Telecom: Tronchetti, ‘Venderemo al giusto prezzo’. Per Montezemolo non è compito del Governo decidere gli azionisti

di Alessandra Talarico |

Per il il WSJ la mancanza di trasparenza sta distruggendo il flusso di investimenti stranieri in Italia.

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Non si può certo dire che la notizia del ritiro di AT&T dalla corsa per il 33% di Olimpia sia arrivata come un fulmine a ciel sereno. All’assemblea Telecom, infatti, il clima era tutt’altro che disteso. E gli animi sono agitati anche oggi: per Marco Tronchetti Provera, si tratterebbe di fatto di un “allontanamento” degli investitori stranieri, che non giova né all’interesse della Telecom né a quello del Paese.

Ostacoli come quelli incontrati già quest’estate durante le trattative con Rupert Murdoch, ripropostisi con Telefonica e poi di nuovo con AT&T, aggiunge Tronchetti Provera, “non dovrebbero esserci in un Paese a democrazia avanzata” come l’Italia. Un paese che, a suo giudizio, “dovrebbe uscire dal cortile” e guardarsi intorno alla ricerca di alleanze internazionali “a cui possono partecipare anche soggetti italiani”.

“Pirelli – ha continuato Tronchetti – è solida e ha tutto il tempo di aspettare e valutare le offerte che eventualmente arriveranno. Se qualcuno vuole la quota di Telecom, che abbiamo legittimamente acquisito, dovrà pagarla il giusto prezzo, nel frattempo, eserciteremo i nostri diritti di azionisti”.

  

“Ho quasi l’impressione – ha sottolineato ancora il patron di Pirelli – che cerchino un imprenditore italiano disposto ad investire e forse vogliono che io rimanga, perchè in fondo un imprenditore che ha investito molto in Telecom c’è stato e si chiama Pirelli, che con Benetton ha prodotto ottimi risultati. In ogni caso – ha sottolineato – io ho già deciso di andarmene”.

  

Dalle pagine de Il Sole 24 Ore, invece, Tronchetti Provera ha lanciato frecciate sia al ministro degli Esteri Massimo D’Alema, reo di aver affermato che in Italia non ci sono imprenditori disposti a rischiare in proprio – “i soldi la Bicocca li ha investiti di suo – più o meno tre miliardi di euro – e si contano sul suo bilancio” – sia all’intero centro sinistra, che pone al vertice della sua scala di valori Roberto Colaninno, che potrebbe rientrare in Telecom magari affiancato da Silvio Berlusconi.

Il portavoce del Commissario Ue Viviane Reding, Martin Selmayr, intanto, ha precisato che “il mercato italiano deve essere aperto a tutto il mondo, e le regole italiane devono rispettare il diritto comunitario”.

  

Critico anche il presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, secondo cui “il cambiamento delle regole, o meglio regole poco chiare o ancora di più cambiate in corsa, portano inesorabilmente alla perdita di credibilità e ad un’ulteriore riduzione o allontanamento degli investimenti stranieri in Italia”.

Il leader degli industriali, sottolinea inoltre che “è necessario dire con chiarezza che non è compito dello Stato, e tantomeno della politica, stabilire chi debba essere l’azionista di un’azienda o influire sulle scelte di questo azionista. Questa decisione spetta solo al mercato e il mercato premia da sempre chi paga e offre di più”.

  

Il dietrofront di AT&T,  rimbalzato dalle pagine del Wall Street Journal, è stato causato – spiega il gruppo nella lettera inviata a Tronchetti – dalle troppe resistenze politiche e dalle incertezze regolamentari connesse all’operazione.

  

La società, pur avendo apprezzato “l’opportunità di esplorare un possibile investimento in Olimpia e una partnership con Telecom Italia”, si legge in una nota, “ha deciso di non approfondire la materia ulteriormente”.

Resta in corsa America Movil, che pur senza più esclusiva starebbe valutando nuove alternative per investire in Olimpia, magari attraverso la sua società di rete fissa Telmex.

  

Preso atto del ritiro dell’offerta, Pirelli ribadisce l’intenzione “di esplorare tutte le possibili opzioni per la migliore valorizzazione strategica dell’asset nell’interesse di tutti gli azionisti e di continuare, nel frattempo, ad operare affinché Olimpia continui ad esercitare pienamente i propri diritti e doveri di azionista di Telecom Italia”.

  

Non è sorpreso dal ritiro di AT&T, invece, il premier Romano Prodi che dice di aver avuto fin da subito “l’impressione che si trattasse soprattutto di un interesse messicano cui si era aggiunta una azienda Usa”.

“La partita è ancora lunga – ha concluso Prodi – credo avremo una pluralità di protagonisti in futuro. L’augurio che almeno una impresa di telecomunicazioni resti in mani italiane mi sembra doveroso”.

