Nokia, disconnecting people. Si acuisce lo scontro col governo tedesco dopo la chiusura di Bochum, ma la decisione  è ‘irrevocabile’

di Alessandra Talarico |

Germania


Nokia

Circa 2.300 lavoratori tedeschi rischiano di perdere il posto in seguito alla decisione di Nokia di chiudere lo stabilimento di Bochum per spostare la produzione in Romania.

Lo stesso cancelliere tedesco, Angela Merkel, si è detto “scandalizzato” per la decisione del gruppo finlandese, che tocca da vicino i dipendenti dello stabilimento e un altro migliaio di lavoratori dell’indotto, nonostante le rassicurazioni giunte dal patron di Nokia Olli-Pekka Kallasvuo il quale si è impegnato ad agire “in maniera responsabile” verso i lavratori.

 

“Ho detto chiaramente – ha dichiarato la Merkel – che trovo incomprensibile la politica di comunicazione della società e altre questioni al riguardo”.

 

Temendo, forse, l’assalto dei giornalisti tedeschi a Helsinki la direzione del gruppo ha quindi deciso di annullare la conferenza stampa prevista giovedì per la pubblicazione dei risultati finanziari del 2007. Si terrà solo una conferenza telefonica con gli analisti, che stimano per Nokia un risultato globale di circa 6,7 miliardi di euro.

 

Ieri, intanto, più di 15 mila persone hanno sfilato per le vie di Bochum fino allo stabilimento Nokia, per manifestare solidarietà ai lavoratori che rischiano di essere penalizzati dalla decisione di spostare la produzione in Romania, dove il costo del lavoro è 10 volte inferiore rispetto alla Germania.

 

Lo slogan favorito dai manifestanti è stato, con non poca amara ironia, “Nokia: disconnecting people”.

 

“Non capisco – ha detto uno dei lavoratori dello stabilimento – lavoro qui da 13 anni ma ho saputo tutto dalla radio quando la decisione era già stata presa. Eppure andavamo bene e facevamo un buon fatturato. Quello che hanno detto non è tutto”.

 

Palpabile la rabbia di chi per anni ha contribuito anche ad abbassare i costi per tenersi il lavoro, rinunciando alle ferie e accettando ore di straordinario e flessibilità.

“A marzo credevamo di ricevere un premio per i nostri buoni risultati, invece arriva la lettera di licenziamento”, ha dichiarato Gisela Achenbach, responsabile sindacale di Nokia.

 

Al corteo hanno partecipato anche gli operai Opel, Ford e Thyssenkrupp – il gruppo diventato tristemente noto anche in Italia per la morte dei 7 operai della Linea 5 – perché, ha spiegato Theodor Rick, 42 anni, operaio alla Ford, “…non si tratta solo di Nokia, potrebbe succedere anche a noi esattamente la stessa cosa”.

 

“La costituzione tedesca proclama che la proprietà privata deve servire l’interesse generale e questo vale anche per Nokia. Se i dirigenti hanno ancora un minimo di decenza dovrebbero rivedere la decisione“, ha tuonato Berthold Huber, a capo di IG Metall il sindacato dei metalmeccanici tedeschi e la più grande associazione di categoria d’Europa.

 

Il settore tedesco delle telecomunicazioni è stato molto colpito negli ultimi anni. Nel 2006, 3 mila operai hanno perso il posto in seguito al fallimento di BenQ mobile, un anno dopo che la società era stata acquisita da Siemens.

 

Attestati di solidarietà ai lavoratori sono giunti da tutte le correnti politiche del Paese, e la stessa Commissione europea ha fatto sapere che non abbandonerà i dipendenti dello stabilimento in chiusura, perché nessuno Stato dovrebbe affrontare da solo le ripercussioni della globalizzazione.

 

Per il commissario europeo all’industria, Günter Verheugen, il caso Nokia deve indurre alla riflessione sulle politiche di aiuti alle imprese.

“Invece di dare aiuti finanziari alle imprese private, quei soldi dovrebbero essere utilizzati per l’educazione, la formazione e la costruzione di infrastrutture eccellenti”, ha dichiarato Verheugen, sottolineando che “…non ha alcun senso che lo Stato paghi sovvenzioni per attirare le imprese”.

 

La decisione di chiudere lo stabilimento di Bochum ha avuto comunque – come era prevedibile – un grave contraccolpo sull’immagine Nokia in Germania.

Sicuramente sulla scia dell’emotività, ma anche con una buona dose di rabbia, più della metà dei tedeschi dichiara di non volere più un telefonino prodotto dal gruppo, mentre il 68% ritiene che l’immagine della società subirà serie ripercussioni nel Paese.

Risultati che non hanno affatto sorpreso il patron di Nokia, anche lui convinto che la chiusura di Bochum “influenzerà i prossimi acquisti dei tedeschi”. Si tratta dunque, per Olli-Pekka Kallasvuo, di una “reazione comprensibile”, anche se – andando via Nokia – non è che i consumatori tedeschi potranno comprare un altro cellulare made in Germany, dal momento che Nokia era l’ultima azienda ad aver mantenuto la produzione nel Paese.

 

Nonostante le proteste e il dispiacere, comunque, la decisione sembra irrevocabile: “…difficilmente potranno emergere nuove informazioni in gradi di rimettere in causa la decisione”, ha aggiunto il presidente Nokia che si è detto tuttavia disponibile “a discutere con le parti interessate per cercare una soluzione”.

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