Privacy: nuovi dubbi della Corte di Giustizia Ue riaccendono il dibattito sul contenzioso case discografiche – utenti P2P

di Alessandra Talarico |

Juliane Kokott: ‘nessuna direttiva Ue consente di comunicare a soggetti privati dati relativi al traffico delle comunicazioni se non in presenza di gravi e circostanziati motivi’

Unione Europea


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Dopo il caso Peppermint, che ha riconosciuto la prevalenza del diritto alla riservatezza quale valore fondamentale della persona, rispetto a richieste di soggetti privati, per finalità commerciali connesse al diritto di autore, un nuovo importante elemento si è aggiunto al dibattito in corso sulla legittimità delle richieste che varie società discografiche e di altri settori stanno avanzando alle autorità giudiziarie di diversi Paesi europei per costringere gli Internet provider a comunicare loro i nominativi degli utenti associati agli indirizzi IP che risultano coinvolti in attività di filesharing (condivisione di file, in particolare musicali o video, basata sul sistema detto peer-to-peer), a causa della presunta violazione del copyright associata a tali attività.

 

I nuovi elementi sono emersi da un caso attualmente all’esame della Corte di giustizia Ue (causa n. C 275/06 in curia.europa.eu) che vede protagonisti la Promusicae – un’associazione spagnola di produttori musicali – opposta al principale gestore telefonico spagnolo: Telefonica.

 

Anche in questo caso – come è successo in Italia quando la Peppermint pretendeva di ottenere i nomi di oltre 3 mila utenti accusati di scaricare illegalmente dalla rete materiali protetti da copyright – le motivazioni alla base della richiesta non sarebbero ritenute valide.

 

Le conclusioni dell’avvocato generale Juliane Kokott in merito a questo caso – ha reso noto il Garante Privacy in una nota – chiariscono infatti che “le disposizioni del diritto comunitario in materia di protezione dei dati nelle comunicazioni elettroniche permettono di trasmettere i dati sul traffico delle comunicazioni personali soltanto alle competenti autorità statali, e non direttamente ai titolari di diritti d’autore che intendano far valere in sede civile la violazione dei loro diritti”.

 

Nessuna direttiva europea in materia di comunicazioni elettroniche – in sostanza – consente di comunicare a soggetti privati dati relativi al traffico delle comunicazioni, “se non in presenza di gravi e circostanziati motivi quali il fatto che la violazione del copyright sia commessa a scopo di lucro, e quindi in modo da pregiudicare gravemente gli interessi economici del titolare del diritto”.

Anche qualora la direttiva 2006/24/CE – che obbliga gli Stati membri, tra l’altro, alla conservazione dei dati relativi al traffico in Internet – fosse applicabile, essa non ammetterebbe una comunicazione diretta dei dati personali sul traffico alla Promusicae, dal momento che la direttiva prevede l’adozione di misure atte a garantire che i dati conservati siano trasmessi solo alle autorità nazionali competenti, in casi specifici e conformemente alle normative nazionali.

 

La direttiva in questione, semmai, potrebbe portare a un rafforzamento della tutela dei dati personali prevista dal diritto comunitario con riguardo alle controversie scaturite da una violazione del diritto d’autore.

 

Anche se bisogna ancora attendere il pronunciamento della Corte di giustizia sul caso, le conclusioni dell’avvocato generale si allineano alla posizione assunta dalle diverse Autorità Garanti nazionali, aprendo la strada alla determinazione – presumibilmente definitiva – dei rapporti che intercorrono tra due tipi di diritti in contrasto: quello alla privacy, attinente alla persona umana, e il diritto di autore, di mero carattere economico – commerciale.

 

Come indicato dall’Avvocato generale – conclude quindi il Garante privacy – “il legislatore comunitario ha sempre fatto salve le disposizioni in materia di tutela dei dati personali (sia nella direttiva sul commercio elettronico, 2000/31, sia in quella sulla tutela della proprietà intellettuale, 2004/48), e non ha ritenuto opportuno limitare la tutela dei dati personali a favore di una tutela della proprietà intellettuale”.

 

Il dibattito sulla questione è comunque molto articolato e coinvolge a vari livelli ed in più sedi internazionali legislatori, ISP e aziende.

Le recenti decisioni di diverse autorità tedesche, che hanno respinto le richieste di accesso ai dati IP formulate da varie case discografiche con motivazioni molto simili a quelle utilizzate nelle conclusioni del giudice Kokott, fanno però ben sperare per una conclusione più attenta ai diritti individuali che alle leggi del profitto.

 

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