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La convergenza tra contenuti, distribuzione multicanale e separazione di rete. Convegno AICT a Roma

Italia


Convergenza si, Convergenza no. Processo irreversibile in atto o percorso incerto esposto a rischi per effetto dell’evoluzione delle tecnologie e della inadeguatezza delle regole.

Media Company, Operatori delle Telecomunicazioni, Manifatturieri. Separazione tra il ruolo del produttore dei contenuti ed il gestore della Rete. Piattaforma aperta e libero mercato.

Questi i temi cruciali emersi nella Giornata di Studio, Verso la Convergenza di Telecomunicazioni e Media: Nuovi Ruoli e Nuovi Equilibri. organizzata a Roma nella Sala Tirreno della Regione Lazio.

Promosso dall’AICT, Associazione per la Tecnologia dell’Informazione e delle Comunicazioni, in collaborazione con ISIMM, il dibattito si è articolato attraverso tre diverse Tavole rotonde che hanno permesso di ascoltare il punto di vista in materia, degli Operatori di Telecomunicazioni, dei Broadcaster e dei fornitori di Reti e Sistemi. I lavori sono stati conclusi da Nicola d’Angelo, Commissario AGCOM, e dal Ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni.

Guido Vannucchi, Presidente dell’AICT, nel suo saluto di apertura, ha auspicato che: “…questo convegno possa dare, nel processo di convergenza, alcune risposte ad una serie di problematiche che gli Operatori di TLC e i Broadcaster si stanno ponendo.

Un primo problema è quello del rapporto tra gli operatori di Tlc con i Broadcaster che, a loro volta, possono essere spinti a concentrarsi sui soli contenuti, abbandonando la gestione delle Reti di distribuzione ed aspirando essi stessi a diventare “Media Company”.

Si pone pertanto, la necessità – ha proseguito Vannucchi – di definire il significato del termine “Media Company” ed i confini per esso ipotizzabili e, dall’altro, di dibattere sul possibile destino delle “Reti”, tra cui la possibile evoluzione in Società indipendenti al servizio dei vari editori di contenuti e/o di servizi multimediali. Un secondo problema è se esistono modelli di riferimento a livello mondiale che possano già configurarsi come “business case” di successo. E’ il momento giusto per attuare tale trasformazione o, in particolare in Italia, si è forse troppo in anticipo sui tempi? Quali i possibili vantaggi e svantaggi per gli Operatori TLC e per i Broadcaster da una possibile separazione delle Reti e quali dal punto di vista degli utenti? Infine, quali le conseguenze per i tradizionali manifatturieri che hanno già in corso processi di cambiamento nella loro catena del valore?

Enrico Manca, Presidente dell’ISIMM, ha sottolineato che: “…In rapporto alle possibili conseguenze della convergenza nei vari campi, emerge il problema dell’allocazione delle risorse economiche complessive del sistema dei media, rappresentate dalla spesa diretta dei consumatori e dagli introiti pubblicitari. Mentre il mondo delle telecomunicazioni è tradizionalmente basato su un’offerta di servizi a pagamento – tali sono la Mobile Tv e l’IPTV – per quanto concerne Internet, invece, il modello di business che sembra affermarsi è quello della fruizione gratuita di contenuti e servizi, grazie ai ricavi pubblicitari”.

Sul tema dei futuri rapporti tra i broadcaster e i fornitori di contenuti, Manca ha sottolineato che: “…dovrebbe essere garantita la neutralità delle reti nei confronti dell’offerta di media. Ad esempio dovrebbe essere richiesta a tutti gli operatori – in particolare a quelli titolari di un’offerta propria – di garantire comunque una possibilità di accesso neutrale a tutti i fornitori indipendenti di contenuti a condizioni eque e non discriminatorie, in termini sia economici che di prestazioni… In alternativa bisognerebbe pensare ad un sistema totalmente stratificato e caratterizzato da una separazione completa, anche societaria, tra fornitori di contenuti e operatori di rete, limitando rigorosamente questi ultimi alla sola offerta di servizi di trasporto e di connettività”.

François De Brabant, Amministratore Delegato di Between, che ha moderato la prima Tavola Rotonda dal titolo Il Punto di vista degli operatori TLC, ha riportato i dati sulla crescita della penetrazione della Banda Larga in Italia: “…il mercato della banda larga nel nostro paese è decollato, passando da 300.000 accessi del 2001, a 8.700.000 accessi alla fine del 2006. Le proiezioni saranno di 12, 4 milioni per 2010 con una banda che trasmetterà oltre i 2 Mb“.

