Key4biz

Ragazze pronte a tutto. Rai: cronache di (dis)servizio pubblico. Dalle cosce al lato B, per promuovere la rete ammiraglia. (1ª puntata)

Italia


Ieri sera, 7 settembre 2008, Rai 1 ha mandato in onda, in tarda serata, uno “Speciale Tg 1 “, che merita grande attenzione perché rappresenta un esempio perfetto della sintomatologia dello stato non esattamente commendevole del servizio radiotelevisivo pubblico italiano: una tematica delicata, culturalmente e socialmente importante, come “i concorsi di bellezza“, è stata trattata con la superficialità di un rotocalco da gossip.

Un caso sintomatico, appunto, di (dis)servizio pubblico. Se fossimo Aldo Grasso , chiederemmo a gran voce (peraltro destinata a restare inascoltata, nonostante l’altezza della tribuna), la testa dell’autore della trasmissione, Alessio Zucchini, ma anche del Direttore del Tg 1 , Gianni Riotta, e del suo Vice, David Sassoli (nei titoli di coda il programma è firmato a chiare lettere anche da loro).

Un programma televisivo semplicemente ignobile, insultante, osceno, forse tollerabile in una fascia mattutina (di una televisione commerciale).

 

Un programma che solo per eufemismo può essere definito ammiccante e pruriginoso.

In sostanza, il programma intendeva porsi come approfondimento (???) giornalistico (!!!) del disgraziato fenomeno, sempre più diffuso, dei “concorsi di bellezza“: partendo dal caso, assolutamente drammatico ma affrontato con leggerezza irresponsabile, dei concorsi per bambine ed adolescenti, arrivando ai casi surreali dei concorsi per “over” 40 anni e finanche per ciccione, soffermandosi su “Miss Italia“, descritto quasi come un paradigma del successo naturale nella società contemporanea, con un Carlo Conti pontificante sociologo, anzi addirittura filosofeggiante, elevato da Viale Mazzini a titolare della cattedra di filosofia della neo-estetica.

 

Un montaggio ammiccante e malizioso (con continuo “focus” sul pube e sul seno delle candidate, ovviamente), una regia spettacolarizzante, una suadente voce fuori campo con un testo degno di una tv locale di provincia.

Su un’intera ora di trasmissione simpatizzante, una sola voce fuori dal coro, quell’Oliviero Toscani, ascoltato per pochi minuti, che ha usato parole dure, giuste giustissime, contro i concorsi di bellezza, contro la mercificazione del corpo femminile, e soprattutto contro la “mediocrità televisiva“. L’autore del servizio deve aver pensato, così, di aver messo a posto la propria coscienza professionale, e forse di aver anche rappresentato il senso di “servizio pubblico”, che Rai, in questo caso, ha totalmente tradito.

E per elevare il tono… estetico (o “culturale”?!), ha innestato alcuni spezzoni di film, stravolgendone il senso: da “Miss Italia” (regia di Duilio Coletti, da un’idea di Alberto Lattuada, Lux Film, 1950) a “Bellissima” (di Luchino Visconti, produzione Bellissima-Cei Incom, 1952), da “Calendar Girls” (di Nigel Cole, Buena Vista, 2003) a “Little Miss Sunshine” (di Valerie Faris e Jonathan Dayton, Big Beach Films-20th Century Fox, 2006).

 

Il risultato?

Come rendere insipide delle opere cinematografiche ben saporite.

Le ragioni di un simile approccio?

 

Semplici, in fondo: non si trattava, di fatto, di un servizio giornalistico, ma di un lungo spudorato ignobile promo nei confronti di una delle poche trasmissioni di cui la Rai ancora cerca di farsi vanto (con gli utenti pubblicitari), qual è la buffonata di “Miss Italia“, un grande frullatore di idiozia televisiva. Tutto il servizio, infatti, era propedeutico e preliminare a un’enfasi sulla grandiosità di questo concorso “by” Rai. L’assoluta stupidità della manifestazione, la sua celebrazione della vacuità e dell’effimero, è stata data come normale, in un sistema valoriale indiscusso. “Povera Italia…”, come cantava Battiato.

Secondo i dati Auditel, per Rai Uno, la fascia che va dalle ore 22:30 di ieri sera alle ore 02:00, ha registrato ieri una media di 1,5 milioni di telespettatori, ed uno share del 17,9 %: ci rendiamo conto delle dimensioni sociali del danno di una simile trasmissione?

