La Fotonica per le NGN: portare la fibra ottica il più vicino possibile all’utente

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Francesco Matera, Fondazione Ugo Bordoni

Italia


NGN

Reti di nuova generazione (o Next Generation Networks) è un termine molto ampio per indicare l’insieme delle reti di TLC che sono previste per i prossimi 5-10 anni e che prevedono alcune evoluzioni chiave come la convergenza dei servizi (triple e quadruple play) e il trasporto su pacchetti IP (All IP).

In uno scenario in continua evoluzione, dove il protagonista principale risulta essere lo sviluppo della larga banda, sia fissa che mobile, le innovazioni tecnologiche riguarderanno profondamente la sezione di accesso della rete per garantire ad ogni utenza capacità superiori ai 50 Mb/s, che dovranno però essere accompagnate da un contemporaneo adeguamento della rete di trasporto.

Per queste capacità la fotonica ha un ruolo primario e cerchiamo quindi di capire per ogni segmento della rete quali saranno le relative innovazioni.

 

La Fotonica per la larga banda: la rete di backhaul e di accesso

 

Oggi in Italia è ancora presente un forte digital divide, in parte dovuto alla mancanza di adeguate connessioni delle centrali telefoniche alla dorsale della rete (rete backhaul). In particolare occorrono interventi per l’adeguamento di circa 2800 centrali di Telecom Italia che richiederebbero un collegamento in fibra ottica (o comunque un collegamento ad altissima capacità) alla rete backbone. Per realizzare questo intervento si stima che occorrerebbero investimenti dell’ordine del miliardo di Euro. Questi investimenti dovrebbero garantire, almeno in teoria, una copertura totale per garantire a tutti gli utenti di avere a disposizione una banda di qualche Mb/s.

Il passaggio alle NGN richiede però ben altro, in quanto la rete di accesso attuale è basata sul doppino telefonico, con topologie attuali che non possono permettere i 50 Mb/s, ma anche capacità inferiori ai 20 Mb/s rischiano di essere non garantite quando a regime troppi utenti usufruiranno contemporaneamente di grosse quantità di informazioni, creando disastrose interferenze tra i doppini stessi.  Le interferenze sono un problema enorme specialmente per le connessioni che vanno dalla centrale al primo armadio di ripartizione, dove un singolo cavo può contenere anche centinaia di doppini.

Ecco quindi la prima necessità: portare la fibra ottica il più vicino possibile all’utente, o almeno al primo armadio, e questo richiede ovviamente degli enormi investimenti. Ma ormai è chiaro che nel momento in cui gli investimenti devono esser fatti occorre pensare a degli investimenti che durino nel tempo, e quindi occorre dare un prodotto agli utenti che sia il più possibile “definitivo”, quanto meno bisogna pensare di abilitarlo ai servizi IPTV anche in modalità alta definizione e quindi ecco la necessità di una banda di decine di Mb/s. Le tecnologie in rame, con il VDSL e il VDSL2, consentono questa capacità ma con connessioni in rame sempre più corte (100 e 200 m ) e quindi ecco la necessità di portare la fibra almeno a livello di marciapiede, o secondo armadio di ripartizione (Fiber to the curb, FTTC) o meglio dentro l’edificio (FTTB), o comunque dentro un luogo “chiuso”, certamente più sicuro e dotato di alimentazione (in quest’ultimo caso si parla di Fiber to the Premiser, FTTP).

La prima soluzione è quella di connettere ogni utente con una fibra alla centrale; il vantaggio in questo caso è che la capacità dell’utenza può essere gestita  più facilmente fornendo ad ogni premiser connessioni da 100 Mb/s fino a 10 Gb/s. All’interno di ogni premiser le comunicazioni sono gestite come in ogni rete LAN. La complessità nella commutazione e la gestione di un eventuale unbundling è fatta direttamente in centrale.

La seconda soluzione è basata  sulla Passive Optical Network (PON) che in alcuni Paesi è ben consolidata. Le versioni attuali (EPON e GPON) possono portare una capacità totale  di 1 o 2 Gb/s ad un raggruppamento di qualche decina di interfacce (ONU). E’ una rete che è sorta inizialmente principalmente per servizi broadcast e che va oggi opportunamente dimensionata se vogliamo considerare accessi per l’utenza di 50 o addirittura 100 Mb/s. Peraltro per questo tipo di rete andrebbero rivisti i concetti di unbundling in quanto non sarebbe facile lo scollegamento del ramo di una utenza  dall’albero che ha le sue radici nelle centrale. Le esigenze di banda potrebbero saranno soddisfatte passando a sistemi di trasmissione con maggiori capacità (10, 40 o 100 Gb/s o GbE) o utilizzando le tecniche WDM (WDM PON) e queste tecniche trasmissive potrebbero portare alla definizione di nuove forme di unbundling, per esempio basate sulle porzioni di frequenze disponibili nelle fibre ottiche.

