Videogiochi violenti: dopo Inghilterra e Irlanda anche l’Italia blocca la diffusione di Manhunt 2

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Manhunt 2

Il ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni ha deciso di intervenire per bloccare la diffusione del videogioco Manhunt 2, il cui lancio in Italia è annunciato per il 13 luglio.

 

Il gioco in questione più che violento è definibile crudele e sadico, con un’ambientazione squallida ed un continuo, insistente incoraggiamento alla violenza e all’omicidio. La prima edizione di Manhunt distribuito nel 2003 fu classificato adatto +18 ma assolutamente non aveva le stesse allarmanti caratteristiche di questa seconda edizione. Il videogioco Manhunt 2, anch’esso classificato +18 , è stato già condannato dalle commissioni di verifica inglese e irlandese che hanno ritenuto di non accettare la classificazione e ne hanno vietato comunque la vendita sui rispettivi territori nazionali.

Il Ministro Gentiloni, appena appresa la notizia, ha chiesto alla società di distribuzione Take Two di annullare la data prevista per il lancio in Italia e contestualmente ha chiesto all’Isfe – l’organismo associativo europeo che riunisce i produttori di videogiochi – di affrontare il tema a livello europeo. Il Presidente dell’Isfe ha accolto la richiesta e il problema di Manhut 2 è stato inserito al primo punto all’odg della Conferenza dell’Isfe, prevista a Bruxelles il prossimo 26 giugno con la partecipazione di Viviane Reding, della Commissione europea per l’informazione e le tecnologie.

 

Le statistiche più recenti hanno evidenziato che i videogiochi hanno un ruolo sempre più importante nel tempo libero di tutte le generazioni. Se è vero che il pubblico dei videogiocatori ha un’età media sempre più alta in Italia intorno ai 28 anni, dall’altro è anche vero che il videogioco è sempre più un fenomeno di massa nelle giovani generazioni, tanto che quasi il 100% dei bambini/ragazzi italiani tra i 4 e i 17 anni utilizza più o meno frequentemente i videogiochi (fonte: GfK-Eurisko – Rapporto Annuale sullo Stato dell’Industria Videoludica in Italia 2006).

 

In considerazione del crescere dell’età media dei giocatori, gli editori hanno iniziato a sviluppare videogiochi adatti a questo mercato più maturo.

 

Già dal 2003 sotto l’egida della Commissione Europea, l’industria videoludica ha scelto di dotarsi di un sistema di autoregolamentazione che comporta l’adesione ad una serie di regole di condotta che vanno dalla classificazione del prodotto alla sua promozione e pubblicità, dalla previsione di una procedura di contestazione ad un impianto di sanzioni per i produttori aderenti. 

 

Il sistema, denominato PEGI – Pan European Game Information – si applica a tutti i videogiochi, indipendentemente dal loro formato, sia on-line che off-line allo scopo di assicurare ai consumatori informazioni chiare ed affidabili che permettano di compiere scelte di acquisto informate e consapevoli. Il PEGI prevede prima un’auto-valutazione dell’editore, successivamente il vaglio da parte di un ente amministratore indipendente, il NICAM (Netherlands Institute for the Classification of Audiovisual Media). 

 

Nel caso di controversie sulla classificazione, è previsto un ente terzo denominato PEGl Complaints Board (PCB) formato da un gruppo di esperti in protezione dei minori, e il PEGI Advisory Board, composto dai rappresentanti dei governi nazionali, che ha lo scopo di sottoporre all’industria eventuali proposte migliorative del sistema che tengano conto degli sviluppi dell’ambiente sociale e culturale di riferimento nei vari paesi europei.