 

Or bene, la Rai non è certo la Bbc , ma non può nemmeno essere Mediaset!

Non ci attendiamo da Ezio Greggio delle analisi critiche sul ruolo pornografico delle Veline (anche se le selezioni, in onda dal 10 giugno su Canale 5, sono indegne di una televisione adulta, e Antonio Ricci dovrebbe essere giudicato veramente per genocidio culturale!), sulla strumentalizzazione del corpo femminile nelle dinamiche consumistiche post-capitalistiche… Ma, dalla Rai, ci attendiamo un minimo – ribadiamo: un minimo!!! – di lettura non unidimensionale della realtà, un minimo di approccio critico e plurale, un minimo di pluralismo culturale ed ideologico!

Non si può far passare per servizio giornalistico un programma autopromozionale di una trasmissione non degna di un “public service broadcaster” serio.

Lo Zanichelli ci ricorda che “pornografia” significa “descrizione e rappresentazione di temi o immagini oscene in opere letterarie, artistiche, cinematografiche e sim.”, ovvero “scritto intorno alla prostituzione”. E cosa altro è stata una trasmissione come quella di domenica sera, se non una oscena esaltazione della mercificazione, dell’uso del corpo – del corpo estetico appiattito in una estetica ortodossa e conformista – come (unico) strumento di identità personale ed affermazione sociale?!

 

E che dire dell’intervista a una modella ventenne, la quale, con candore, dichiarava di guadagnare 500 euro a sfilata, e di riuscire ad andare in passarella dieci volte al mese, con lo stupore dell’intervistatore che le ripeteva: “…ma allora tu guadagni 5.000 euro al mese? 5.000 euro???“. Ma l’intervistatore si rende conto del danno psico-sociale che provocano trasmissioni come questa, con approcci così prosaici?

Ci si domanda: ma a cosa servono, in Italia, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e la sua misteriosa filiazione, il Consiglio Nazionale degli Utenti, se trasmissioni come questa vanno in onda, senza che nessuno alzi la voce, sulla “rete ammiraglia” (sic) della televisione “pubblica” (sic)?!

 

E la Commissione bicamerale di Vigilanza?! Ah, certo, attendiamo il 17 settembre, per sapere se quest’ organo assumerà una identità! Il cittadino medio, peraltro, si domanda: ma la Commissione non può operare (lavorare e… vigilare), anche nelle more dell’elezione del suo Presidente? Ma, ovviamente, la domanda, che gronda buon senso, non ha senso, nelle logiche surreali delle istituzioni burocratiche.

E non dovrebbero esistere, in Rai, delle “Commissioni”, preposte a verificare il rispetto del “Contratto di servizio” tra Stato e tv pubblica? Anche il loro silenzio è veramente assordante.

 

La nostra vocina non verrà certo ascoltata nei piani alti di Viale Mazzini, e temiamo che, anche se fossimo firme come il Grasso del Corriere della Sera o la Rangeri de il Manifesto, l’esito del nostro grido di lamento sarebbe forse una graziosa letterina del felpato Beppe Nava , a difesa d’ufficio (stampa) della tv pubblica.

Nava ci ricorderebbe che la voce fuori dal coro, nella trasmissione, c’era (i pochi minuti affidati a Toscani), che sulle altre reti c’era di meglio (è vero, almeno c’era “Tatami, il “talk” eterodosso condotto dalla ben intelligente – e quindi non candidabile a Miss Italia – Camila Raznovich, volto di Mtv ormai approdato definitivamente a Rai 3), e che comunque il profilo socio-demografico del programma, a quell’ora, è tale da garantire un pubblico… adulto.

In effetti, a tutelare il pubblico non adulto, nelle trasmissioni di terribili telefilm americani, in prima serata, c’è la simpatica farfallina rossa Rai, che gronda sempre più sangue, tra maniaci e serial killer ed efferati omicidi!

 

Le nostre personali radici culturali non vanno ricercate nel cattolicesimo o nel marxismo, ma, in casi come questo, ci viene “paradossalmente” naturale finire per dar ragione all’occhiuto Moige (che ha peraltro dato alle stampe, a luglio, un utilissimo libro, Un anno di zapping. Guida critica all’offerta televisiva italiana 2007-2008, edizioni Magi) o finanche alla pugnace “Gulliver“, testata paleo-marxiana, sulla quale Stefania Brai e Citto Maselli (ex responsabili cultura dell’ex partito della Rifondazione Comunista) continuano a paventare il “pensiero unico” totalizzante.

