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Rai: Gentiloni condanna le ingerenze politiche, mentre infuria la polemica trasversale alimentata da Mastella e Storace  

Italia


No a ingerenze politiche nella vita della Rai: piuttosto si cambino le regole che governano l’azienda. Questa l’opinione del Ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, sull’animata seduta di ieri al senato dove si è discusso della riforma della Tv pubblica.

Stamani, intervenendo a ‘Radio Anch’io’ su Radiouno, Gentiloni ha dichiarato: “…Siamo in una fase molto difficile dal punto di vista politico che tuttavia, con tutto il rispetto per le decisioni del parlamento, non deve significare un’ingerenza nell’azienda. Sarebbe paradossale se la discussione in un parlamento in cui tutti invocano una maggiore autonomia della Rai rispetto alla politica si concludesse con una dannosa ingerenza nella vita dell’azienda”.

 

Secondo il Ministro, “…è un problema di regole: se non si cambiano le regole del gioco attuali, cioè quelle della legge Gasparri che ha portato al massimo livello il collegamento tra l’azienda e la politica e ha reso il governo azionista della Rai, continuerà il ping pong di accuse, con un esito come quello di ieri che non fa bene né alla politica né all’azienda”.

Gentiloni ha poi ricordato che il suo Ddl di riassetto del sistema Tv “…sta facendo passi avanti alla Camera” e si è augurato che anche il progetto riforma della Rai “…avvii un serio percorso: credo che fatti come quelli di questi giorni dimostrino che, se non si cambiano le regole, ci sono difficoltà per la Rai”.

 

“…Al centrodestra – ha detto ancora il Ministro – consiglierei di interrompere la cantilena con cui ripete continuamente che domani si vota: gli italiani sono più interessati alla soluzione dei problemi che agli annunci di elezioni immediate”. Quanto alla Rai, “…confido che il Cda,  pur nelle difficoltà enormi in cui si trova, prosegua il suo lavoro compiendo scelte che riguardano il futuro dell’azienda. La paralisi di questi mesi, al di la del dibattito sulle nomine, si è tradotta infatti in ritardi che investono il futuro della televisione e la sua qualità”.

 

Ieri infatti il leader dell’opposizione Silvio Berlusconi, intervenendo al congresso dell’Internazionale democristiana su quanto successo al senato ha asserito: “…torneremo presto al governo”.

“…Temo che presto avremo di nuovo la responsabilità di governare questo grande Paese che è l’Italia”.

“…Oggi il governo ha perso la sua maggioranza su un’importante votazione. Credo di avere anch’io in serbo qualche buon pronostico” ha detto l’ex premier nel corso del suo intervento subito dopo quello di Mariano Rajhy che nel suo discorso aveva pronosticato un ritorno del centrodestra al governo.

“…Wait and see – ha commentato – Ormai la maggioranza non c’è più. Ormai sono in disaccordo su tutto. Un chiarimento è necessario, anche nel loro interesse. Credo che andare al voto sia inevitabile”.

 

Ieri il dibattito in senato si è effettivamente concluso con un nulla di fatto. La seduta nella quale erano state presentate 12 risoluzioni sulla nomina del consigliere Rai Fabiano Fabiani si è concluso con il ritiro di cinque documenti.

La maggioranza ha votato parte della risoluzione dei due dissidenti della Margherita Bordon e Manzione sul congelamento delle nomine in Rai in attesa del piano industriale e la premessa dello stesso documento sul ruolo fondamentale dell’azienda di Viale Mazzini per il pluralismo dell’informazione; l’opposizione non è riuscita a far approvare le sue mozioni per la defezione di tre senatori legati a Storace mentre l’Unione ha ritirato sia la risoluzione di maggioranza che quella dell’Italia dei Valori.

Nella maggioranza è scoppiato il caso Udeur, visto che il Ministro della Giustizia, Clemente Mastella, ha abbandonato l’aula con i propri uomini, sostenendo: “chiarimento o elezioni“.

Il Ministro ha infatti commentato: “…abbiamo constatato che non c’è una maggioranza”.

In transatlantico si è poi sfogato dicendo: “…Non è possibile che per spirito di coalizione io mi turo il naso sulla Rai, visto che mi ha chiamato Prodi, e poi ognuno fa i distinguo su tutto”.

 

“…Avevamo deciso di votare il testo dell’Unione – ha spiegato Tommaso Barbato, capogruppo al Senato – solo per responsabilità verso il Paese. Noi volevamo presentare una nostra risoluzione e abbiamo deciso di rinunciare per senso di responsabilità. Questi erano gli impegni presi ieri sera, mentre oggi registriamo in aula che la maggioranza non c’è. Non saremo dunque noi a contribuire a mantenere questo sfascio così evidente. Gli altri giocano allo sfascio? E allora tutta la nostra coerenza e la nostra lealtà sono inutili”.

