3G: la Cina avvia costruzione dei network, ma ai vendor occidentali solo il 5% dei contratti

di Alessandra Talarico |

Cina


TD-SCDMA

La Cina torna a far parlare delle sue ambizioni 3G. China Mobile Communications si appresta infatti a spendere circa 2,9 miliardi di euro per la costruzione di una rete mobile di terza generazione basata sullo standard nazionale TD-SCDMA.

 

Il Paese non ha ancora attribuito le licenze 3G, in attesa di dare un certo vantaggio commerciale allo standard TD-SCDMA sulle tecnologie rivali – WCDMA e CDMA2000 – e di dare più tempo agli sviluppatori locali per competere con gli standard occidentali, ma continua a proclamare l’imminenza dell’assegnazione.

L’ultimo annuncio diceva che la terza generazione avrebbe debuttato in tempo per le Olimpiadi di Pechino 2008.

 

Chen Haofei, segretario generale del TD-SCDMA Forum – il forum industriale che si occupa della promozione dello standard – ha dichiarato che la casa madre di China Mobile ha già invitato i vendor a presentare le loro offerte per la fornitura di infrastrutture destinate a coprire 8 città.

 

Tra le aziende occidentali coinvolte figurano Nokia ed Ericsson, le quali tuttavia si presume non riusciranno ad ottenere che un misero 5% della prima serie di contratti, che andranno ad avvantaggiare i vendor locali come ZTE, Alcatel Shanghai Bell e Datang Mobile i quali dovrebbero aggiudicarsi la parte maggiore dei contratti.

 

Se vorranno entrare nel mercato cinese, Nokia ed Ericsson dovranno per forza sviluppare tecnologie basate sullo standard locale, nonostante in un primo tempo avessero pensato di poter adattare le tecnologie GSM alle esigenze del mercato cinese.

 

Gli altri operatori cinesi, intanto, sono bloccati: non possono iniziare a lavorare su reti basate su standard rivali prima dell’assegnazione delle licenze.

 

La Cina ha investito molto nello sviluppo di una tecnologia indipendente da quelle occidentali, annunciando anche che il governo si riservava il diritto di non imporre alcuna royalty sulla vendita. La mossa, visti anche i ritardi nell’implementazione dello standard, è stata subito indicata come un espediente per indurre le aziende occidentali ad abbassare le loro di royalties.

 

In ogni caso, lo standard locale potrebbe rendere la vita molto complicata agli operatori mobili del Paese che, per servire i loro 420 milioni di utenti, utilizzano il GSM o il CDMA, o entrambi.

 

Per poter offrire servizi 3G, dunque, gli operatori dovranno sviluppare reti ibride e telefonini che utilizzino sia lo standard locale che uno dei rivali. Unire le diverse tecnologie sarà un vero grattacapo per i carrier che rischiano di vedere lievitare i costi e la complessità della costruzione dei network andando al contempo a offrire un servizio di scarsa qualità.

 

Il nuovo standard infatti – ancora troppo giovane e poco testato sul campo – difficilmente sarà affidabile come quelli già rodati sui mercati occidentali così come difficilmente garantirà economie di scala tali da raggiungere il successo e sarà inoltre un ostacolo per coloro che si trovano a dover viaggiare all’estero.

 

Resta poi il problema dei telefonini: i maggiori costruttori – da Siemens a Nokia, Motorola e NEC – hanno già effettuato investimenti per milioni di dollari, ma difficilmente riusciranno a concepire modelli adeguati sul breve periodo, proprio come è successo al debutto dell’Umts.

 

Facile o meno, tuttavia, nessuno vorrà farsi sfuggire il colossale mercato cinese: i costruttori coreani Samsung e LG per esempio, hanno già sviluppato e testato dei cellulari TD-SCDMA per conquistarsi le simpatie del governo di Pechino che sicuramente terrà i forte considerazione il loro impegno.

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