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NGN: per Bernabè serve ‘new deal per accelerare lo sviluppo’. Ma i competitor temono nuovo monopolio

Italia


La convergenza di vedute da parte di Governo, operatori e regolatori sulla necessita di accelerare lo sviluppo delle NGN c’è. Serve però “una sorta di new deal, per garantire investimenti adeguati e stimolare la competizione”. A sostenerlo è l’amministratore delegato di Telecom Italia, Franco Bernabè parlando a un convegno sulle reti di nuova generazione alla ‘Luiss’. 

“Il governo – ha aggiunto Bernabè – può giocare un ruolo significativo” nello sviluppo delle nuove reti in fibra ottica, purché qualsiasi approccio regolatorio sia basato su tre pilastri fondamentali: “la garanzia di un adeguato ritorno sugli investimenti, la promozione della deregulation dei vari mercati e infine l’agevolazione di infrastrutture condivise”.

 

Nel corso di un’audizione alla IX Commissione trasporti della Camera, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sull’assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche, i rappresentati di Wind e Vodafone hanno invece ribadito la necessità di regole certe e condivise, in grado di garantire a tutti gli operatori parità di accesso alla rete di Telecom Italia.

  

Anche i presidenti di Agcom e Antitrust, Corrado Calabrò e Antonio Catricalà, hanno espresso nei giorni scorsi la necessità di realizzare una società ad hoc per la gestione della rete al fine di creare le giuste condizioni per rilanciare lo sviluppo del settore tlc, che comincia a mostrare segni di rallentamento dopo anni di crescita ininterrotta.

 

Al centro del dibattito, oltre alla questione della separazione della rete, anche gli investimenti nelle reti di nuova generazione, le cosiddette NGN o next generation networks.

 

Secondo l’Ad di Wind, Luigi Gubitosi, “bisogna evitare soluzioni che lascino la vecchia rete agli operatori alternativi e la nuova solo a Telecom”. Occorrono, dunque, regole chiare sia per quanto concerne l’accesso alla rete in rame, sia per lo sviluppo di nuove infrastrutture in fibra ottica.

Anche per l’amministratore delegato di Vodafone, Paolo Bertoluzzo, la separazione della rete Telecom “è necessaria e urgente” e deve riguardare sia l’attuale infrastruttura in rame sia la futura fibra ottica.

 

Dal punto di vista di Bertoluzzo, le priorità per il Paese sono tre: garantire competitività nel mercato del fisso, alla luce degli “impegni assolutamente insufficienti” di Telecom su Open Access; colmare il digital divide sfruttando anche le tecnologie wireless, per le quali però serve “un intervento urgente per rendere disponibili agli operatori le frequenze ex Gsm 900 e quelle prima assegnate ad Ipse”.

 

A questo proposito, Bertoluzzo lancia “una provocazione”, proponendo di destinare i fondi pubblici “a chi con un euro di investimento riesce a portare uno o due mega di banda larga a più persone possibili”.

 

Bisogna infine fare le adeguate distinzioni tra il futuro di Telecom e quello delle infrastrutture, per evitare di ricreare un monopolio anche sulle reti di prossima generazione.

La creazione di una rete in fibra ottica, ha spiegato ancora l’Ad di Vodafone Italia, potrebbe essere affidata a Telecom Italia, purché si garantisca in seguito “parità di accesso a tutti gli operatori, con un giusto equilibrio tra ritorno degli investimenti e competizione”.

 

L’approccio per la costruzione delle NGN è diverso da paese a paese: da quello più liberista degli Usa, passando per soluzioni intermedie come quella adottata in Gran Bretagna, fino a soluzioni di schietta impronta dirigista come in Giappone.

Nei Paesi in cui si è deciso di affidare all’incumbent la costruzione della rete – come negli Usa – si è scelto però anche un regime di regulatory holiday o forbearance, cioè dell’assenza di regolazione sulle nuove reti: in particolare lasciando libertà agli operatori che investono nell’upgrading della propria rete di gestirne l’accesso secondo pure logiche commerciali.

In questo modo, ha spiegato Calabrò, “è il mercato dei servizi offerti sulle reti che stimola gli investimenti sul potenziamento delle stesse, il recupero degli investimenti è garantito dalla libertà di prezzo che può essere differenziato anche in relazione al contenuto e al tipo di servizio veicolato”.

 

Anche in Germania si era scelto un simile approccio: a metà 2005, Deutsche Telekom aveva deciso di investire 3 miliardi di euro in un progetto che prevedeva la copertura di 50 città.

Per garantire alla società adeguate condizioni di ritorno dell’investimento e, dunque mantenere sufficienti incentivi per realizzare le nuove infrastrutture, il Governo tedesco aveva promosso e fatto approvare nel febbraio dello scorso anno una legge ispirata all’approccio nordamericano. L’Autorità di regolazione tedesca aveva invece stabilito, in accordo con la Commissione europea, di imporre a Deutsche Telecom l’obbligo di accesso dei concorrenti sulle sue reti a banda larga anche quelle di nuova generazione.

Immediata è stata quindi l’apertura di una procedura di infrazione contro lo Stato tedesco da parte della Commissione europea.

L’innescarsi di un simile contenzioso ha però determinato un drastico ridimensionamento del piano degli investimenti di Deutsche Telecom.

 

La realizzazione di una rete di trasmissione strutturalmente adeguata alle funzioni richieste è – secondo Calabrò – “il presupposto imprescindibile perché il settore delle telecomunicazioni prosegua il suo sviluppo”.

 

Certo, non c’è solo la fibra ottica, ma anche diverse tecnologie wireless (WiMax, Umts, Hsdpa, ecc), che potrebbero essere prese in considerazione, ma la partita centrale è proprio sulla fibra ottica, che – soprattutto nei Paesi asiatici – rappresenta una delle piattaforme più diffuse per l’accesso a internet a larghissima banda.

 

La situazione italiana, inoltre, è caratterizzata sia dai limiti connessi alla scarsa consapevolezza dei vantaggi che possono derivare dalla diffusione della banda larga, sia da altri fattori quali la maturità del mercato e la conseguente erosione dei profitti, l’eccessivo indebitamento dell’incumbent titolare della rete di accesso, e l’elevata conflittualità tra concorrenti in relazione alle diverse scelte di regolazione.

 

Si capisce dunque che la scelta di un approccio che riesca a soddisfare tutte le parti in causa non è cosa semplice. Come ha sottolineato anche Calabrò nel suo intervento alla Camera, “considerata la complessità del problema, servono ricette complesse: un menu di interventi coordinati e complementari che incida sulle strozzature strutturali che, sia dal lato della domanda che da quello dell’offerta, ostacolano i percorsi di sviluppo del settore”.

 

Quel che è certo è che bisogna fare in fretta per uscire dal pantano e assicurare che l’Italia continui a primeggiare non solo nell’uso delle tecnologie, ma anche nell’innovazione.

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