Olimpiadi e censura: la Cina non demorde, ‘Chiediamo il rispetto delle nostre leggi’. RSF, ‘Il CIO contribuisce al blackout dell’informazione’  

di Raffaella Natale |

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Niente da fare. La Cina non rivedrà la propria decisione di censurare internet per i giornalisti durante le Olimpiadi.

“Abbiamo vietato solo alcuni siti perché infrangono le leggi cinesi”, ha dichiarato Sun Weide, portavoce del Comitato d’organizzazione dei Giochi Olimpici. Aggiungendo: “Chiediamo ai media stranieri di rispettare le leggi e i regolamenti di questo Paese”.

Il portavoce del Ministero degli Affari esteri ha fatto sapere che la Cina è determinata a controllare il web durante le Olimpiadi.

“Siamo decisi a far rispettare i regolamenti” ha detto Liu Jianchao ai giornalisti.

La Cina ha infatti confermato ieri che non consentirà il libero accesso a internet per i giornalisti stranieri accreditati a Pechino per seguire le Olimpiadi.

 

Nel mirino della autorità di controllo i siti riguardanti il movimento spirituale Falungong e altri non ancora precisati, che resteranno oscurati per i più di 5.000 giornalisti che lavoreranno al Main press center (MPC) di Pechino.

Da questo centro per la stampa, si è potuta constatare l’impossibilità d’accesso ai siti dissidenti, come quelli a favore del Tibet o delle organizzazioni di difesa dei diritti dell’uomo, come Amnesty International o Reporters sans frontières.

 

Grande imbarazzo del CIO (Comitato internazionale olimpico) che ha dovuto ammettere che la Cina non aveva mai preso l’impegno di limitare le restrizioni.  

Giselle Davies, portavoce del CIO, ha commentato che “…le autorità cinesi hanno sempre detto chiaramente che l’accesso ad alcuni siti poneva problemi e stiamo tuttora lavorando con loro per ottenere le minori limitazioni possibili”.

Il CIO pensava che la Cina si sarebbe accontentata di bloccare l’accesso ai siti pedopornografici e a quelli che potevano attentare alla sicurezza nazionale. Ingenui?

 

Una restrizione non accettata dai rappresentanti dei giornalisti stranieri che si trovano a Pechino. Stamani il responsabile per la stampa del CIO, Kevan Gosper, ha parlato di un probabile accordo tra i cinesi e membri dell’organizzazione olimpica del quale non era stato informato.

Gosper ha già fatto sapere che presenterà la questione alle autorità cinesi: “Voglio parlargli e vedere la loro reazione”.

Dalla sua, il presidente del Comitato olimpico australiano, John Coates, anche lui membro del CIO, si è mostrato contrariato, sostenendo che la Cina sta facendo un passo indietro su una delle promesse fondamentali per l’organizzazione dei giochi olimpici. “Credo che questa questione verrà presa in considerazione molto seriamente da parte del CIO“.

Tuttavia Coates resta scettico sul reale potere dell’organizzazione olimpica di convincere le autorità cinesi a rivedere questa decisione.

 

Il presidente del CIO, Jacques Rogge, arrivato a Pechino due settimane prima l’apertura delle Olimpiadi (8-24 agosto), si era detto soddisfatto della libertà accordata alla stampa straniera.

“…Per la prima volta – aveva assicurato – i media stranieri potranno scrivere liberamente in Cina. Non ci sarà nessuna censura su internet”.

Evidente che così non è stato.

 

Pronto un comunicato di Reporters sans frontières nel quale si dichiara “…disgustata dal comportamento del Comitato internazionale olimpico”.

“Le autorità cinesi hanno vinto la prima competizione in queste Olimpiadi. Le promesse fatte nel 2001 sono state disattese e il CIO avalla questo atteggiamento partecipando al blackout dell’informazione, perdendo ogni credibilità”.

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