Privacy: la GDF nei call center degli operatori telefonici. Il Garante chiede nuove ispezioni a tutela dei consumatori

di Alessandra Talarico |

Italia


Francesco Pizzetti

Prosegue l’azione del Garante privacy a tutela degli utenti telefonici che sempre più numerosi segnalano costi e disagi derivanti da un uso scorretto dei loro dati personali da parte dei call center dei principali gestori italiani: Telecom Italia, Tele2, Fastweb, Wind, Eutelia, Tiscali.

 

La Guardia di Finanza ha infatti effettuato, su richiesta dell’Autorità, una serie di ispezioni in circa 80 call center in tutta Italia, al fine di accertare il rispetto delle norme sulla protezione dei dati personali e del provvedimento emanato dall’Autorità a giugno per tentare di porre fine agli abusi e alle pratiche illecite perpetrate nei confronti dei consumatori.

 

Le società che gestiscono i servizi di marketing per conto dei gestori telefonici italiani, infatti, sono al centro di forti polemiche per l’abitudine non solo di chiamare a tutte le ore e di fare un uso illecito dei dati personali degli utenti, ma anche di affibbiare ai malcapitati servizi non richiesti, quali cambi di operatore, linee Internet veloci, servizi aggiuntivi vari e di solito abbastanza costosi.

 

Fino a ora, agli operatori telefonici sono state applicate 60 sanzioni, per un totale di circa 260 mila euro.

 

Le sanzioni sono frutto dell’applicazione del provvedimento generale dello scorso anno cui avevano fatto seguito cinque specifici provvedimenti lo scorso giugno, con i quali il Garante privacy aveva imposto a gestori e call center di interrompere i comportamenti illeciti.

Dalle ispezioni effettuate presso i call center, sia interni che esterni, è emerso infatti che la maggior parte dei call center non informavano adeguatamente le persone contattate o operavano addirittura senza dire all’utente che si stavano raccogliendo i suoi dati, per quali finalità venivano usati, se era obbligato o meno a comunicarli, quali erano i suoi diritti.

 

Nella maggior parte dei casi è stato sufficiente che chiunque, un figlio, un collaboratore di famiglia, rispondesse al telefono e senza dare alcun assenso a quanto veniva proposto, perché venissero attivati servizi mai richiesti con conseguenti fatturazioni di costi in bolletta, distacco, anche per alcuni mesi, della linea telefonica, attese per il passaggio ad un altro operatore. A volte non c’è stata neanche la telefonata e l’utente si è accorto di “aver aderito” a qualche nuova offerta solo al ricevimento della bolletta.

 

I call center hanno invece l’obbligo di informare con la massima trasparenza gli utenti sulla provenienza dei dati e sul loro uso e, se richiesto, di registrare la volontà dell’abbonato di non essere più disturbato. Per omessa o inidonea informativa il Codice privacy prevede una sanzione che va da 3.000 a 18.000 euro, che può essere aumentata sino al triplo a seconda delle condizioni economiche della società.

 

Secondo i dati di Adusbef sono oltre 2 milioni i consumatori che ogni anno sono costretti a pagare servizi non richiesti, per un volume d’affare di oltre 300 milioni di euro e un costo pro-capite pari a 150 euro ad utente.

 

I profitti legati a queste politiche di marketing abusive se non a vere e proprie scelte aziendali – al netto dei reclami e delle restituzioni delle somme a quei cittadini più attenti, che una volta accortisi del bidone non si stancano di reclamare la restituzione delle somme – sono pari a circa 200 milioni di euro.

 

A marzo del 2006, il Garante aveva deciso di obbligare gli operatori ad adottare, entro il mese di maggio, misure specifiche per contrastare il fenomeno delle attivazione abusive.

I gestori telefonici e i call center, in base a queste disposizioni, avrebbero dovuto contattare soltanto le persone che avessero manifestato un preventivo consenso a ricevere chiamate e comunicazioni promozionali (indicato da appositi simboli sugli elenchi telefonici), nonché spiegare sempre e comunque agli interessati da dove fossero stati reperiti i dati personali che li riguardano e rispettare la volontà degli utenti di non essere più disturbati con offerte promozionali. Agli utenti, la possibilità di esigere di far cancellare i loro dati dal data base del call center nel quale siano stati indebitamente inseriti.

 

Ma niente è cambiato e così l’8 gennaio 2007 il Garante Privacy rafforza il suo annuncio, minacciando di chiusura i call center che continuano a effettuare chiamate ‘di disturbo’ nei confronti degli utenti.

 

E poi ancora il 15 giugno, il Garante impone ai gestori di interrompere i comportamenti illeciti e dispone che entro il 10 settembre siano adottate le misure a tutela degli utenti.

 

Anche l’Agcom, lo scorso novembre ha adottato un regolamento per la tutela degli utenti in materia di contratti a distanza conclusi per la fornitura di servizi di comunicazione elettronica, con sanzioni da 58.000 a 2.500.000 euro, disponendo, tra le altre cose, la registrazione integrale della conversazione telefonica e l’invio al recapito indicato dall’utente di uno specifico modulo di conferma, non oltre lo stesso giorno in cui il contratto inizia a esplicare i suoi effetti, nonché il divieto di fornire beni o servizi di comunicazione elettronica diversi da quelli espressamente concordati.

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