De Brabant ha fornito dati anche sul volume di affari nel mercato della convergenza: “…Nel 2005 il mercato delle TLC, per i servizi offerti, valeva 32 miliardi di euro; quello dell’IT 19, 5 miliardi, mentre il mercato televisivo (canone, pubblicità, IPTV), si aggirava sui 6,9 miliardi. Il dato dimostra che dobbiamo fare attenzione ad un elemento: la piattaforma televisiva può essere una risorsa importante per i broadcaster, ma non l’unica”.

In merito alle caratteristiche del consumatore di prodotti tecnologici, De Brabant ha evidenziato che oggi i consumatori italiani si suddividono in sei gruppi, gli indifferenti rappresentano il 10.7% del mercato, i trend setter il 12.7%, gli arretrati il 15.9%, i follower il 18.4% gli evoluti-pragmatici il 19.4% ed infine gli ambivalenti rappresentano il 22.8%. Complessivamente si registra una percentuale elevata di consumatori italiani che si rapportano con difficoltà alle tecnologie e alla scelta dei prodotti, per i quali quindi sarebbe auspicabile un prodotto “da largo consumo”. I dati forniti dall’AD di Between infatti parlano di una spinta all’acquisto di prodotti tecnologici dettata prevalentemente da ragioni legate alla “fascinazione” e all’emotività.

Andrea Conte, Direttore Residentials & Business di Fastweb, ha sottolineato i successi dell’azienda anche nel campo della convergenza, in particolare dell’IPTV: “Il 20% dei nostri clienti – ha precisato – ha deciso di servirsi dell’IPTV. Oggi Fastweb, infatti, ha 170.000 clienti che accedono a tale piattaforma e questo dimostra che è in atto un ‘inversione di rotta rispetto al passato: è l’IPTV la ragione che spinge gli utenti all’ acquisto della connessione a larga banda, e non viceversa”.

Qual è il valore aggiunto dell’IPTV? Essa permette, ha aggiunto Conte: “… una maggior efficienza distributiva dei contenuti, una rivitalizzazione del ciclo di vita di alcuni prodotti, maggiori garanzie di sicurezza contro la pirateria informatica, e un sistema di misurazione dell’audience televisiva diverso da quello attuale”.

“In merito alle future strategie di business – ha concluso Conte – puntiamo ad integrarci con le altre piattaforme, abbiamo lanciato infatti lo scorso settembre, un set-top box ibrido, che ha la possibilità di ricevere il segnale digitale terrestre, e miriamo alla fornitura di servizi sempre più innovativi, quali l’HD, il Gaming, il Gambling, e all’utilizzo strategico dell’advertising.

Enrico Lavoro, Responsabile Piani e Innovazione Marketing di Telecom Italia, ha sottolineato che : “…il nostro core business è vendere connettività ai servizi. Nel momento in cui sull’infrastruttura di rete possono viaggiare contenuti televisivi, ci può essere un interesse congiunto tra l’operatore di telecomunicazioni e il content provider.

Sull’IPTV ha sottolineato come la piattaforma sia di naturale interesse per chi veicola contenuti on-line, considerato lo stretto legame della stessa con il protocollo IP. Altra caratteristica importante dell’IPTV è la capacità di associare servizi di comunicazione evoluti a servizi di entertainment tradizionale.

“Telecom, come azienda di telecomunicazioni, – ha concluso Lavoro – è in condizione di mettere, queste capabilties a disposizione di chi produce contenuti. Noi auspichiamo per il futuro una piattaforma aperta..”

Ha preso poi la parola Giuseppe Bonacina, di BT Italia, il quale ha sottolineato che: “…La convergenza tecnologica ha permesso di veicolare diversi servizi su un’unica piattaforma, infatti la legacy delle piattaforme verticalmente integrate è destinata a scomparire. Oggi lo slogan di BT è “Create once, Publish everywhere”: far convergere su un unico box i contenuti di diversi produttori per poi ridistribuirli agli utenti. Il nostro modello di business si basa su una piattaforma unica, basata sul protocollo IP, aperta ai diversi content provider – anche ai piccoli player – con costi ridotti di gestione. In Inghilterra è partito l’esperimento pilota; lo vogliamo allargare in Italia ed in Europa“.

