Privacy: la Ue studia nuove iniziative per rafforzare la tutela degli utenti

di Alessandra Talarico |

Europa


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Si è celebrata il 28 gennaio la Giornata Europea della protezione dei dati personali, un’iniziativa promossa dal Consiglio d’Europa con il sostegno della Commissione europea e delle Autorità nazionali preposte alla protezione dei dati per sensibilizzare i cittadini sulla dignità, sui diritti e sulle libertà fondamentali da salvaguardare rispetto all’uso delle informazioni di carattere personale.

 

In concomitanza con  la celebrazione di questa giornata, la Commissione europea ha annunciato un piano volto a rafforzare le regole comunitarie a tutela della privacy, soprattutto in materia di motori di ricerca, di conservazione dei dati e per regolare l’utilizzo di software di localizzazione satellitare come Google Street View.

 

Ad aprile partirà dunque una consultazione pubblica a livello europeo incentrata sull’identificazione di misure atte a rafforzare la protezione dei dati personali degli utenti.

“Dobbiamo riflettere sulla necessità di modernizzare l’attuale quadro normativo per rispondere alle sfide poste in essere dalle nuove tecnologie”, ha spiegato Jacques Barrot Commissario Europeo alla Giustizia, Libertà e Sicurezza.

 

La direttiva sulla protezione dei dati risale infatti al 1995 e la Commissione ha già incaricato un panel di esperti di studiare possibili innovazioni per rendere le norme al passo coi tempi e con gli ultimi sviluppi tecnologici.

 

Molti i temi al centro della discussione: tra questi, la possibilità di estendere il concetto di ‘dato personale’ anche agli indirizzi IP e ai cookies. La proposta era stata avanzata dal garante Privacy tedesco Peter Scharr, presidente del gruppo di lavoro che si sta occupando della questione dei dati personali.

Gli indirizzi IP, secondo Scharr, dovrebbero essere trattati come dati personali, tesi che differisce da quanto sostenuto, ad esempio, da Google che insiste che un indirizzo IP è semplicemente un identificativo della locazione di un computer e non dell’identità degli utenti.

Una tesi strettamente veritiera, ma che non riconosce il fatto che – se si escludono i frequentatori di internet cafè o i navigatori ‘da ufficio’ – molti utenti usano sempre lo stesso Pc e lo stesso indirizzo IP per connettersi a internet.

Molti siti, inoltre, associano a un indirizzo IP un nome o un’azienda.

 

Trattare gli indirizzi IP come dati personali avrebbe diverse ripercussioni sui metodi utilizzati dai motori di ricerca per registrare i dati degli utenti.

 

Queste informazioni, secondo l’industria, servono a dare agli utenti un servizio più accurato ma la realtà è che per molte aziende internet si tratta di uno strumento impareggiabile per comprendere i comportamenti dei consumatori e adeguare prodotti e pubblicità alle esigenze mutevoli del mercato.

Dietro la gratuità di molti servizi offerti agli internauti c’è infatti un tranello: non si paga ma si accetta di essere ‘seguiti’ su tutto il web, così che la navigazione diventi tesoro per gli esperti del cosiddetto ‘marketing comportamentale’, i quali usano  dati per eventuali aggiustamenti dei prodotti o delle campagne pubblicitarie.

 

L’argomento verrà affrontato durante il prossimo incontro dei garanti Privacy europei il 10-11 febbraio, quando si discuterà – insieme ai rappresentanti di Microsoft, Google e Yahoo! – anche del periodo di conservazione dei dati da parte dei motori di ricerca internet.

 

L’Unione europea si è raccomandata con le società affinché conservassero i dati per un periodo non superiore ai sei mesi e ha sollecitato il settore ad adottare uno standard condiviso.

 

All’inizio dell’anno scorso, Google ha dimezzato a nove mesi il periodo di tempo di conservazione dei dati. Microsoft ha fatto sapere che lo avrebbe ridotto a sei mesi se anche i concorrenti avessero fatto lo stesso, mentre Yahoo! ha annunciato di voler conservare le informazioni per un periodo di tre mesi.

 

Un altro argomento ‘caldo’ riguarda i potenziali rischi legati all’uso di applicazioni come Street View, che fornisce una panoramica a 360° gradi delle strade e permette agli utenti di vedere parti di varie città del mondo a livello del terreno.

 

Introdotto inizialmente negli Usa, il servizio è arrivato anche in Italia, Francia e Spagna, provocando non poche polemiche per il forte livello di nitidezza delle immagini, che avrebbe potuto permettere il riconoscimento delle perone riprese dal satellite se Google non avesse fatto ricorso a metodi per oscurare i volti e le targhe delle auto.

 

Un altro problema, secondo il Garante Privacy europeo Peter Hustinx, risiede nella conservazione di massicce quantità di foto necessarie per abilitare il servizio che Google ha già immagazzinato. Spiega Hustinx, che in questo caso si potrebbe applicare la direttiva sui dati personali e che Google sarebbe costretto a chiedere prima il consenso alle persone riprese, anche se la foto è stata sfumata.

“Collaboreremo con le istituzioni e le autorità per fornire tutte le informazioni necessarie”, ha fatto sapere Peter Fleischer, responsabile Google per la protezione dei dati.