  

Sempre dalle pagine dell’autorevole Wall Street Journal, intanto, arriva una pesante critica al governo italiano, il cui atteggiamento nella vicenda Telecom sarebbe “un chiaro esempio di come i governi europei interferiscano sugli accordi aziendali”.

Il WSJ cita un analista londinese, secondo cui siamo di fronte a “un altro esempio di cattivo capitalismo all’italiana”, in cui “troppa poca trasparenza sta distruggendo il flusso di investimenti stranieri”.

Nonostante il velato interessamento di alcune aziende europee – da Telefonica a France Télécom – nessun accordo potrà concretizzarsi “senza una forte partecipazione della componente italiana, per tranquillizzare il governo”, dice ancora il quotidiano finanziario d’oltreoceano.

  

Lo scenario del riassetto azionario della compagnia telefonica, insomma, appare quanto mai nebuloso. Le opzioni valide sembrano tutte troppo lontane e poco definite e l’interesse è centrato al momento sul modello da adottare per il futuro della rete.

Il nodo potrebbe essere sciolto già nei prossimi giorni, quando l’emendamento per accelerare la separazione della rete d’accesso potrebbe essere inserito in un ddl già all’esame del Parlamento.

La misura dovrebbe essere ufficializzata domani, nel corso dell’audizione del ministro delle comunicazioni Paolo Gentiloni alla commissione lavori pubblici del Senato. Il testo, anticipato dalla stampa, dovrebbe vertere su due punti principali: la separazione della rete potrà avvenire solo se venissero individuate “condizioni eccezionali” nel settore e nel caso in cui non si riuscisse a raggiungere prima un accordo con l’operatore.

  

Per il vicepresidente esecutivo di Telecom Italia, Carlo Buora, si punterà comunque a “mantenere ben salda la proprietà della rete in Telecom Italia”, con un modello di accesso sull’impronta di OpenReach in Gran Bretagna.

Massima fiducia nell’operato dell’Authority le cui decisioni, auspica Buora, “terranno conto della tutela degli investimenti della società”.

Il management, aggiunge comunque Buora, “interverrà per tutelare il valore di un asset di cui è liberamente e totalmente proprietaria”.

 

Il vicepresidente esecutivo, trovatosi al timone del gruppo in seguito alle dimissioni di Guido Rossi, risponde anche al comico genovese Beppe Grillo, le cui parole al vetriolo sono state al centro dell’assemblea di ieri.

“La Security di Telecom-Pirelli – ha detto Grillo – ha avuto modo di avere a propria disposizione una risorsa tale da consentire facilmente l’acquisizione di notizie privilegiate nell’interesse del gruppo, inteso sia come ente giuridico sia come gruppo dirigente” e ha rilevato che: “la vastità dell’intrusione indebita nei segreti della vita altrui si è manifestata in una davvero allarmante trama di acquisizione di informazioni riservate da utilizzare contro importanti personaggi dell’imprenditoria, del giornalismo e della politica italiana, prima di incontri che l’alta dirigenza aveva in programma con questi personaggi”.

  

“A chi rispondeva la Security? All’usciere della Pirelli? Voi dove eravate?”, chiede Grillo ai dirigenti presenti.

  

Per Buora, Grillo dovrà assumersi la responsabilità delle sue parole, “la sua stanchezza per aver passato, come ha detto lui stesso, la notte fuori dai cancelli, non giustifica la gravità delle contestazioni, che naturalmente non approvo”.

Buora ha ricordato che si tratta di “comportamenti deviati di dipendenti infedeli: non esistono controlli che non possano essere elusi”.     

“Non intendo sminuire la gravità di quanto accaduto – ha continuato Buora – e le procedure e i sistemi di controllo sono stati ora ulteriormente arricchiti. Non mi sento affatto colpevole di quanto accaduto se no non mi troverei qui, al contrario, mi ritengo a mia volta vittima di raggiri”.

  

L’assemblea degli azionisti ha comunque approvato il bilancio e stabilito – ma il tutto è passato decisamente in secondo piano rispetto all’anomalia di un’assemblea tanto affollata e concitata – di distribuire un dividendo in ragione di 0,1400 euro per azione ordinaria e 0,1510 euro per azione di risparmio. Il dividendo verrà messo in pagamento a partire dal 26 aprile 2007.

  

Il nuovo cda, composto da 19 Amministratori, resterà in carica fino all’approvazione del bilancio 2007 e sarà composto da: Carlo Alessandro Puri Negri, Claudio De Conto, Luciano Gobbi, Gilberto Benetton, Gianni Mion, Carlo Orazio Buora, Riccardo Ruggiero, Aldo Minucci, Renato Pagliaro, Paolo Baratta (indipendente), Diana Bracco (indipendente), Domenico De Sole (indipendente), Luigi Fausti (indipendenti), Jean Paul Fitoussi (indipendente), Pasquale Pistorio (indipendente), Renzo Capra (indipendente), Cesare Giovanni Vecchio, Luigi Zingales (indipendente) e Stefano Cao (indipendente).