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Google: la Ue dà il via libera all’acquisizione DoubleClick, ma è ancora allarme sul fronte della privacy

Unione Europea


La Commissione europea ha dato il via libera all’acquisizione di DoubleClick da parte di Google.

Un’operazione contestata e controversa, sulla quale la Ue aveva aperto un’indagine approfondita, per appurare eventuali problemi di concorrenza sui mercati della commercializzazione e della gestione degli annunci pubblicitari online.

  

L’inchiesta, ha quindi spiegato la Commissione, “ha permesso di concludere che l’operazione non avrà probabilmente alcun effetto dannoso sui consumatori sia sul mercato della diffusione pubblicitaria che in quello dell’intermediazione dell’advertising online”.

  

Anche per l’Antitrust americano – che si era pronunciato a dicembre – “…non ci sono le basi per imporre delle condizioni a questa fusione”.

  

Ovviamente soddisfatto il Ceo di Google Eric Schmidt, secondo cui l’acquisizione – per la quale il re dei motori di ricerca ha messo sul piatto 3,1 miliardi di dollari – permetterà alla società di possedere la “principale piattaforma di display advertising, in grado di far progredire il mercato in termini di tecnologia ed infrastrutture, aumentando notevolmente l’efficacia, la misurabilità e le performance dei media digitali per i publisher, gli inserzionisti pubblicitari e le agenzie e migliorando al contempo la rilevanza degli annunci pubblicitari per gli utenti finali”.

  

Un’acquisizione strategica, dunque, per il business del re dei motori di ricerca, ma che ha suscitato molte polemiche tra i concorrenti, le autorità e le associazioni dei consumatori europee che hanno più volte espresso la preoccupazione che l’accordo possa avere un impatto negativo sulla selezione dei contenuti online a disposizione dei consumatori e sulla privacy.

  

E ieri, il gruppo liberaldemocratico al Parlamento europeo (Alde) ha chiesto al commissario Ue alla Giustizia, Libertà e Sicurezza, Franco Frattini, di continuare a vigilare sulla privacy degli internauti dal momento che il business della raccolta e dell’utilizzo dei dati personali a scopi commerciali “si sta trasformando in un mercato appetitoso”.

  

“Le informazioni sui clienti, i loro comportamenti e le loro preferenze sono essenziali per l’interesse concorrenziale di molte imprese”, ha dichiarato la deputata olandese Sophie In’t Veld nel corso di un dibattito nella plenaria di Strasburgo, sottolineando che “…la protezione dei dati personali e la politica di concorrenza sono strettamente legate nella fusione Google/DoubleClick”.

  

Il timore è che il motore di ricerca più popolare del mondo, potenzi il proprio dominio nella web search per keyword contando sul potere di DoubleClick nel display advertising, ma anche su quello di YouTube nel settore video.

Le due società hanno a disposizione banche dati complementari con informazioni private e insieme, potrebbero creare degli archivi senza confronto.

  

Anche il gruppo di lavoro della Commissione europea ‘Articolo  29, ha indirizzato una lettera ai vertici della società per sottolineare le preoccupazioni legate alla tutela della privacy.

  

Timori che si sono fatti sentire anche oltreoceano, dove la Electronic Privacy Information Center (Epic) – insieme ad altre associazioni – ha inviato una lettera alla FTC per chiedere maggiore tutela della privacy dei cittadini alla luce dell’accordo. Anche secondo Epic, l’acquisizione di Doubleclick permetterebbe a Google di monitorare e conservare i dati relativi alle ricerche effettuate e ai siti visitati, con conseguenze disastrose per la riservatezza di dati degli oltre 1,1 miliardi di utenti internet.

  

Per Marc Rotenberg di Epic, l’acquisizione di DoubleClick abbatterà inoltre la concorrenza, “…in quanto i dati reciproci verranno assimilati, con conseguente rischio per la riservatezza”.

  

La Commissione ha comunque sottolineato che la decisione di autorizzare il progetto di fusione si basa esclusivamente su valutazioni legate al regolamento comunitario sulle concentrazioni.

Il via libera, insomma, “non ha alcuna incidenza sugli obblighi dell’entità che nascerà dalla fusione in merito al rispetto della privacy e dei dati personali”.

  

Ma perché ai motori di ricerca interessano così tanto i dati degli utenti? Secondo Google, queste informazioni servono a dare agli utenti un servizio più accurato ma la realtà è che per molte aziende internet è diventato uno strumento impareggiabile per comprendere i comportamenti dei consumatori e adeguare prodotti e pubblicità alle esigenze mutevoli del mercato.

Dietro la gratuità di molti servizi offerti agli internauti c’è infatti un tranello: non si paga ma si accetta di essere ‘seguiti’ su tutto il web, così che la navigazione diventi tesoro per gli esperti del cosiddetto ‘marketing comportamentale’, i quali usano dati per eventuali aggiustamenti dei prodotti o delle campagne pubblicitarie. Come dire: “Facciamo arrivare la pubblicità di cibo per animali a chi ha un cane”.

  

“Questi servizi hanno un prezzo – mette in guardia Cornelia Kutterer, rappresentante dell’associazione europea dei consumatori (BEUC) – la perdita della privacy”.

“Spesso – aggiunge – molti internauti pensano che internet sia più privato di quanto non lo sia in realtà”.

   

Secondo l’ultima indagine ComScore, commissionata dal New York Times, i cinque maggiori player del web – Google, Microsoft, Yahoo!, AOL e MySpace – hanno raccolto soltanto nel mese di dicembre 2007 qualcosa come 336 miliardi di dati ‘sensibili’ (siti visitati, ricerche ed acquisti effettuati;  video visionati, ecc.) e da questo computo sono esclusi pubblicità e annunci. 

  

La società più spiona risulta essere Yahoo!, con 110 miliardi di informazioni immagazzinate nei suoi server, pari a circa 811 informazioni a utente al mese, senza contare i dati immessi nei siti partner come eBay. A sorpresa, invece, Google, che doveva essere il più spietato dei Big Brothers, è ‘solo’ al quarto posto con 578 dati singoli su un visitatore medio al mese, contro i 1.229 di MySpace e i 610 di AOL.

“Molti degli accordi stipulati negli ultimi anni dalle maggiori web company vertono proprio sui dati”, ha dichiarato al NYT David Verklin, Ceo dell’agenzia di advertising Carat Americas, a conferma che più i giganti internet hanno dati in possesso, più ne vogliono.

  

La Commissione europea sta comunque lavorando a una proposta per fornire maggiori informazioni ai consumatori in particolare nel caso di ingerenza nella sfera privata e perdita di dati sensibili.

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