Francia: il governo avvia la cessione del 5-7% di France Télécom. I sindacati sul piede di guerra

di Alessandra Talarico |

Francia


France Telecom

Il governo francese è pronto a cedere una quota tra il 5% e il 7% del capitale dell’operatore telefonico France Télécom – di cui detiene attualmente il 32,41% –  al fine di recuperare una cifra compresa tra 2,7 e 3,8 miliardi di euro che sarà integralmente destinata ad alleggerire il debito pubblico.

 

Una cessione orchestrata molto rapidamente dal nuovo ministro dell’Economia e delle Finanze Christine Lagarde, e annunciata domenica facendo riferimento a un “piazzamento istituzionale accelerato”.

 

Simili operazioni di cessione sono state effettuate nel 2004 e nel 2005. La prima è stata voluta proprio dall’attuale premier Nicolas Sarkozy, allora ministro dell’Economia, la seconda da Thierry Breton (ministro dell’Economia nonché ex presidente dell’operatore).

 

La prima dismissione, voluta dall’attuale premier, ha segnato la discesa dello Stato al di sotto della barra simbolica del 50% del capitale dell’operatore storico. Al termine di questa nuova operazione la quota detenuta dal governo dovrebbe oscillare tra il 25,5% e il 27,4% del capitale. Abbastanza da permettere allo Stato di “restare un azionista significativo nel medio termine”, ha fatto sapere Bercy in una nota.

 

La cessione riguarda 130 milioni di azioni del gruppo detenute direttamente dal governo, ma se la domanda sarà forte il numero di azioni potrebbe salire fino a 180 milioni.

 

France Télécom è una delle aziende simbolo della Francia, quotata in Borsa dal 1997, ma nel 2002 ha risentito in modo drammatico della crisi mondiale delle tlc, accumulando debiti per 75 miliardi di euro e una perdita di bilancio pari a 20,7 miliardi.

 

Dal marzo 2000, il titolo del gruppo ha perso il 96,8% del suo valore, toccando il minimo storico di 9,68 euro a settembre 2002.

 

Dopo le dimissioni del presidente Michel Bon, capro espiatorio della disastrosa condizione di quella che era ormai la società più indebitata del mondo, la rigorosa cura intrapresa dal suo successore Thierry Breton ha riportato la società in utile nel 2003 e ha ridotto il debito a 48 miliardi di euro a giugno 2004.

 

Nel 2003, è stata anche approvata una legge che ha modificato lo statuto dell’operatore pubblico in vista della sua privatizzazione.

 

Resa pubblica poco prima della pausa estiva, la nuova cessione – così come quelle che l’hanno preceduta – non mancherà di fare infuriare i sindacati che già nel 2004 gridavano al tradimento, prevedendo tariffe più care, servizi scadenti e un’ondata di licenziamenti senza precedenti.

 

Sul suo sito web, il sindacato Sud PTT denuncia che l’ulteriore riduzione della partecipazione pubblica è il frutto di “una politica miope”, che di volta in volta continua a liberarsi di porzioni del capitale tanto che ci si chiede “dove si andrà a finire”.

 

La nota di Bercy spiega comunque che, come previsto dalla legge, “lo Stato formulerà una nuova offerta specifica per i dipendenti dell’azienda” che detengono il 3,5% del capitale del gruppo.

 

A inizio 2007, France Télécom contava 160 milioni di clienti e oltre 190 mila dipendenti, per un fatturato annuale di 51,7 miliardi di euro.

 

Se per France Télécom si preannuncia un’estate rovente, un altro colosso delle tlc europee, la tedesca Deutsche Telekom è invece riuscita a giungere a un accordo con i sindacati dopo 5 settimane di agitazioni, causate dalla prospettiva di scorporo e trasferimento di circa 50 mila dipendenti della divisione fissa e di quella mobile (T-Mobile) in nuove società di servizi esterne – battezzate T-Service – con l’obiettivo di abbassare i costi e migliorare il servizio alla clientela.

Il direttore del personale, Thomas Sattelberger, ha infatti annunciato che l’azienda non opererà licenziamenti fino al 2012 e che la riduzione dei salari sarà ammortizzata da misure sociali.

 

Con questo programma, il Ceo René Obermann conta di risparmiare tra 600 e 900 milioni di euro all’anno fino al 2010.

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