli criminali in tutto il paese.

E’ la prova che i malviventi ormai utilizzano ogni strumento di comunicazione, nessuno escluso.

 

Comunicare tramite il pc attraverso è molto comodo, gratis (se parlano due utenti Skype) e, soprattutto,  le comunicazioni sono blindate da un software quasi inattaccabile, proprietà della Skype Limited (gruppo eBay).

“…Durante la comunicazione – spiega un tecnico che collabora assiduamente con la Procura di Milano – Skype trasforma la voce di chi parla in tanti pacchetti di dati digitali che viaggiano in rete. I dati però vengono criptati in base a un algoritmo segretissimo inventato dai programmatori di Skype. Non solo. La procedura di autenticazione da parte degli utenti è invulnerabile perché il software genera password monouso temporanee ogni volta che si avvia una comunicazione. Ciò rende impossibile agli investigatori ogni tentativo di intercettazione”.

 

Della conversazione non rimane traccia nemmeno sui tabulati: le chiamate su Skype, sottolinea il quotidiano, sono invisibili, non si può sapere né quando né dove vengono fatte.

 

A utilizzare Skype sono oggi circa 400 milioni persone in tutto il mondo.  Un successo senza confini.

Si tratta di un software proprietario freeware di messaggistica istantanea e VoIP. Esso unisce caratteristiche presenti nei client più comuni (chat, salvataggio delle conversazioni, trasferimento di file) a un sistema di telefonate basato su un network peer-to-peer. Gli sviluppatori Niklas Zennström e Janus Friis, sono gli stessi che hanno realizzato il popolare client di file-sharing KaZaA, ossia la Sharman Networks. Il prodotto è stato introdotto nel 2002.

 

Anni fa, appena intuito il pericolo per le indagini, la prima reazione degli inquirenti fu quella di tenere tutto sotto silenzio: “…per non avvertire la malavita di un’occasione storica senza precedenti“. Ma nel giro di poco tempo, la malavita se ne è accorta, eccome. E adesso si susseguono negli uffici della Direzione investigativa antimafia riunioni su riunioni per individuare una via di uscita.

 

Il primo tentativo è stato quello di chiedere la collaborazione di Skype che però ha addotto di avere sede legale in Lussemburgo, quindi, apparentemente non soggetta alle leggi italiane. Ma la “segretezza” potrebbe presto venire meno per esigenze di ordine pubblico.   

 

“…In considerazione dei risvolti legali del tema e non possiamo rispondere alle vostre domande“, scrive a Repubblica Gennaro Nastri, senior account manager dell’azienda, che poi chiude con la formula classica: “La società attualmente coopera con le forze di polizia e le autorità giudiziarie per quanto è legalmente e tecnicamente possibile”.

 

Di questa collaborazione, nelle riunioni e nei continui scambi epistolari con gli inquirenti, non c’è però traccia. Tanto che più volte è stata percorsa la via della rogatoria internazionale.

 

“…Una strada impervia – spiega Stefano Aterno, docente di informatica forense e criminologia informatica all’università la Sapienza di Roma – capita spesso che Skype dica di non essere in grado o di non voler mettere a disposizione la tecnologia necessaria a decrittare le conversazioni. E il tutto si risolve in una grande perdita di tempo”.

Aggiungendo: “…Non è ancora stato considerato il più grande profilo di allarme. E cioè quello legato alla diffusione e alla duttilità della tecnologia VoIP, su cui si basano le telefonate online“. Anche se qualcuno riuscisse a convincere Skype a collaborare con gli investigatori, nessuno può impedire ad altri di creare e diffondere sul web uno Skype 2.0. Un po’ come è accaduto anni fa con i siti di peer-to-peer per lo scambio di musica tra utenti in rete.

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