 

La Fotonica per la rete metro e backbone

 

Le caratteristiche essenziali delle reti MAN e backbone è che stanno divenendo sempre più reti tutte “ottiche” nel senso che non solo è ottica la trasmissione dei segnali ma in ottica sarà anche il processamento dei segnali stessi. Sia nelle reti dorsali che nelle reti di raccolta le tecniche ottiche hanno avuto già un ruolo fondamentale sin dagli inizi degli anni novanta e negli ultimissimi anni si è assistito all’installazione di sistemi con capacità sempre più alte sia singolo canale (10 Gbit/s) che multicanale (WDM).

Le nuove reti di telecomunicazioni dovranno essere realizzate con la presenza di tecniche in grado di assegnare molta banda in maniera rapida e automatica rispondendo in maniera molto efficiente alla richiesta degli utenti. Questa rivoluzione avverrà sotto diversi aspetti, non necessariamente disgiunti tra loro, ma tutti con due fattori comuni: uso di tecniche ottiche e paradigma di riferimento basato sul protocollo IP. Secondo la nostra visione l’evoluzione di queste reti avverrà secondo modalità che possono essere riassunte in tre temi:

 

i)                    Collegamento tra  nodi;

ii)                   piano di controllo della rete;

iii)                 processamento del segnale.

 

Vediamo nel dettaglio questi aspetti

i)                    Collegamento tra i nodi

I collegamenti tra i nodi sfrutteranno in gran parte i collegamenti in fibra ottica già esistenti e l’incremento della capacità avverrà mediante l’introduzione sia di sistemi singolo canale con capacità sempre più elevate (dai 10 Gbit/s ai 40 Gbit/s, fino al 100 Gb/s) e di sistemi WDM e DWDM. Verranno utilizzate tecniche ottiche particolari per adattare le fibre già presenti alle esigenze dei nuovi sistemi come ad esempio la compensazione della dispersione cromatica nelle fibre G.652 e l’amplificazione ottica in banda L nelle fibre G.653, o utilizzando nuovi formati di modulazione per sistemi ad alto bit rate. Tuttavia non sono escluse anche installazioni di nuovi cavi,  che avverranno per due precise ragioni: da una parte l’uso di nuove fibre, denominate G.655, realizzate proprio per sistemi WDM ad alta capacità, dall’altra per la realizzazione di topologie che permettono una protezione e una ingegneria del traffico migliore.

 

ii) Piano di controllo

 

Come detto in precedenza una delle caratteristiche fondamentali delle reti di nuova generazione sarà quella di poter fornire una assegnazione di risorse, o banda, in maniera automatica e dinamica per far fronte alle esigenze del traffico internet. Attualmente vi sono due proposte di architettura che sono la Generalised Multi Protocol Label Switching (GMPLS), definita nell’ambito dell’Internet Engineering Task Force (IETF), e la Automatic Switched Optical Network (ASON), definita in ambito ITU-T.

I principi dell’architettura GMPLS risiedono nella tecnica MPLS, ormai ben consolidata, che permette l’instradamento dei pacchetti in maniera più efficiente grazie alla creazione di domini in una rete  all’interno del quale l’indirizzamento è effettuato grazie ad una particolare etichetta numerica aggiunta al pacchetto stesso.

L’aspetto più rilevante della architettura GMPLS/ASON è che permette una assegnazione automatica di banda, che avviene mediante una verifica da parte di un piano di controllo sullo stato delle risorse tra i nodi e permette di instaurare i collegamenti in tempi estremamente veloci.

