Dopo la sentenza di Europa 7, urgente modificare la legge radioTv. La Ue pronta ad adire la Corte di Giustizia?

di Raffaella Natale |

Italia


Commissione europea

La sentenza della Corte di Giustizia Ue a vantaggio Europa 7 fa ancora discutere l’Italia. Una grande vittoria, che fa guarda in una ottica diversa il mercato televisivo e apre a nuove possibilità per i broadcaster per garantire il giusto pluralismo.

Chiaro che esiste un problema di regole, che vanno modificate rapidamente, come lo stesso direttore generale della Rai, Claudio Cappon, ha riferito in un’intervista concessa alla stampa.

“…Un problema di regole esiste: c’é il rischio reale che se non si risolve il problema delle frequenze, il digitale in Italia ritarderà o forse si bloccherà del tutto”.

 “…Secondo noi serve la separazione tra il broadcaster e gestore dell’infrastruttura come avvenuto in tutto il resto d’Europa con la creazione di un operatore di grandi dimensioni che fornisca i servizi a una pluralità di soggetti televisivi”.

 

Il Commissario Ue per i Media e la Società dell’informazione, Viviane Reding, ha accolto con grande favore la sentenza e ha chiesto alle Autorità italiane di applicarla rapidamente e di portare flessibilità e giusta concorrenza nel sistema italiano di assegnazione delle frequenze radio.

“…I primi passi in questa direzione sono stati già proposti, ma il completamento di questo processo legislativo in Italia è ancora pendente”.

“…La sentenza – ha aggiunto il Commissario – è un chiaro segnale a favore dell’effettiva concorrenza, dell’accesso equo e non discriminatorio alle radiofrequenze e di una maggiore scelta da parte dei consumatori riguardo ai servizi di comunicazione basati sulla trasmissione via spettro delle frequenze”.

Per la Reding, è ormai chiaro che, secondo il diritto Ue, “…gli Stati membri non devono usare l’assegnazione delle radiofrequenze per congelare la strutturazione del mercato nazionale o per proteggere la posizione degli operatori già attivi sullo stesso mercato”.

 

Il verdetto della Corte, inoltre, “…rafforza il principio di non discriminazione e di trasparenza per l’assegnazione delle frequenze da parte degli Stati membri”, che deve avvenire, “sulla base di criteri chiari”, e conferma, ha sottolineato la Reding, “…che il regime italiano per la gestione della transizione dalla Tv analogica a quella digitale favorisce gli operatori esistenti riservando loro un diritto prioritario, in esclusiva, senza limiti di tempo e senza obbligo di restituzione delle frequenze usate in analogico eccedenti dopo il completamento della transizione” alla trasmissione televisiva in tecnica digitale.

 

Ma c’è ancora qualcos’altro, il Commissario ha spiegato che “…il regime italiano impedisce anche l’ingresso di nuovi operatori nei servizi Tv di trasmissione digitale, in quanto solo gli operatori esistenti sono stati autorizzati a entrare in questo mercato durante il periodo transitorio previsto per lo ‘spegnimento’ delle trasmissioni analogiche”.

A riguardo, ha ricordato che la Commissione Ue “…ha già aperto una procedura d’infrazione contro l’Italia riguardo alla cosiddetta legge Gasparri, che durante il periodo transitorio opera una discriminazione a favore delle emittenti già esistenti sul mercato”.

 

La procedura d’infrazione di Bruxelles, aperta nel luglio 2006 e proseguita con un parere motivato il 18 luglio scorso, è sarebbe ormai imminente, questione di settimane secondo alcune indiscrezioni, il ricorso alla Corte di Giustizia.

L’Antitrust Ue, dopo aver atteso a lungo l’approvazione della legge Gentiloni, aspettava proprio la sentenza di ieri, richiesta dal Consiglio di Stato italiano, per far cadere gli ultimi indugi e adire la Corte.

 

Francesco Di Stefano, patron di Europa 7, ha vinto la sua battaglia, facendo valere davanti alla Corte di giustizia europea i diritti della sua emittente, che nel ’99 si è aggiudicata una concessione nazionale televisiva e da allora aspetta le sue frequenze per poter trasmettere.

 

La gara è avvenuta dopo che la legge Maccanico ha fissato il tetto del 20% per il possesso delle reti nazionali, coinvolgendo così sia Mediaset che la Rai, proprietarie ciascuna di una rete di troppo. Nel novembre del 2002 la Corte Costituzionale ha stabilito che Rete4 doveva dismettere definitivamente le trasmissioni terrestri entro il 31 dicembre 2003.

Ma il Tar ha respinto il ricorso di Di Stefano, che ha chiesto l’accertamento del suo diritto a ottenere l’assegnazione delle frequenze e un risarcimento danni.

 

Europa 7 si è quindi rivolta al Consiglio di Stato, dinanzi al quale la causa pende attualmente, che ha chiesto parere alla Corte europea sull’interpretazione delle disposizioni di diritto comunitario relative ai criteri di assegnazione di radiofrequenze.

 

Il giudice del rinvio, ha spiegato la Corte europea, sottolinea che il piano nazionale di assegnazione delle frequenze non è mai stato attuato per ragioni essenzialmente normative, che hanno consentito agli occupanti di fatto delle frequenze di continuare le loro trasmissioni, nonostante i diritti dei nuovi titolari di concessioni.

 

La nota Ue ha chiarito che “…Le leggi succedutesi, che hanno perpetuato un regime transitorio, hanno avuto l’effetto di non liberare le frequenze destinate a essere assegnate ai titolari di concessioni analogiche e di impedire ad altri operatori di partecipare alla sperimentazione della televisione digitale”.

“…L’applicazione in successione dei regimi transitori (…) ha avuto l’effetto di impedire l’accesso al mercato degli operatori privi di radiofrequenze (…) Tali regimi hanno avuto l’effetto di cristallizzare le strutture del mercato nazionale e di proteggere la posizione degli operatori nazionali già attivi su detto mercato”.

 

Adesso Di Stefano aspetta “…di essere risarcito dallo Stato per i danni che ho subito e poi di avere finalmente le frequenze per cominciare a trasmettere”.

“…Abbiamo gli studi televisivi più grandi d’Europa: tremila metri quadrati” e l’obiettivo è di fare “…una Tv libera. Non c’è e non c’è mai stata in Italia”.

Riguardo alla tranquillità di Mediaset di fronte la sentenza, Di Stefano ha commentato che la società “…sbaglia profondamente quando sostiene che la sentenza si riferisce esclusivamente ad una domanda di risarcimento danni proposta da Europa 7 contro lo Stato italiano. La sentenza si riferisce invece alle frequenze”.

“…Ora – ha aggiunto – la palla passa al Consiglio di Stato ma, è ormai chiaro, ci devono dare le frequenze come era lampante sin dal primo momento ed è francamente allucinante e grottesco tutto quello che è accaduto”.  

 

Adesso Europa 7, come ha giustamente sottolineato il legale Ottavio Grandinetti a Key4biz, attende che “si intervenga per risolvere l’anomalia del mercato televisivo italiano“, dove Rete4 continua a trasmettere nonostante Mediaset superi i limiti antitrust stabiliti dalla Legge Maccanico.

“Si parla sempre di concorrenza e pluralismo – ha detto Grandinetti – ma sul mercato dell’analogico resta incontrastato il duopolio Rai-Mediaset”.

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