Francesco De Leo, Direzione Strategy & Business Development di Wind, si è soffermato sulla esplosione dei dati veicolati dalla Rete negli ultimi anni: “…secondo i ricercatori della Università di Berkeley, – ha precisato De Leo – tra il 1999 e il 2002 è raddoppiata la quantità di contenuti ed informazioni veicolati dalla rete, pari ad un volume di 5 exabyte… Se potessimo informatizzare il flusso di informazioni che quotidianamente assimiliamo, ogni giorno leggeremmo 10 Mb di dati, ascolteremmo 300 Mb di suoni e musica mentre vedremmo 100 Mb di immagini al secondo. Quest’ultimo dato relativo alle immagini dimostra l’importanza dei contenuti video della Rete. Se la crescita si atterrà su questi ritmi, noi operatori, dovremo domandarci se la nostra rete sarà in grado di supportare un tale flusso di informazioni”.

Fabrizio Meli, Direttore Editoriale di Tiscali, ha evidenziato la mancanza di ” … una risposta comune tra il mondo broadcaster e quello delle Telcos rispetto al fenomeno della convergenza”.

Che cos’è la convergenza? “Non è solo arrivare ad offrire 100 canali televisivi; essa dovrà tenere conto innanzitutto delle esigenze dell’utente, il vero filo conduttore al quale rapportarsi. Lo scenario che auspichiamo è una neutralità della rete, in cui i servizi offerti saranno legati alle reali esigenze del cliente…

Nella seconda Tavola Rotonda dal titolo Il punto di vista dei broadcaster, moderata da Paola Manacorda, Consigliere del CNEL, hanno partecipato i player più importanti della partita della convergenza: i broadcaster.

La Manacorda ha introdotto la sessione ricordando che: “…i broadcaster si trovano a dover affrontare alcune sfide difficili come il passaggio al digitale terrestre: la creazione di un operatore unico per le reti di diffusione radiofonica e televisiva, come accade in altri paesi, è oggi motivo di dibattito.

Un’altra sfida importante è all’orizzonte: sino ad ora abbiamo sempre visto gli operatori tv come fornitori di contenuti distribuiti attraverso la loro rete. Non è escluso che in futuro si debba guardare ad una soluzione che distingua tra produttori di contenuti e gestori della rete.”

Ha preso poi la parola Stefano Ciccotti, Amministratore Delegato di Ray Way, :“Come riportato dall’Economist, lo scorso aprile, la Media Company è una società in grado di aggregare una pluralità di soggetti cui la stessa riesce a vendere, tramite terze parti, pubblicità o contenuti, a fronte di una fee che può essere fissa o variabile”. Quindi secondo questa definizione la Rai è una Media Company, in particolare old style, in quanto le manca l’elemento dell’interattività, elemento tuttavia fondamentale, in quando la partita della convergenza si giocherà sulla reale capacità del broadcaster di soddisfare le esigenze dei singoli utenti”.

“Riguardo allo sviluppo del digitale terrestre – ha continuato Ciccotti – l’operatore di rete unico è un modo forte di rispondere all’esigenza di una evoluzione rapida verso tale piattaforma. Se la rete sarà gestita autonomamente da ogni operatore, sarà difficile concentrare quella massa critica di interessi economici e di mercato per fare passi avanti in tempi rapidi.”

Ciccotti ha richiamato infine un punto importante: “…Più volte è stato richiesto dagli operatori di TLC che i contenuti siano resi disponibili a tutti. Se da una parte è legittimo che il mercato sia normato e dia a tutti le stesse opportunità, dall’altra ci domandiamo perché non si obblighi di veicolare i contenuti del servizio pubblico gratis sulle loro reti.”

Andrea Ambrogetti, Direttore delle Relazioni Istituzionali per l’Italia di Mediaset, ha ricordato che: “Mediaset, come broadcaster, è preoccupata riguardo alla proliferazione delle piattaforme sulle quali trasmettere i propri contenuti. Siamo un’azienda che serve ogni giorno dai 12 ai 15 milioni di utenti e il fatto che il segnale di Mediaset venga replicato su diverse piattaforme quali la televisione analogica, il digitale terrestre, l’UMTS, il DVB-H, può mettere in difficoltà la nostra capacità di tenere tale massa critica.

Ambrogetti ha richiamato, sulla possibile separazione tra operatori di rete e content provider, e sulla liberalizzazione delle frequenze, la necessità di regole chiare e certe perché, ha aggiunto, “ In questo scenario mutevole è necessario avere non solo interrogativi, ma anche delle certezze, per favorire un processo di ammodernamento che sarà utile al Paese…”.