 

iii)              Processamento del segnale

Con la crescita della capacità il processamento dei segnali dovrà sempre più confrontarsi con i colli di bottiglia dell’elettronica e quindi sembra sempre più indispensabile il ricorso alla elaborazione ottica. Oggi questo già parzialmente avviene nella rete backbone con i sistemi WDM, in cui  grazie ai dispositivi Optical Add Drop Multiplexer (OADM) i canali ottici vengono inseriti ed estratti dalla rete. Gli OADM sono dispositivi base per gli anelli ottici e la ricerca sta cercando di far drasticamente scendere il loro prezzo. Un’altra classe di dispositivi per le nuove reti sono gli Optical Cross Connect (OXC) che sono dispositivi che permettono lo scambio di segnali all’interno di matrici con moltissime porte. Nelle reti del futuro i nodi saranno connessi tra loro realizzando diverse topologie, e per ragioni di ripristino e instradamento è certo che dovranno avere molti ingressi/uscite.

Un altro dispositivo chiave sarà il convertitore di frequenza che dovrà permettere il cambiamento del colore del segnale secondo le esigenze di traffico, di congestione della rete e di ripristino.

Infine un altro dispositivo importante per la rete ottica di trasporto è il rigeneratore ottico 3R che è quello che permette di “ripulire” un segnale. Il 3R sta ad indicare 3 processi che devono avvenire sul segnale e che sono l’amplificazione, la risagomazione dell’impulso e l’eliminazione delle fluttuazioni nel tempo.

 

Mediante tutti questi dispositivi un segnale può partire da un nodo sorgente e arrivare alla destinazione finale, percorrendo la rete sempre a livello ottico, casomai cambiando la sua frequenza.

Le potenzialità delle tecniche fotoniche ci fanno immaginare reti con router fotonici in grado di inviare pacchetti con colori diversi; questo è il principio di una rete molto innovativa, basata sul cosiddetto Optical Packet Switching (OPS), che comunque è una tecnica che non sarà disponibile nell’immediato futuro, poiché gli switch ottici ancora non sono così veloci come richiesto nell’OPS.

Una via intermedia tra la commutazione di circuito attuale e quella del OPS è data dall’Optical Burst switching (OBS), che prevede la realizzazione di router che creano pacchetti “grossi” dall’aggregazione di pacchetti più piccoli e trasmessi su specifiche l, con un controllo che viaggia separatamente e permette di comandare la commutazione nella rete. Anche in questo caso siamo comunque di fronte a grosse difficoltà tecnologiche che vedono ancora lontana l’applicazione dell’OBS per le reti di TLC.

La Fotonica ci fa quindi pensare che nel futuro il processamento ed l’instradamento sarà tutto a livello ottico, cioè a livello fisico e se vogliamo confrontarci con la Pila OSI , questo è il livello 1. Oggi il processamento dei segnali avviene invece tra il livello 3 (IP) e il livello 2.5 con l’MPLS. Tra l’1 e il 2.5 c’è un processamento a livello 2, e cioè a livello Ethernet, che è attualmente uno dei maggiori campi di indagine presenti nelle reti TLC, per realizzare quello che oggi viene definito “Carrier Ethernet”. Sono stati fatti tanti passi verso questo obiettivo e uno step molto importante è stato fatto con il Virtual Private LAN service, che è una evoluzione dell’MPLS che permette di creare VPN di livello 2. Non è comunque ancora una tecnica propria di livello 2. Le soluzioni verso il target di livello 2 sono il Transport MPLS (T-MPLS) e soprattutto il Provider Backbone Transport (PBT). Con il PBT dovrebbe avvenire una grossa semplificazione della rete perché molti apparati di livello 3 (router) potrebbero essere sostituiti da apparati di livello 2 (switch).

 

La fotonica per l’integrazione wireless-wireline

 

E’ chiaro come la Fotonica potrebbe aiutare molto lo sviluppo delle reti wireless, specialmente per l’alimentazione delle Base Station (BS). Con l’avvento di trasmissioni mobili con capacità sempre maggiori saranno necessarie celle sempre più piccole in grado di offrire capacità condivise sempre più grandi. L’alimentazione di queste BS potrebbe quindi avere enormi vantaggi da una rete capillare in fibra ottica, condividendo almeno in parte la futura rete in fibra ottica. In questo ambito la tecnica WDM aiuterebbe a suddividire sulle stessa infrastruttura i servizi wireline da quelli wireless.

Ma anche le reti dei broadcaster potrebbero avere una diversa struttura se venissero utilizzate le comunicazioni ottiche, innanzitutto per connettere le antenne trasmettitrici eliminando i ponti radio e questo risulterebbe particolarmente importante pensando alla diffusione della TV ad alta definizione.

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