Robin Tax e accesso alla rete: gli operatori alternativi sul piede di guerra in attesa della decisione Agcom sugli impegni Telecom Italia

di Alessandra Talarico |

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Telecom Italia

Il mondo delle telecomunicazioni mobili italiane è in agitazione per il timore che il governo possa inserire nel decreto anti-crisi in corso di preparazione una nuova addizionale Ires del 2% sugli operatori, proprio nel momento in cui il settore si appresta ad affrontare ingenti investimenti per le reti a banda larga di nuova generazione.

Al momento si tratta solo di indiscrezioni di stampa, ma i diretti interessati hanno già fatto sapere di essere naturalmente contrari a una simile ipotesi, visto che il settore ha già subito numerose sforbiciate, come il taglio dei costi di ricarica e i tetti alle tariffe di terminazione e del roaming. Interventi che si sono tradotti, ha sottolineato il presidente di Asstel (e di Vodafone Italia) Pietro Guindani, in un calo dei flussi di cassa di cassa di circa il 15%, pari a 3 miliardi di euro.

 

Guindani ha ribadito che è impensabile che il governo decida di colpire ancora il settore proprio nel momento in cui gli operatori sono chiamati a “un ambizioso piano di investimenti per la banda larga chiesto da governo, imprese e consumatori”.

“Sembra contraddittorio – ha detto Guindani – essere impegnati su progetti di sviluppo e poi subire ulteriori prelievi fiscali”.

 

A stretto giro, intanto, l’Agcom è chiamata a prendere una decisione chiave: il Consiglio dell’Authority dovrebbe valutare gli impegni presentati dall’ex monopolista per garantire un accesso paritario alla Rete chiedendo, probabilmente, una serie di modifiche per consentire, ad esempio, dove sia tecnicamente possibile, la condivisione di tutte le componenti tecniche della rete (cavidotti e centrali) o anche per far sì che Open Access presenti un’offerta preventiva per tutti i prodotti a larghissima banda indicati in una recente raccomandazione europea.

 

Telecom Italia avrà quindi qualche settimana di tempo per valutare e accettare la controproposta.

 

Ieri, intanto, gli operatori alternativi – Vodafone, BT, Colt, Fastweb, Tele2, Tiscali, Welcome Italia e Wind – in una lettera all’Agcom e all’Antitrust hanno espresso la loro contrarietà agli impegni presentati da Telecom Italia, chiedendo interventi regolamentari tempestivi per non “compromettere definitivamente ogni possibilità di concorrenza nel fisso”. Concorrenza messa già a dura prova, sia all’ingrosso che al dettaglio, dalla “strategia anticompetitiva e di rimonopolizzazione di Telecom Italia”.

 

Gli 8 operatori contestano in particolare l’assenza di impegni in termini di: “garanzia di equivalence of inputs; inclusione della rete in fibra ottica; inclusione di tutti i servizi in cui Telecom detiene un significativo potere di mercato; miglioramento degli standard di fornitura; trasparenza sui piani di sviluppo della rete; definizione di un processo di transizione verso le reti NGA; coinvolgimento attivo degli operatori; reale possibilità di governance e verifica del rispetto degli stessi”.

 

Riguardo il mercato all’ingrosso, gli operatori hanno quindi denunciato il progressivo innalzamento delle condizioni economiche dei servizi in unbundling: il listino per il 2009 presenta infatti “significativi incrementi sulle voci di costo non solo rispetto al 2008 ma anche rispetto alle iniziali proposte per il 2008 effettuate da Telecom Italia nell’ottobre 2007 e poi ridotte dall’Autorità il mese scorso”.

 

Pollice verso anche per la proposta di aumento del canone mensile, destinata soltanto alla clientela residenziale e non a quella business. Una mossa “anticompetitiva” che secondo i competitor dell’operatore storico servirebbe solo a salvaguardare “l’utenza più pregiata in termini di volumi di traffico sviluppati”.

 

“E’ ormai infatti evidente – si legge ancora nella lettera che gli olo hanno inviato alle autorità – la strategia di Telecom Italia che, da una parte, mira a rafforzare la propria posizione dominante ostacolando il rafforzamento infrastrutturale degli operatori alternativi e, dall’ altra, adotta un politica commerciale di aggressione delle quote di mercato degli operatori alternativi, facendo leva sulla propria posizione dominante”.

 

Se queste problematiche non venissero affrontate e risolte celermente, verrebbe dunque definitivamente compromessa “ogni possibilità di concorrenza nel fisso, proprio in un momento nel quale il contributo dell’intero sistema appare vitale per l’ammodernamento delle infrastrutture e l’offerta di servizi avanzati”, conclude la lettera.