Tullio Camiglieri, Direttore Comunicazione e Relazioni Esterne di SKY Italia, ha posto l’accento sulla qualità dei contenuti: “…Oggi il vero dibattito non è sulla tecnologia e su chi arriverà per primo. Il vero problema è su chi produce i contenuti e sulla loro qualità. La policy dovrebbe essere quella di sviluppare un sistema Paese nella creazione di contenuti, per dare forza ai nostri produttori sul mercato internazionale.

Sugli sviluppi strategici di Sky, Camiglieri ha puntualizzato. “…Abbiamo fatto accordi con altri operatori per la distribuzione dei contenuti, perché non ci siamo mai definiti una piattaforma solo satellitare; siamo infatti una grande azienda televisiva che oggi sta sul satellite, domani sull’IPTV e magari tra dieci anni su un’altra piattaforma.”

Piero de Chiara, Direttore Regolamentazione Multimedia de La7 e Presidente di DGTVi, si è soffermato sulla necessità di rivedere il modello di business da parte dei content provider: “…I broadcaster hanno venduto dei contenuti agli operatori mobili e fissi, ricavando somme importanti , nell’ordine di centinaia di milioni di euro. Potremmo in teoria dichiararci soddisfatti. Tuttavia la nostra preoccupazione è data dal fallimento del modello di business: il mercato dell’IPTV del nostro paese è fermo, non è in crescita esponenziale. Il DVB-H è una tecnologia innovativa, tuttavia è partita in maniera affrettata sia sul piano dell’offerta dei contenuti che sull’offerta della rete; questa falsa partenza rischia di compromettere i futuri volumi di investimento, necessari allo sviluppo del Paese e alle stesse Media Company…”

Anche De Chiara ha richiamato l’importanza dell’offerta dei contenuti: “..Siamo in un ambiente multicanale, non dobbiamo pensare allo share, ma alla valorizzazione del prodotto e dei nostri archivi televisivi…”.

Riguardo alla creazione di un operatore di rete unico per il digitale terrestre, De Chiara ha giudicato positivamente l’idea: “…La proposta della RAI di creare un operatore nazionale mi sembra interessante. La rete di nuova generazione dovrà essere aperta e i broadcaster devono poter vedere i vantaggi che derivano loro dall’offrire i propri contenuti in modo non discriminatorio….”

Nell’introduzione alla terza Tavola Rotonda Il punto di vista dei manufatturieri, il moderatore Raffaele Barberio, direttore di Key4biz, ha dichiarato che: “…alcuni percepiscono i manufatturieri come il cono d’ombra del settore. Essi in realtà sono coloro che lavorano affinché tutti gli altri possano lavorare. Senza il loro apporto i servizi di telecomunicazione non potrebbero funzionare. In questo scenario di trasformazione i fornitori di Reti e Sistemi stanno cambiando pelle, non si occupano solo di device, ma stanno discutendo sull’accesso alla rete che è diventato il vero nodo strategico per effetto delle multicanalità e dei numerosi strumenti che possono essere adottati …”

Andrea Camanzi, di BIACP/CCP OCSE, si è interrogato sulle caratteristiche della futura tecnologia. “Efficienza” e “Convenienza” sono le due parole chiave: “…È vincente la tecnologia che crea un sistema economicamente più efficiente e conveniente di quello precedente…”

“Non dimentichiamoci delle regole – ha continuato Camanzi – in quanto alcune soluzioni tecnologiche innovative e alternative sono impedite dal quadro normativo vigente. Dobbiamo quindi rivedere il sistema delle norme e delle regole. Da parte loro, il governo ed il potere legislativo devono porsi un serio problema, ovvero la scelta delle soluzioni tecnologiche più efficienti per il Paese, anche se sarà poi il mercato a fare le proprie scelte…”.

Ha preso poi la parola Cesare Avenia, Amministratore Delegato di Ericsson Italia,: “…l’appellativo di manufatturieri è un po’ stretto. Noi ci consideriamo più degli integratori di prodotti non semplici fornitori: siamo i partner dei nostri clienti per la costruzione di piattaforme tecnologiche. Suggerirei anche di abolire il termine convergenza, la quale è vista più come una cannibalizzazione di una piattaforma nei confronti di un’altra già esistente. E’ più corretto parlare di Networked Media: non convergenza verso un unico punto, ma connessione intelligente, in rete, tra tutti i media disponibili. Per quanto riguarda il modello di business – ha proseguito l’Ad di Ericsson – dobbiamo pensare a crearne uno virtuoso, in grado di sviluppare un volume di affari pari a 100 miliardi di euro nel 2011.

