Rete Telecom: dalla Ue sì alla separazione funzionale, purché sia rimedio e non misura protezionistica

di Alessandra Talarico |

Viviane Reding: 'L'Authority lavori in maniera indipendente e a stretto contatto con la Commissione'.

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Telecom Italia

Dalla Cina, il commissario Ue Viviane Reding ha fatto arrivare fino all’Italia il sostegno suo e della Commissione europea alla proposta di conferire all’Agcom il potere di imporre la separazione funzionale della rete Telecom Italia dalla gestione dei servizi.

La Reding ha parlato al telefono col ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, al quale ha comunicato la piena sintonia dell’esecutivo europeo con la linea della separazione funzionale, purché si tratti di un ‘rimedio’ atto a rispondere a seri problemi di concorrenza sul mercato e non di una misura adottata a scopi protezionistici.

  

La Ue, riferisce il portavoce della Reding, Martin Selmayr, è contraria al ritorno delle società ormai privatizzate in mano pubblica, poiché non sarebbero accettabili “passi indietro nel settore delle telecomunicazioni”, ma crede piuttosto nelle regole in grado di portare all’allargamento del mercato, della proprietà privata, della concorrenza. E purché queste regole siano dettate da un’Authority indipendente e che lavori a stretto contatto con la Commissione.

  

Sulla delicata questione della separazione della rete è al lavoro una task force istituita dall’Agcom che dovrebbe concludere il suo lavoro, ha dichiarato il presidente Corrado Calabrò, entro la fine dell’anno.

Entro la fine di questo mese, intanto, dovrebbe essere reso pubblico un documento di consultazione per poi aprire il confronto e arrivare a un set di impegni vincolanti per Telecom entro la fine dell’anno.

  

Calabrò ha definito il problema dello scorporo come di un “problema enorme” e per uscire dall’impasse ha chiesto al governo maggiori poteri, soprattutto se dopo l’uscita di Guido Rossi – sempre molto disponibile al dialogo – il clima all’interno della società dovesse cambiare.

  

L’Italia guarda al modello della Gran Bretagna, dove l’Ofcom – nell’ambito di una rivalutazione generale del settore che ha coinvolto tutti i player e le parti interessate – ha caldeggiato la creazione di ‘Openreach‘, un’unità separata all’interno di BT Group.  

La divisione, che si occupa di tutte le operazioni legate all’ultimo miglio – quello cioè che va dalla presa in casa degli utenti fino alla centrale telefonica più vicina dove il cavo di rame può entrare in un server di BT o in quello di uno dei suoi concorrenti – è controllata da BT al 100%, ma è gestita da un board indipendente che comprende anche membri dell’Authority.

  

La separazione funzionale della rete – ha ricordato ancora Selmayr – è una soluzione “che la stessa Commissione europea ha lanciato quasi un anno fa nell’ambito delle proposte sulla riforma del regolamento nel settore delle telecomunicazioni”, ritenendola adeguata a rispondere ai problemi di mancata concorrenza.

La soluzione è caldeggiata anche dall’ECTA (European Competitive Telecommunications Association), che la considera una misura atta a garantire che quelle parti di rete essenziali per l’apertura del mercato siano tolte al controllo degli incumbent per confluire in un’unità separata dalle altre attività commerciali dell’operatore ex monopolista.

  

Pur in un contesto di liberalizzazione, gli ex monopolisti europei controllano ancora più del 90% delle linee di accesso che uniscono i consumatori alle reti telefoniche.

Una situazione che certo non giova all’Europa e alla sua competitività, dal momento che in questo modo gli incumbent ostacolano l’attuazione delle misure di apertura del mercato, che permetterebbero ai consumatori di avvantaggiarsi dell’aumentata competizione, e fanno perdere all’Europa miliardi di euro di mancati investimenti.

  

Tornando al futuro assetto azionario di Telecom, ieri sono emerse nuove conferme circa l’atteggiamento delle banche che, su richiesta della Consob hanno chiarito le loro posizioni.

  

Direttamente interessate, anche se su piani e con prospettive diverse, sono sia Intesa Sanpaolo che Mediobanca, che hanno confermato contatti in corso con diversi investitori.

La prima, secondo alcune fonti, sarebbe pronta a rilevare il 33% di Olimpia per lasciare la restante quota – come da accordi preliminari – ai due gruppi americani, mentre Mediobanca preferirebbe una soluzione italiana o al massimo di respiro europeo. Molti rumors, inoltri, coinvolgono l’attuale numero due di Vodafone, Vittorio Colao, accreditato quale candidato privilegiato per la guida della nuova Telecom.

  

Ai margini delle discussioni restano invece Generali, UniCredit e Capitalia, che hanno prontamente smentito di fare parte di una cordata interessata all’acquisizione di quote di maggioranza del capitale di Olimpia.

  

Un quadro, dunque, ancora molto nebuloso che vede come ipotesi più accreditata la creazione di un fronte italiano guidato dagli istituti finanziari, che subentrando a Pirelli e Benetton, potrebbe condurre nuove trattative con l’alleanza tex-mex – in vista di un’eventuale riduzione della loro offerta – per poi aprirsi a una partnership industriale di portata europea.

  

Niente di nuovo emerge, tra l’altro, dalla lista dei principali soci Telecom resa nota ieri dalla Consob: Olimpia resta socia al 17,991% dal 18,007% dichiarato il 30 giugno 2005 a seguito della diluizione per gli aumenti di capitale. Hopa è ferma al 3,721%, Generali al 4,060%.

Non compaiono invece i fondi Brandes Investment che avevano il 3,6% del gruppo.