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Web Vs media tradizionali: il Capital Times abbandona la carta e si concentra solo su internet

Stati Uniti


Qualcuno l’aveva previsto da tempo: internet assume un ruolo sempre più importante come fonte di informazione primaria e a farne le spese sarà la carta stampata.

Un primo riscontro di questa predizione, pronunciata nel 2006 dall’editore del New York Times Arthur Sulzberger, si è infine avuto: il quotidiano statunitense The Capital Times, fondato nel 1917 da William T. Evjue, abbandona l’edizione cartacea per concentrarsi esclusivamente su quella online.

 

Una decisione necessaria, per adeguarsi ai tempi che cambiano, ma non per forza da attribuire esclusivamente alla predominanza di internet: in un lungo editoriale, Jane Burns spiega infatti che “…i giornali hanno cominciato a morire prima che questa cosa chiamata internet fosse inventata”.

La questione, sottolinea Burns, non riguarda solo il Capital Times né soltanto, più in generale, il mondo dei media, quanto piuttosto “l’indifferenza come questione culturale”, che ha ormai fatto perdere interesse nell’importanza di battersi per un’informazione libera da interessi di parte.

 

“I nostri lettori – spiega Burns – si chiedono come abbiamo fatto a finire nel caos della guerra in Iraq. Accusano di volta in volta i democratici o i repubblicani…ma intanto i leader di governo possono connettere l’Iraq a quello che gli pare perchè la maggioranza del pubblico si annoia a informarsi abbastanza per capire la differenza”.

 

Certo, i media non sono del tutto incolpevoli di questa emorragia di lettori: troppo gossip per sviare i lettori dalle questioni più importanti, troppa poca resistenza alle richieste di editori sempre più orientati al mero profitto hanno creato sfiducia verso i mezzi di informazione.

 

E in questo senso, internet non può che rivelarsi un prezioso alleato. “L’avanzata del citizen journalism, l’impegno individuale e la mancanza di confini potrebbero essere la soluzione per un’informazione veritiera se questi fattori verranno gestiti in maniera sistematica e credibile”.

 

Una sfida, insomma, perseguita sì in nome della libera informazione, ma anche a causa di vendite sempre più deboli, con una distribuzione scesa dalle 40 mila copie degli anni sessanta alle attuali 18 mila. E così il Capital manterrà solo due edizioni cartacee a settimana: una guida gratuita agli spettacoli e una sezione di notizie distribuite dalla testata conservatrice The Wisconsin State Journal. 20 i giornalisti che perderanno il posto a causa di questa scelta, mentre anche il New York Times si appresta a mettere in atto il più grande taglio di personale dei suoi 156 anni di storia, mandando a casa circa 100 giornalisti.

 

L’editore del Capital Times, Clayton Frink, spiega infatti che la tendenza ormai è questa, e non solo negli Usa, dove negli ultimi sei mesi le copie dei quotidiani vendute hanno segnato un calo del 3,5% che non ha risparmiato nessuno: ne hanno risentito il New York Times, ma anche il Washington Post e il Los Angeles Times.

Solo il Wall Street Journal, recentemente entrato nell’impero di Rupert Murdoch, e Usa Today restano in crescita, ma con percentuali che non arrivano all’1%.

E anche Rupert Murdoch, alcuni mesi fa aveva ribadito la sua convinzione che i media tradizionali sono destinati a sparire, asserendo che i giovani scelgono sempre meno i giornali cartacei preferendo il web.

 

L’ampia diffusione della banda larga permette, infatti, ai tradizionali lettori della carta stampata di passare molto più tempo online, mentre i giovani che non hanno stabilito ancora un rapporto di fidelizzazione con un quotidiano, passano più facilmente e in maniera diretta all’informazione online. E’ chiaro che i quotidiani dovranno adattarsi all’evolversi dei tempi e pensare molto di più alle rete.

 

A non essere d’accordo sulla prospettiva di una graduale ma inesorabile sconfitta dei media tradizionali di fronte alla rete è invece Steven Johnson, giornalista, scrittore e autore di bestseller sugli scenari offerti dall’era digitale.

 

Johnson, che ha una cattedra alla scuola di giornalismo della New York University e pubblica le proprie analisi su Wired, New York Times Magazine e vari altri giornali, ha precisato che “…La rilevanza culturale dei quotidiani è destinata ad aumentare, ma cambierà il modello con cui fanno business”, sottolineando come stia crescendo la massa di lettori di giornali autorevoli come New York Times e Washington Post, attraverso i loro siti Internet.

 

E anche nel caso dei libri, la Rete è un incentivo, non un nemico, abilitando nuove forme di collaborazione e di produzione e fenomeni – come quello dell’expanding (l’enorme produzione di sviluppi della trama da parte di lettori) e l’uso dei blog – che secondo Johnson sono tra i fattori che stanno incrementando, non diminuendo, l’approccio alla lettura.

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