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Caso Peppermint: nelle comunicazioni elettroniche il diritto alla riservatezza prevale sulla tutela del diritto d’autore

Italia


Con due ordinanze pubblicate il 22 novembre 2007, il Tribunale civile di Roma ha confermato il suo orientamento più recente in materia di trattamento dei dati personali, affermando che nel settore delle comunicazioni elettroniche il diritto alla riservatezza dei dati personali degli utenti di servizi di telecomunicazioni prevale sulla tutela dei diritti di proprietà intellettuale su opere dell’ingegno.

 

La vicenda è nota. Peppermint, una piccola casa discografica tedesca, si è rivolta al Tribunale civile di Roma chiedendo che questo ordinasse ad alcuni operatori di telecomunicazioni, fornitori del servizio di accesso a Internet al pubblico, i dati degli utenti che avevano messo a disposizione attraverso programmi peer-to-peer brani musicali protetti da diritto d’autore, diritto di cui Peppermint medesima era titolare.

In prima battuta, salvo una eccezione rimasta isolata, il Tribunale civile di Roma ha accolto la domanda di Peppermint ed alcuni operatori telefonici sono stati costretti a consegnare i dati anagrafici di migliaia di propri clienti. Ciò ha generato un effetto a catena, ed altri titolari di diritti di proprietà intellettuale (produttori discografici e di software) hanno rivolto al Tribunale di Roma – anch’essi con successo – le medesime domande di Peppermint.

 

La giurisprudenza del Tribunale di Roma è però gradualmente cambiata nel corso dell’ultimo anno e mezzo. Al totale accoglimento delle domande dei produttori discografici che ha caratterizzato i primi provvedimenti, si è andato sostituendo un orientamento più restrittivo che, negli ultimi provvedimenti, è divenuta una vera e propria preclusione al trattamento dei dati personali degli utenti di servizi di comunicazioni elettroniche per fini diversi da quelli espressamente previsti dalle leggi vigenti in materia (scopo di repressione dei reati) e, in particolare, per finalità legate alla tutela di interessi patrimoniali privatistici, come quello alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale.

 

Sotto questo aspetto, peraltro, la giurisprudenza del Tribunale di Roma non è del tutto ferma. In alcuni provvedimenti, infatti, la ragione del divieto di trattamento è stata rinvenuta essenzialmente nell’impossibilità per il giudice civile di adottare provvedimenti come quelli richiesti, provvedimenti che sarebbero invece di competenza del giudice penale.

Nelle due ultime ordinanze, invece, il motivo del divieto è stato individuato nelle norme della legislazione di settore delle comunicazioni elettroniche, che impedirebbero il trattamento dei dati personali degli utenti per motivi connessi alla tutela di posizioni giuridiche soggettive di interesse privato e di natura patrimoniale, in una logica di contemperamento degli interessi stabilito dalla legge e ritenuto ragionevole ed equilibrato dalla Corte costituzionale. Questo orientamento, inoltre, è coerente con l’opinione recentemente espressa dall’Avv. Gen. Kokott nel caso Promusicae, all’esame della Corte di Giustizia delle Comunità europee (caso C-275/06).

 

I due ultimi provvedimenti paiono quindi consolidare l’orientamento del Tribunale di Roma in senso restrittivo.

Rimane tuttavia aperta la questione dell’uso dei dati personali degli utenti già consegnati da alcuni operatori, uso che, stando a notizie di stampa, Peppermint ha già fatto, inviando agli utenti in questione lettere di diffida alla cessazione del comportamento contestato e al pagamento in via transattiva di 330,00 Euro. Alla luce dell’orientamento espresso dal Tribunale di Roma gli utenti interessati non dovrebbero avere problemi a opporre alla richiesta di Peppermint l’inutilizzabilità dei dati personali da questa acquisiti, evitando così sgradevoli conseguenze.

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