Salute, studio britannico assolve il cellulare dal rischio cancro ma avverte: ‘Possibili nuove patologie da qui a 10 anni’

di Alessandra Talarico |

Europa


Telefonia mobile

Si riaccende il dibattito sulla presunta pericolosità dei cellulari per la salute, dopo che studio britannico, condotto dal Mobile Telecommunications & Health Research Programme, non ha riscontrato alcuna associazione tra l’uso del telefonino e il cancro al cervello, ma non ha neanche escluso effetti nocivi non ancora diagnosticabili sul lungo periodo.

 

Gli studi condotti per sei anni su dei volontari non hanno evidenziato alcuna prova concreta degli effetti nocivi dei segnali emessi dal telefonino o dai sistemi di usati per i servizi di emergenza (TETRA) sul funzionamento del cervello e delle cellule cerebrali.

 

Si tratta di risultati che secondo la commissione del programma MTHR non lasciano adito a dubbi e che quindi escludono il bisogno di ulteriori studi in questo campo.

 

Nella sua ricerca, MTHR ha tenuto conto di altri studi già effettuati sulla ipersensibilità elettrica (EHS), una sindrome definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come “un fenomeno dove gli individui avvertono gli effetti avversi sulla salute mentre usano o sono nelle vicinanze dei dispositivi che emanano campi elettromagnetici, elettrici, o magnetici”.

 

Questi studi non hanno trovato riscontro del fatto che i sintomi associati a questa sindrome – difficoltà di concentrazione, vertigini, cefalea, nausea, dolori alle arcate dentarie e muscolo-scheletrici, palpitazioni e stato simil-influenzale – siano da attribuire all’esposizione ai segnali elettromagnetici emessi dai telefonini.

 

Questo almeno quando si parla di bassa esposizione e di effetti immediati.

Un po’ meno chiaro è il quadro degli effetti a lungo termine dell’esposizione ai campi elettromagnetici, dal momento che gli studi effettuati finora hanno incluso un numero limitato di partecipanti che utilizzano il telefonino da almeno 10 anni. Tempo necessario minimo per stabilire la nocività di un determinato elemento per la salute.

 

Non si può dunque stabilire con certezze se nuove patologie – nuove forme di tumore, nello specifico – emergeranno da qui a qualche anno.

Questo tipo di patologia – ha spiegato il professor Lawrie Challis, presidente del MTHR – “compare generalmente dopo 10-15 anni di esposizione”.

Nel caso del fumo, ad esempio, non è stato possibile associare alcun tipo di cancro al polmone fino ad un periodo di almeno 10 anni.

 

Il fatto che lo studio abbia dimostrato che non c’è un rischio immediato è “abbastanza rassicurante”, ma secondo Challis è “ragionevole porre delle restrizioni alla posa delle antenne in prossimità delle scuole”.

 

C’è infatti bisogno di ulteriori ricerche per valutare i rischi sul lungo periodo e gli effetti delle radiazioni sui bambini.

Secondo uno studio condotto nel 2005, i bambini correrebbero più rischi degli adulti dall’esposizione prolungata alle onde radio dal momento che il loro sistema nervoso non è ancora perfettamente sviluppato, i tessuti cerebrali riescono ad assorbire maggiore energia ed essi saranno dunque più esposti degli adulti nel corso della loro intera vita.

Certo, sottolinea anche questo studio, niente è ancora provato, ma non per questo bisogna trascurare la ricerca sui possibili effetti dannosi del cellulare, soprattutto nei bambini.

 

Nel frattempo, è meglio mantenere una certa cautela e fare in modo che i bambini usino il cellulare solo se strettamente necessario e mai per un tempo prolungato.

 

Altri studi – uno in particolare condotto dall’American Society for Reproductive Medicine – mettono invece in guardia sul fatto che l’uso smodato del cellulare potrebbe compromettere la fertilità maschile, provocando la riduzione della concentrazione e della qualità del liquido seminale.

 

Finora, comunque, si è detto tutto e il contrario di tutto: di ricerche  per definire la questione ne sono state fatte a bizzeffe ma finora è mancata la possibilità di riprodurre i risultati e far emergere un rapporto di causa-effetto preciso tra l’esposizione a campi elettromagnetici e l’insorgenza di patologie particolari.

Il punto è che non esiste una prova provata della pericolosità dei campi elettromagnetici a bassa frequenza, ma non esiste neppure una prova certa della loro innocuità.

 

Come dire, c’è il dubbio ma mancano le conferme.