Unbundling: ancora polemiche. I competitor Telecom contestano, ‘infondata la richiesta di aumento’

di Alessandra Talarico |

Italia


Corrado Calabrò e Franco Bernabè

Vodafone, Tiscali, Wind e Fastweb hanno ribadito la loro contrarietà alla proposta di aumento dei costi praticati da Telecom Italia all’ingrosso per accedere alle sue linee telefoniche, ma hanno espresso apprezzamento per la decisione dell’Agcom di sottoporre a consultazione pubblica lo schema di provvedimento, che sarà anche inviato anche a Bruxelles.

 

Telecom Italia ha spiegato che la richiesta di aumento del canone di unbundling è stata dettata dall’aumento dei costi e che, in ogni caso, le tariffe praticate in Italia sono tra le più basse d’Europa.

Ma i concorrenti non sono affatto d’accordo e sottolineando l’importanza dell’adozione, da parte dell’Agcom, di misure aderenti alla normativa nazionale e comunitaria quali la consultazione pubblica e la notifica a Bruxelles, si dicono fiduciosi di riuscire a fornire le prove “dell’infondatezza” della richiesta dell’ex monopolista.

 

L’unbundling è il prezzo che gli operatori alternativi pagano all’operatore proprietario della rete per usufruire delle infrastrutture – rete, cavi dell’ultimo miglio e centraline – e offrire ai clienti servizi propri.  

 

Diversi studi hanno dimostrato che i mercati più competitivi, dove le linee in unbundling rappresentano la maggior parte delle connessioni, sono anche quelli dove la banda larga è più diffusa e gli investimenti sono ai livelli più alti.

L’unbundling, secondo i 4 competitor di Telecom, svolge un ruolo centrale per “lo sviluppo della concorrenza nel mercato dell’accesso e della banda larga”. Solo favorendo un accesso equo e paritario alle infrastrutture, insomma, si possono produrre “significativi ed oggettivi benefici per i consumatori in termini di discesa dei prezzi, innovazione e servizi”.

 

Telecom ha chiesto un aumento di 1,74 euro, ma l’Autorità sembra orientata verso un aumento inferiore a un euro (0,91 centesimi sarebbe l’orientamento dominante) che dovrebbe scattare da marzo 2009.

 

L’aumento dei costi di unbundling, hanno spiegato i competitor, non solo contraddice “l’attuale quadro regolatorio e le metodologie contabili stabilite dall’Agcom sui prezzi dell’ultimo miglio”, ma altro non sarebbe che “una compensazione” richiesta dall’ex monopolista per la separazione funzionale della rete di trasmissione dai servizi.

 

Una separazione, tra l’altro, viziata da vistose incongruenze, nella misura in cui gli impegni ‘volontari’ presentati da Telecom Italia “non garantiscono alcuna forma di separazione funzionale della rete, ma riflettono semplicemente la riproposizione di obblighi regolatori che nel passato il gruppo ha sistematicamente violato”.