Apple: in attesa dell’iPhone, cresce la polemica sull’uso di nuove tecniche lesive della privacy

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Steve Jobs

Che l’attesa per l’iPhone, il telefonino della Apple, sia altissima, lo conferma il fatto che nonostante l’apparecchio non arriverà nei negozi americani prima della fine del mese, si sono registrate già almeno due milioni di richieste di disponibilità. Nel costruire le aspettative su quello che alcuni media americani hanno già battezzato ‘the god machine’, Steve Jobs è stato bravissimo, e l’isteria per il suo nuovo gioellino è paragonabile a quella dei fan delle console giochi nel periodo di Natale. E dire che il prezzo dell’iPhone si aggira intorno ai 600 dollari, non proprio alla portata di tutti.

 

Ed è proprio il fattore prezzo a suscitare molte perplessità in chi crede che 600 dollari siano troppi per un telefonino che, ricalcando le orme dell’iPod, punta ai giovanissimi anche nel design e i cui punti di forza saranno la tastiera virtuale touch-screen, un unico bottone per tutti i comandi e la possibilità – secondo quanto annunciato dalla società – di aggiornare il software del telefonino anche dopo l’acquisto.

 

Eppure gli analisti sono concordi nel ritenere che Apple riuscirà a raggiungere l’obiettivo di vendere 10 milioni di telefonini entro la fine dell’anno, per conquistare appena l’1% del mercato mobile mondiale, percentuale che però permetterebbe a Steve Jobs di competere testa a testa con la versione di fascia alta del software Windows Mobile, montato su circa 3,2 milioni di Pda.

 

Sarà dunque il software a fare la differenza, sempre se l’abbottonatissima Apple deciderà di permettere ai vendor indipendenti di creare programmi adatti all’iPhone. A gennaio, infatti, Steve Jobs non sembrava troppo propenso a un’apertura di questo tipo, che implicherebbe – ha spiegato – l’insorgere di problemi legati alla sicurezza e alla stabilità inaccettabili nell’universo wireless.

 

La scorsa settimana, tuttavia, nel corso della conferenza D: All Things Digital, sembra esserci stato un passo indietro, con la Apple ad annunciare la possibilità per gli sviluppatori di realizzare software per l’iPhone.

 

Quale che sia la sua strategia nel settore delle comunicazioni mobili, Apple ha un’altra gatta da pelare: secondo la Electronic Frontier Foundation (EFF), infatti, la società viola ancora una volta la privacy degli utenti, includendo troppe informazioni personali – nome, indirizzo email ecc. – all’interno dei file scaricati dall’iTunes music store.

 

Il caso è esploso sui blog in seguito al lancio, la scorsa settimana, del servizio iTunes Plus, che permette di scaricare brani musicali senza protezione DRM,  cioè senza l’odiato sistema anti-copia messo a punto dalla casa della mela.

 

Secondo i legali della EFF, questi dati raccolti da Apple comprometterebbero la privacy degli utenti in caso di furto o smarrimento dell’iPod: non si tratta certo di un danno paragonabile al furto del pin della carta di credito, ma si tratta sempre di dati personali che non tutti sono contenti di diffondere ai quattro venti, soprattutto perché molti non sono neanche a conoscenza del problema.

 

Apple, secondo alcuni osservatori, ha sostituito i DRM con la tecnica detta del ‘watermarking‘, per mezzo della quale ai file vengono aggiunte informazioni in grado di monitorarne i movimenti.

La tecnica del watermarking, secondo molti analisti, è molto meglio dell’utilizzo del DRM dal momento che in questo modo gli utenti non vengono trattati come criminali.

Per Mike Goodman di Yankee Group Research, il DRM è una tecnica “restrittiva” dal momento che dice all’utente “quante volte  può ascoltare un brano acquistato regolarmente, e su quale dispositivo deve ascoltarlo”.

Il watermarking, invece, parte dal presupposto che un consumatore che acquista un brano su iTunes è “innocente”, ma “fornisce all’industria l’opportunità di acchiappare qualcun altro che viola la legge”.

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