Unbundling: aumento ‘ridotto’ rispetto alla richiesta Telecom. Decisione finale dell’Agcom a gennaio

di Alessandra Talarico |

Italia


Telecom Italia

L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni deciderà entro gennaio in merito alla richiesta di aumento del canone di unbundling di Telecom Italia, che entrerà in vigore da marzo dell’anno prossimo.

 

La Commissione infrastrutture e reti dell’Agcom ha valutato oggi l’offerta presentata da Telecom per i servizi di accesso disaggregato (unbundling local loop) alla sua rete telefonica e sembra orientata verso l’approvazione dell’aumento, ma con una “riduzione significativa” rispetto a quanto richiesto da Telecom Italia, cioè 1,74 euro.

 

L’aumento del canone di unbundling dovrebbe essere inferiore anche al previsto incremento di 1,26 euro del canone residenziale e attestarsi con ogni probabilità al di sotto di 1 euro.

 

Vista la delicatezza della questione e per garantire la massima trasparenza e il coinvolgimento nel procedimento di tutti gli attori coinvolti, l’Agcom ha deciso di sottoporre lo schema di provvedimento a consultazione pubblica e al giudizio di Bruxelles.

A gennaio, quindi, verrà presa la decisione finale.

 

Attualmente, la tariffa per il ‘full unbundling’ – che è in sostanza l’affitto che gli altri operatori pagano per utilizzare le linee telefoniche di Telecom Italia – si attesta a 7,64 euro al mese.

 

Questa tariffa, ha ribadito più volte Telecom Italia, è fra le più basse d’Europa: il differenziale citato dall’Agcom di 4,5 euro rispetto al canone residenziale è fra i più ampi della Ue e comunque si attesta al di sopra della media comunitaria di 4,12 euro. La società ha inoltre spiegato che la richiesta di aumento è una diretta conseguenza dell’aumento dei costi.

Anche in previsione dell’aumento di 1,26 euro del canone alle famiglie approvato nei giorni scorsi – scatterà per gli utenti dal 1° febbraio e porterà il canone residenziale a 13,40 euro –  il presidente dell’Autorità, Corrado Calabrò, ha garantito che il differenziale non diminuirà, ma ci sarà piuttosto “un aumento di questa forchetta” a 4,9 euro.

Le cifre contenute nella documentazione presentata dal gruppo telefonico sono invece diverse: il differenziale sarebbe di 6,16 euro in virtù della differenza tra canone ‘residenziale’ e ‘affari’.

Un differenziale così ampio, sostiene Telecom, pone l’Italia al secondo posto in Europa dopo l’Olanda.

 

L’Italia, secondo i dati presentati da Calabrò a luglio, è il Paese d’Europa dove è più basso il prezzo per il servizio di unbundling e il secondo Paese per diffusione di tale servizio.

A marzo gli accessi diretti in unbundling (e shared access) sono arrivati a quota 3,7 milioni, con un ritmo di crescita del 42%.

L’aumento del canone all’ingrosso, dunque, ci sarà, ma solo “se i numeri della contabilità” di Telecom lo giustificheranno e solo in seguito a “un’analisi approfondita dei conti e non con manovre affrettate e accelerate”.

 

Ma gli operatori alternativi si sono schierati contro questa richiesta e contro gli impegni presentati da Telecom Italia per garantire un accesso paritario alla rete.

Ieri, i rappresentanti degli operatori alternativi impegnati sul mercato italiano hanno espresso le loro ragioni nel corso di un incontro a Bruxelles con il commissario Viviane Reding che nei giorni scorsi si era impegnata a dare il proprio parere sugli impegni presentati dall’ex monopolista entro la fine dell’anno.

 

I competitor di Telecom sono sul piede di guerra: parlano di un “aumento immotivato” dei costi di unbundling a cui non corrisponderà né un miglioramento della qualità dei servizi, né un aumento degli investimenti.

Paolo Bertoluzzo, Ad di Vodafone paventa un “disegno di rimonopolizzazione del mercato italiano, sbagliato e pericoloso”.

Riguardo gli impegni presentati dal gruppo, secondo quanto comunicato al Garante, “lungi dal prevenire profili anticoncorrenziali”, alcuni di essi “paradossalmente si presentano come un’istanza di legittimazione delle istanze discriminatorie poste in essere da Telecom e delle inefficienze subite dagli operatori concorrenti”.

 

L’Agcom, da canto suo, difende il proprio operato, parlando di “miglioramento enorme” ottenuto sul tema dell’accesso alla rete, soprattutto perché – non avendo l’Autorità nostrana gli stessi poteri in capo, ad esempio, a quella britannica – il risultato raggiunto “è il massimo che si poteva ottenere per via concordata”, meglio anche di quanto fatto oltremanica.