 

Ah, dimenticavamo, la trasmissione ha anche proposto, per “par condicio“, immagini tratte dal penoso concorso di Miss Padania, ed interviste alle mentecatte che hanno prestato le loro curve (sic!) per un calendario senza veli, per sollevare (…) le sorti di Prodi.

Scrive saggiamente Grasso, nella sua “Enciclopedia” (terza edizione ampliata, febbraio 2008, Garzanti): “…il concorso di Miss Italia è una anomalia monotona e abitudinaria, esprime una bellezza fine a se stessa, fatica persino a imporsi in tv (…) Resta il mistero dell’ascolto, perché è una trasmissione noiosissima…”.

 

Grasso non ricorda che, nel sistema culturale, il meccanismo di retroazione tra “offerta” e “domanda” è più complesso che in altri settori dell’economia: nell’industria televisiva, riteniamo sia spesso l’offerta a pilotare la domanda, o comunque ad orientarla. Se anche la Rai trasmettesse in prima serata “Veline” – che non è, in fondo, molto diverso da “Miss Italia” – quel programma otterrebbe un grande successo di ascolto. In economia, Sir Thomas Gresham, circa cinquecento anni fa, teorizzò “…la moneta cattiva caccia quella buona”. La legge di Gresham sembra governare la tv pubblica italiana.

Grasso omette anche di ricordare che Miss Italia non è solo un’enorme macchina di produzione semantica, di “buon senso” conformista e provinciale, ma un vero e proprio business: 25.000 candidate, centinaia di selezioni in tutta Italia, finali e pre-finali, per giungere all’apoteosi mediatica delle 100 “elette” delle serate di RaiUno il 9 settembre, l’11, il 12 ed il 13 settembre, condotte dal Conti.

Che dire dei costumi, dell’abbronzatura, dei tacchi a spillo, del trucco, della laccatura, dell’acconciatura, dei “press-book”, dei rotocalchi? Insomma, suvvia, qualsiasi economista potrebbe dimostrare che l'”indotto” e i “moltiplicatori” di una kermesse così idiota sono benefici per il turismo, per l'”industria della bellezza” (sic), finanche per il Made in Italy… E per le scuole per modelle (altro scempio del nostro Paese), e per le società di “casting” (altra truffa nella truffa)… Ecc. ecc. ecc. Ci verrebbe quasi quasi da canticchiare… “La società dei magnaccioni” (vai al testo della canzone).

“Miss Italia”: una grande affabulazione mediatica per una ignobile fabbrica di illusioni e di frustrazioni.

 

“Miss Italia”: una operazione culturale indegna di una televisione pubblica.

L’ ufficio stampa di Miss Italia ci informa anche che: “La serata finale sarà trasmessa da RaItalia in diretta in tutti continenti. Interverrà anche Radiodue con due programmi in diretta: il 12 dalle ore 8 alle 10, a Salsomaggiore Terme, presenti le 100 finaliste e il pubblico, con il Ruggito del coniglio (Antonello Dose e Marco Presta); il 13 alle ore 21 dagli studi di Via Asiago, a Roma, con la radiocronaca della serata finale con Gli Spostati ( Massimo Cervelli e Roberto Gentile ). In vista delle Finali del Concorso, Raiuno trasmette intanto sei puntate di “Varietà: aspettando Miss Italia” il 27 luglio, il 3, 10, 17, 24 e 31 agosto, sempre alle 15,45 tranne il 3 e il 24 agosto (ore 16.40)”.

Ci piacerebbe che qualcuno, in Rai, calcolasse le ore complessive di trasmissione “intorno” al programma “Miss Italia”.

Lo scenario è deprimente e preoccupante al contempo: la Rai è sempre più abbandonata a se stessa, alla deriva.

Il Consiglio di Amministrazione è delegittimato e il nuovo tarda a essere nominato.

Manca una proposta alta di riforma della tv pubblica.

A destra, così come a sinistra. O al centro.

