Olimpiadi e censura: scoppia la polemica. La Cina ci ripensa, accesso al web ‘limitato’ anche per i giornalisti  

di Raffaella Natale |

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Censura

Come i 253 milioni di utenti cinesi, anche i giornalisti stranieri, accreditati a Pechino per le Olimpiadi 2008, avranno una versione censurata di internet, nonostante le promesse delle autorità.

Questa decisione, confermata stamani a soli dieci giorni dall’evento (8-24 agosto) ha immediatamente sollevato un polverone.

 

Giornalisti e responsabili delle Olimpiadi si sono indignati davanti al mancato rispetto dell’impegno precedente che assicurava minori controlli sul web.

Sun Weide, portavoce del comitato organizzativo, ha fatto sapere che i siti riguardanti il movimento spirituale Falungong, vietati in Cina, e altri non ancora precisati, resteranno oscurati per i più di 5.000 giornalisti che lavoreranno al Main press center (MPC) di Pechino.

Da questo centro per la stampa, si è potuta constatare l’impossibilità d’accesso ai siti dissidenti, come quelli a favore del Tibet o delle organizzazioni di difesa dei diritti dell’uomo, come Amnesty International o Reporters sans frontières.

 

Due settimane fa, il presidente del CIO (Comitato internazionale olimpico) Jacques Rogge si era detto soddisfatto della libertà accordata alla stampa straniera.

“…Per la prima volta – aveva assicurato – i media stranieri potranno scrivere liberamente in Cina. Non ci sarà nessuna censura su internet”.

Ma Sun Weide ha dovuto correggere il tiro e stamattina ammettere che le autorità cinesi intendevano autorizzare solo “sufficientemente” l’accesso alla rete, giusto per le operazioni di base necessarie al proprio lavoro, e non prevederne uno senza limiti.

 

Una restrizione non accettata dai rappresentanti dei giornalisti stranieri che si trovano a Pechino.

Il responsabile per la stampa del CIO, Kevan Gosper, ha già fatto sapere che presenterà la questione alle autorità cinesi: “Voglio parlargli e vedere la loro reazione”.

Dalla sua, il presidente del Comitato olimpico australiano, John Coates, anche lui membro del CIO, si è mostrato contrariato, sostenendo che la Cina sta facendo un passo indietro su una delle promesse fondamentali per l’organizzazione dei giochi olimpici. “Credo che questa questione verrà presa in considerazione molto seriamente da parte del CIO“.

Tuttavia Coates resta scettico sul reale potere dell’organizzazione olimpica di convincere le autorità cinesi a rivedere questa decisione.

Ieri un portavoce del ministero cinese degli Affari esteri ha ribadito che i siti legati a Falungong saranno inaccessibili dall’MPC.

 

In Cina, nonostante la censura politica, l’uso di internet è cresciuto in modo considerevole, con quasi 253 milioni di utenti, stando agli ultimi dati. Questi numeri piazzano il gigante asiatico al primo posto, davanti agli Stati Uniti, per numero di utenti online. E, in occasione delle Olimpiadi di Pechino, i new media, come il web e i cellulari, faranno il loro ufficiale ingresso sul mercato.

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