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Banda larga: in Svizzera diventa servizio universale. Italia al 4° posto Ue con 8,5 milioni di linee

Europa


La rivoluzione della banda larga arriva dalla Svizzera, dove la commissione federale delle comunicazioni (ComCom), per prima nel mondo, ha stabilito che Swisscom – in quanto concessionario del servizio universale a partire dal 1° gennaio 2008 – sarà obbligato a offrire, oltre al collegamento analogico e digitale, anche una connessione Internet a banda larga all’insieme della popolazione e in tutte le regioni del Paese.

 

Fino al 2017 il gestore telefonico, dovrà garantire l’accesso a banda larga – con una velocità di trasmissione pari a 600/100 kbit/s – come ‘servizio universale’, cioè indipendentemente dalle capacità economiche degli utenti e nel modo più uniforme, come avviene per i servizi di telefonia fissa e internet dial-up.  

 

Il servizio universale comprende un’offerta base di servizi di telecomunicazione – ad esempio il servizio telefonico pubblico, il servizio di trasmissione dati, l’accesso ai servizi d’emergenza, un numero sufficiente di cabine telefoniche pubbliche – che devono essere offerti su scala nazionale a tutta la popolazione, per evitare che regioni periferiche o gruppi di persone siano svantaggiati.

 

La domanda di banda larga, in Europa, cresce a ritmo sostenuto: a gennaio 2007 le connessioni hanno superato quota 80 milioni, in aumento del 35,7% su base annua, pari a circa 53 mila nuove linee ogni giorno.

 

L’Italia, con 8,5 milioni di linee broadband e una crescita del 23,2% rispetto a gennaio dello scorso anno, è quarta in Europa dopo Francia, Regno Unito e Germania. La tecnologia nel nostro Paese ha raggiunto il 14,5% della popolazione, e si conferma ancora al di sotto della media Ue del 16,2%.

 

La banda larga, inoltre, è un elemento sempre più importante per partecipare alle dinamiche sociali: non solo il commercio si è spostato su internet, ma anche molte amministrazioni ed enti pubblici stanno portando i propri servizi online. L’accesso always on a banda larga, inoltre, permette ai disabili o a chi vive in aree svantaggiate di interagire col resto del mondo.

Dal momento poi che sempre più operatori hanno avviato la trasformazione delle reti tradizionali in reti IP che trasporteranno dati, voce e quant’altro, è sempre più importante permettere a tutti di potervi accedere proprio come avviene per i servizi telefonici tradizionali.

 

Molti incumbent però non sono d’accordo, ritenendo che debba essere il mercato a risolvere il problema della disponibilità e solo nelle aree in cui questo non è possibile dovrebbero essere usate risorse pubbliche.

Una logica che però non fa che allargare il divario tra ricchi e poveri della banda larga poiché come conseguenza delle dinamiche competitive del mercato, si privilegiano gli investimenti con un ritorno più certo.

 

Il dibattito sulla banda larga come servizio universale, intanto, prende piede anche in Europa, tanto che Bruxelles – dopo aver rigettato l’idea qualche anno fa – intende ora pubblicare nel corso di quest’anno un Libro verde, sottolineando la reale possibilità di un approccio unico, valido per tutti in un’Unione di 25 Stati membri.

 

Sempre dalla Ue, arrivano notizie confortanti per quanto riguarda la quota di mercato degli incumbent, in discesa continua dal 2003. Secondo i dati della Commissione, i new entrant gestiscono ormai il 52,8% delle connessioni, contro il 47,2% degli ex monopolisti.

 

La tecnologia dominante è ancora il DSL, con l’84,4% delle connessioni totali.

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