Dal Report Ue alle dichiarazioni di Montezemolo, l’Italia discute di spot mentre Morgan Stanley abbassa il rating su Mediaset 

di Raffaella Natale |

Italia


Mediaset

Continua polemica sulla scia dei dati del monitoraggio affidato dalla Commissione Ue a GFK Audimetrie. Cifre che hanno evidenziato “numerose infrazioni” alle regole comunitarie sulla pubblicità da parte delle Tv italiane, in particolare quelle commerciali. Le violazioni riguardano i limiti orari e quotidiani e l’inserimento degli spot all’interno dei programmi.

E mentre Corrado Calabrò presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ha spiegato che si tratta di sforamenti pubblicitari pregressi e già sanzionati, stamani Morgan Stanley ha rivisto al ribasso il rating su Mediaset, portandolo da ‘equalweight’ a ‘undeweight’, con prezzo obiettivo sceso da 9,20 a 7,80 euro.

La ragione sta nei conti 2006 della società, giudicati deludenti, ma anche alla luce del giudizio generale sulle società televisive europee che resta negativo.

 

L’analisi della Ue – durata da febbraio 2005 a luglio 2006 – ha evidenziato la particolare situazione del mercato italiano. Questa volta accanto al Report di 381 pagine arrivata al Ministero delle Comunicazioni, ci sono anche due Dvd che raccolgono alcuni esempi di spot e minispot.

Mediaset si è difesa sostenendo di essere in linea con le discipline pubblicitarie e di non “commettere alcuna violazione“.  

 

Anche Sky Italia ha voluto controbattere, ma non alla Ue, quanto alle dichiarazioni del presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, intervenuto venerdì scorso a un convegno organizzato dalla Fieg sullo “Scenario futuro dei media”. Montezemolo ha detto che avrebbe gradito un capitolo sulla Pay TV di Rupert Murdoch nel Ddl Gentiloni.

Con la nuova regolamentazione nel settore radiotelevisivo, che prevede il tetto del 45% alla raccolta Mediaset, il mercato svincolerà oltre 600 milioni di pubblicità. E l’editoria teme che quei soldi degli inserzionisti vadano dritti nelle casse del tycoon australiano.

“…Sky non ha limiti pubblicitari – ha denunciato Montezemolo – è di fatto un monopolista che ha alterato gli equilibri sulla spartizione pubblicitaria con Mediaset e, a cascata, sul sistema dei media”.

“…Sky ha moltiplicato l’offerta televisiva, ma ha anche ricavato una sua nicchia importante nella spartizione della torta pubblicitaria“. Il tutto con “…evidenti ricadute sul mondo della carta stampata“, che in 30 anni “…ha visto crescere i fatturati pubblicitari da 128 milioni a 2 miliardi 780 milioni di euro, ma diminuire le quote nel mercato pubblicitario, dove invece la televisione è passata dal 17 al 56%”. 

 

Da Sky, Tullio Camiglieri, direttore della comunicazione e relazioni esterne, ha replicato a Montezemolo, sostenendo che la società è sottoposta agli stessi limiti pubblicitari delle altre emittenti nazionali e non è monopolista nel settore della Tv a pagamento.

“…Siamo francamente sconcertati dalle parole del presidente di Confindustria – ha sottolineato Camiglieri – che denunciano la totale mancanza di conoscenza delle normative in materia di affollamenti pubblicitari in ambito televisivo”.

Per Camiglieri, contrariamente a quanto affermato da Montezemolo, Sky è sottoposta agli stessi limiti delle altre emittenti nazionali, così come definiti dall’articolo 38 del Testo Unico sulla Radiotelevisione.

“I limiti in questione – ha ricordato Camiglieri – non consentono alle emittenti della Pay TV, così come a qualsiasi altra rete televisiva o fornitore di contenuti in ambito nazionale, di superare il tetto del 15% dell’orario giornaliero di programmazione”.

 

Sky, ha precisato ancora Camiglieri, “…é inoltre lontana” dal tetto orario del 15%, “…essendo il proprio modello di business sostanzialmente diverso da quello dei canali televisivi tradizionali: siamo una televisione a pagamento, con un fatturato derivante dalla pubblicità marginale rispetto a quello dei proventi da abbonamenti”.

Camiglieri si è detto anche stupito del fatto che “…Montezemolo definisca Sky un ‘monopolista di fatto’: nell’ambito della televisione a pagamento, in Italia operano anche aziende del calibro di Mediaset e Telecom, attraverso il digitale terrestre, l’IPTV e la Tv su dispositivi mobili come i videofonini. Prodotti premium come calcio, cinema, reality, sono fruibili in Pay TV attraverso tutte le piattaforme digitali. E qualunque editore o fornitore di contenuti, se volesse, potrebbe offrire servizi di Pay TV attraverso il satellite, semplicemente rivolgendosi agli operatori delle flotte europee”.

 

Sky, ha continuato il responsabile della Comunicazione, “…è inoltre sottoposta a una serie di vincoli, obblighi e limitazioni che non hanno precedenti in Europa, stabiliti dalla Commissione Europea all’epoca della sua nascita. Si tratta di norme asimmetriche che limitano fortemente le possibilità di Sky di competere con gli altri operatori, ad esempio sul fronte dell’acquisizione dei diritti televisivi per il calcio. In base a questi impegni, inoltre, Sky è tenuta a consentire l’accesso alla propria piattaforma ad altri canali a pagamento, facilitandone l’accesso al mercato, cosa che già avviene da tempo. Parlare di ‘monopolio’, di conseguenza, è del tutto fuori luogo. E’ stupefacente – ha concluso Camiglieri – che Montezemolo prima di lanciare simili accuse non abbia sentito la necessità di documentarsi”.

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