Pagamenti mobili? Eppur non si muovono. Fenomenologia dell’mPayment dal Sol Levante all’Italia

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In Italia 46 milioni di persone possiedono un telefonino.

Circa il 30% di questi dispone di tecnologie avanzate di connessione mobile. I dati mostrano indici nettamente superiori alle medie europee, meglio anche di Francia e Gran Bretagna.

Una simile diffusione non ha però prodotto dinamiche virtuose nel campo dei pagamenti mobili. Ancora poche sono infatti le applicazioni reali, come a Roma per il pagamento del biglietto per i mezzi pubblici via sms o a Milano per l’Ecopass.

L’esperienza del Giappone insegna che gli spazi di crescita sono ampi così come i vantaggi per cittadini e consumatori. La recente direttiva europea cui gli Stati membri dovranno uniformarsi apre così  scenari molto interessanti.

 

La Payment Service Directive, ratificata dalla Ue il 5 dicembre 2007, da recepire in Italia entro il novembre 2009, pone le basi di una potenziale rivoluzione di settore.

 

Permetterà ai soggetti non bancari l’ingresso nel sistema dei pagamenti, identificando regole comuni a tutela dei consumatori. Punto di forza: l’apertura del mercato riguarderà anche quegli stati che non dovessero recepirla.

I soggetti appartenenti a quei paesi che recepiranno la direttiva potranno infatti operare direttamente anche nei paesi che non l’avessero recepita.

 

Tale impostazione rappresenta un forte stimolo alla creazione di un sistema integrato e aperto, potenzialmente a livello europeo. Ogni paese potrà dunque sviluppare il proprio mercato facendo leva sulle eccellenze ed investendo nei settori arretrati. Questa opportunità non va sprecata, dato che oggi l’Europa mostra un apprezzabile ritardo rispetto al Giappone e, in misura inferiore, a Corea e Stati Uniti.

 

Sin dalla sua introduzione nel 2004, il successo del sistema di pagamento mobile in Giappone è il risultato della interazione virtuosa tra i differenti attori coinvolti, nel contesto di una regolamentazione minimale da parte del pubblico. Lo standard di fatto, rappresentato dalla carta contactless a circuito integrato Felica prodotta da Sony, già precedentemente utilizzata da circa 50 milioni di persone nell’e-money (carte di credito prepagate, gift cards, circuiti privativi) e per il trasporto pubblico regionale e locale, ha costituito sicuramente una efficace premessa tecnologica su cui altri fattori abilitanti hanno potuto fare leva.

 

In Giappone, oggi più di 40 milioni di individui, a prescindere dall’operatore di telefonia mobile utilizzato, possono effettuare acquisti in mobilità grazie al chip del proprio cellulare (remote payment) o più semplicemente passando il telefonino sopra appositi lettori, per esempio per entrare in metropolitana o per effettuare acquisti in alcune centinaia di migliaia di punti vendita e in più di 5.000 taxi (proximity payment).

L’esistenza di uno standard comune è di fondamentale importanza per lo sviluppo dei pagamenti mobili.

La Corea, dove il sistema del banking e dei pagamenti mobili è nato due anni prima che in Giappone, ha registrato un successo inferiore proprio perché priva di una base condivisa fra pubblico e privato e per i conflitti che hanno caratterizzato l’interazione tra le differenti aziende coinvolte.

 

“Anche grazie al particolare rapporto tra operatori mobili e produttori di device – sostiene Paolo Barbesino Managing Director di CommStrategy e responsabile del progetto Puntoitiappone – sin dall’inizio il sistema dei mobile payment giapponese si è caratterizzato per un forte livello di integrazione in un contesto di grande apertura, che a distanza di quattro anni costituisce la premessa di una penetrazione intorno al 40% e di una apprezzabile frequenza d’uso individuale.”

 

Questo fattore ha favorito l’ingresso di attori appartenenti a settori differenti, ognuno dei quali ha potuto sviluppare applicazioni specifiche per il proprio core business, che tuttavia possono interagire con un ecosistema oggi composto da più di 70 applicazioni in ambiti diversi che spaziano dal ticketing al trasporto aereo, dalla loyalty allo shopping, dal controllo accessi al marketing di prossimità.

 

L’Italia, pur presentando una penetrazione di terminali mobili di ultima generazione superiore ai maggiori paesi europei, mostra un deficit in tema di trasparenza dei servizi, ruolo del pubblico e qualità delle soluzioni di pagamento e di banking remoto. La  tendenza legislativa introdotta dall’ultimo governo di centrosinistra in merito alla restrizione dell’utilizzo del contante potrebbe favorire lo sviluppo dei pagamenti elettronici anche in mobilità, come già avviene in alcune realtà.

 

Gli esempi di pagamenti remoti di controvalore inferiore ai 10 euro, posti in essere di recente per l’erogazione di servizi pubblici, (a Roma l’acquisto dei biglietti dei mezzi municipali, a Milano l’Ecopass), possono rappresentare un punto di partenza per lo sviluppo di standard di fatto, anche se con un gap tecnologico evidente rispetto allo scenario giapponese.

Un futuro in cui una parte crescente dei pagamenti possa avvenire tramite telefonia mobile, attraverso l’addebito diretto sul proprio conto corrente o su strumenti equivalenti, con un notevole aumento della sicurezza delle transazioni e  rischi minori per i consumatori, potrebbe non essere così lontano. A patto che il pubblico sappia integrare e sviluppare la propria azione in parallelo al mercato privato dei servizi, e che le aziende non intraprendano la strada di soluzioni chiuse e non interoperabili, magari con il beneplacito delle associazioni di categoria.

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