 

A Mastella si oppone la capogruppo dell’Ulivo al senato, Anna Finocchiaro, che ha parlato di necessario chiarimento politico. Il modo come sono andate le votazioni sulla Rai “…non ha nessuna conseguenza sul governo ma è chiaro, allo stesso tempo, che le dichiarazioni del ministro Mastella e la sua assenza dall’Aula pongono la necessità di un chiarimento in sede politica perché i gruppi parlamentari hanno l’esigenza di sapere se Mastella e l’Udeur pongono una questione di appartenenza o meno alla maggioranza”.

 

“…Innanzitutto diciamo che questo dibattito l’ha voluto l’opposizione – ha poi commentato – lo ha voluto per dare la spallata al governo: le mozioni dell’opposizioni sono state tutte bocciate. Il nucleo essenziale della proposta della maggioranza comprensiva di quelle dei colleghi Bordon e Manzione è stato approvato. Forse bisognerebbe valorizzare il fatto che è stato approvato all’unanimità dall’aula il che significa che c’era, probabilmente, una pretestuosità nel chiedere un dibattito in aula sulla Rai”.

“…Credo che questo sia il punto essenziale – ha aggiunto – e ovviamente da questo non deriva nessuna conseguenza sul governo”.

 

Non è d’accordo il senatore di An Altero Matteoli: “…La resa dell’Unione è stata evidente nel momento in cui Anna Finocchiaro ha ritirato la mozione della maggioranza. A quel punto noi abbiamo assistito alla caduta del governo Prodi. D’altronde la collega non aveva altra scelta visto che poco prima il ministro Mastella e i senatori dell’Udeur avevano lasciato l’aula dichiarando di non votare più alcuna mozione”.

Intanto Roberto Calderoli ha rilanciato: “…Il presidente della Repubblica a questo punto deve rendersi conto che non esiste più una maggioranza, faccia immediatamente salire al Colle il presidente del Consiglio Prodi per rassegnare le dovute dimissioni e assuma poi le decisioni conseguenti del caso”.

 

La discussione di ieri in senato ha aperto una falda anche nell’opposizione (ma non occorreva arrivare in senato per capirlo, ndr).

Al momento del voto sulla risoluzione della Cdl a firma dei capigruppo Schifani, Matteoli, D’Onofrio, Castelli e Cutrufo si è evinto che la maggioranza vinceva per un voto, 155 a 154, e dai tabulati si poteva osservare che risultavano assenti Francesco Storace e i suoi due senatori Stefano Losurdo e Stefano Morselli. L’astenuto, anche in tutte le altre votazioni svolte, è stato Domenico Fisichella. 

 

Storace ha subito chiarito che non si votava una mozione di sfiducia su Prodi, si votava sul presidente della Rai: “…Presentino una mozione di sfiducia al governo e poi vedranno se La Destra ci sarà o no”.

 

A Storace ha risposto Matteoli, sostenendo che “…se fosse stato presente insieme agli altri due senatori, restando fedele a quanto aveva sempre sostenuto, la mozione del centrodestra sarebbe passata e l’Unione avrebbe subito non una sconfitta, come è avvenuto, ma addirittura una Caporetto”.

 

Accuse al leader di La Destra anche da Forza Italia. “…Ci dispiace che si sia assunto la responsabilità di salvare il governo nella votazione sulla mia risoluzione presentata con tutto il centrodestra“, ha asserito il presidente dei senatori di Forza Italia, Renato Schifani.

“…Comunque mi preme sottolineare che dall’altra parte, dopo l’uscita di Mastella, la sofferenza del governo è sotto gli occhi di tutti e l’implosione della maggioranza è in arrivo” ha aggiunto il capogruppo azzurro.

 

Ma Storace si è difeso sostenendo che “…il presidente di Fi mi ha chiamato e io gli ho spiegato le ragioni per cui non sono andato a votare al Senato sulla Rai. In particolare gli ho detto che avrei voluto discutere e poter anche firmare la mozione Schifani. Ma mi è stato impedito sia l’uno che l’altro. E probabilmente – ha avvertito – ciò è accaduto per i veti arroganti di un partito che minaccia di votare la legge Gentiloni se Forza Italia si azzarda a discutere con noi. Noi siamo stati assenti in aula, perché siamo assenti dalla Rai e da Mediaset. nei nostri confronti c’è una censura assoluta e non abbiamo avuto la solidarietà di nessun leader della Cdl”. “Non vendiamo la nostra anima per la Rai”, ha concluso Storace.

 

Fuori dal mondo politico si registra l’osservazione del presidente di confindustria Luca Cordero di Montezemolo che ha evidenziato la gravità della situazione creatasi: “…Il Paese è bloccato dal dibattito sul Cda Rai. Queste non sono polemiche ma dati di fatto con cui la classe dirigente di un Paese deve confrontarsi”.

“…Da maggio i segnali di immobilismo sono aumentati: oggi la minoranza non parla con la maggioranza perchè litigano tutti su un consigliere di amministrazione della Rai“, ha concluso.

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