 

Qualcuno ci ha accusato, nelle nostre lamentazioni (su queste ed altre colonne) a proposito del deficit di progettualità strategica della Rai, di aver ignorato alcuni contributi recenti: per esempio, le “Considerazioni finali di Claudio Petruccioli alla scadenza del mandato triennale del Consiglio di amministrazione della Rai” (aprile 2008), oppure il libro di Francesco De VescoviIl crepuscolo della televisione” edito da Guerini (aprile 2008). Facciamo ammenda. In questi due testi ci sono spunti senza dubbio interessanti, ma certamente manca un “progetto” alto, un’idea organica e strutturale e concreta (“mission”, “governance”, finanziamento…) di nuova Rai.

Stimoli migliori, perché concreti, vengono dalla “Lettera aperta” che il Ministro per i Beni e le Attività Culturali Sandro Bondi ha indirizzato al Presidente e al Direttore Generale della Rai (giugno 2008), sulla quale avremo occasione di tornare.

Ah, dimentichiamo: il cartoncino di invito-stampa delle “iniziative Rai” per la settimana segnala, per domani: conferenza stampa per la presentazione di “L’Isola dei Famosi“, condotto da Simona Ventura , con Filippo Magnini, un programma di Angelo Ferrari , Celeste Laudisio, Tiziana Martinengo e Simona Ventura , regia di Egidio Romio, regia Honduras di Giancarlo Staffa, “…sesta edizione dell’Isola dei Famosi. Dodici concorrenti Vip e otto non Vip si sfideranno, attraverso il televoto, in una gara per la sopravvivenza, su RaiDue, da lunedì 15 settembre ore 21.00 . Per chi fosse interessato, la presentazione è martedì 9 alle ore 12, alla Terrazza Martini a Milano, Piazza Diaz. Ah, quanto sentiamo, in casi come questo, la mancanza degli “indiani metropolitani”… Diverte osservare come peraltro Rai, quasi quasi, si faccia vanto di presentare “L’Isola” come se fosse una propria trasmissione, allorquando si tratta di un format Magnolia (altro problema, quello dell’esternalizzazione delle produzioni, all’interno del problema generale di crescente deficit di profilo identitario della tv pubblica italiana). O forse, in fondo, c’è un po’ di tardiva vergogna, un qualche scampolo di pudore.

 

Chissà cosa penserebbe il compianto Jader Jacobelli, di queste degenerazioni della Rai, di questa deriva commerciale che sembra senza fine: quel saggio osservatore che era Jacobelli, che per anni ha presieduto la semiclandestina “Consulta Qualità” Rai. Peraltro eliminata, per evitare – forse, in fondo – accuse di ipocrisia. In effetti, non veniva ascoltata, e quindi “non serviva a nulla”, anzi veniva nascosta: tanto valeva eliminarla completamente, per evitare anche qualche tardivo senso di colpa, nella diffusa (in)coscienza della “tv pubblica”.

 

 

P. S. Oggi stesso “Key4biz” pubblica una notizia interessante, in argomento: “Pubblicità: il Parlamento Ue mette uno Stop agli stereotipi sulle donne. ‘Eliminiamo i messaggi discriminatori e degradanti‘” (leggi articolo).

Si nutrono dubbi che questo “stop” venga recepito dalle linee editoriali della Rai, o comunque dal “Responsabile Cultura” di RaiUno Gigi Marzullo.

 

 

Leggi anche:

 

Industria dei contenuti e declino nazionale: agrodolce Rai e fiumi di parole dal festival di Venezia

Industria dei contenuti e declino nazionale: Rai alla deriva e Cinecittà venduta, l’incerto ‘governo’ dei media

Un agosto mediale sonnolento: senza presidenza della Vigilanza, Rai in stallo, mentre Cinecittà, Arcus e Telecom Italia sopravvivono a sé stesse

Il futuro di Telecom Italia tra rete, mercato e sicurezza nazionale

Televisioni pubbliche nazionali e Mercato Unico europeo. Riflessioni sulla Conferenza di Strasburgo

  

Consulta il profilo Who is who di:  

Angelo Zaccone Teodosi, Presidente di IsICult – Istituto italiano per l’Industria Culturale

 

Ieri 7 settembre 2008 è venuto a mancare il prof. Carlo Mario Guerci.

Il direttore e la redazione di Key4biz si uniscono al dolore della famiglia, ricordandolo insieme a tutti coloro che ne hanno apprezzato la vivida intelligenza e le straordinarie qualità umane e professionali.

 

Chi era Carlo Mario Guerci

Exit mobile version