Si andrà verso una segmentazione del target dei consumatori, e si svilupperanno soluzioni end-to-end in grado di soddisfare le reali esigenze dell’utente finale.”

È stata poi la volta di Antonino d’Angelo, Chief Technology Officer di Italtel “…La nostra esperienza degli ultimi 5 anni è associata alla fornitura di reti che realizzano un servizio Triple Play. La convergenza andrà a soddisfare le esigenze di interattività e forte personalizzazione domandate dagli utenti, non solo nella modalità d’uso, ma anche nella generazione di contenuti. La parola chiave sarà egocasting, in cui vi sarà una centralità dell’individuo rispetto alla natura dell’offerta. Per il futuro continueremo inoltre ad investire nello sviluppo del VOIP, il quale per noi è una struttura portante, una conditio sine qua non del nostro core business.

D’Angelo ha poi messo in evidenza la difficoltà del percorso di convergenza tra Telcos e Media Company, “In una scala ideale, i problemi tecnologici sono quelli di più facile soluzione, sono invece le incertezze sugli investimenti il problema più spinoso…”

Luigi de Vecchis, Amministratore Delegato Siemens Italia, ha richiamato la necessità di investimenti considerevoli per il rilancio del nostro Paese: “…In Italia lo scenario non è positivo: la Next Generation Network di cui tanto si parla deve essere ancora realizzata. Per costruire una rete di tale portata, capace di supportare 50 Mb, sono infatti necessari imponenti investimenti. Noi stiamo già pensando alle reti di quarta generazione, che sarà tarata in base al servizio richiesto dall’utente. È necessario quindi che sia definito da parte del governo un vero Progetto Paese, non un sistema di sussidi e finanziamenti, in particolare a quel 10% del territorio che non sarà mai raggiunto dalla banda larga, ma che comunque rappresenta il 40% dei Comuni.”

Gianmatteo Manghi, Direttore Operativo Alternative Service Provider di Cisco Systems: “… la nostra visione è coerente con il ruolo che abbiamo svolto negli ultimi anni. In Italia, abbiamo iniziato a seguire i progetti di IPTV sin dal 2001. Crediamo in questa nuova tecnologia anche se ad oggi il fatturato relativo ai servizi di IPTV è ancora lontano dal  raggiungimento del break even. Il nostro motto comunque  continuare ad innovare, non fermarsi mai. L’innovazione è come un giaguaro che fiuta immobile la preda per molto tempo, per poi compiere un balzo repentino.…”

Andreas Schneider, Vice president Sales & Service Unit, Alcatel-Lucent Italia: “…Il problema della convergenza lo dobbiamo inquadrare in una ottica internazionale. Lo sviluppo dell’IP non è il vincolo della convergenza, l’asticella è molto più alta: in Italia stiamo ancora tentando di portare la connessione a banda larga a tutto il territorio. Schneider ho proseguito tracciando una panoramica della situazione internazionale: Alcatel ha progetti da 3 miliardi di dollari negli Stati Uniti e 2 miliardi in Australia. In Corea la banda larga è già a 20 Mb mentre in Cina vi è un progetto per collegare i Comuni  ad una velocità di 1 Gb. “In questi paesi è il mercato stesso che spinge per un cospicuo volume di investimenti“. Schneider sulla prospettiva di una rete unica nel nostro paese ha commentato: “…ogni italiano dovrebbe avere il diritto alla banda larga, così come vede garantito il suo diritto all’accesso all’elettricità. Ci deve essere almeno una rete che garantisca tale servizio. Ciò non toglie che nei centri dove economicamente fattibile, ci possano essere anche più reti di operatori che vanno ad integrarsi con la rete principale. È importante che vi sia una condivisione degli obiettivi da parte dei diversi attori che dovranno competere a livello di servizi e non a livello di reti”.

Le conclusioni della giornata sono state affidate a due rappresentanti istituzionali.

Per Nicola D’Angelo, Commissario AGCOM:  ” i profitti dei servizi di telefonia tradizionale vanno sempre più contraendosi. Da qui nasce la necessità di rifondare e ridiscutere le regole, e di ricomporre il quadro tra gli operatori. In Inghilterra quando si è parlato di OpenReach si è avuta una lunga fase di composizione delle varie proposte per arrivare poi ad una soluzione condivisa.  In Italia, se si prendessero decisioni relativamente alla rete di accesso, e questa non fosse condivisa, si andrebbe subito ad un  contenzioso dal quale sarebbe difficile venirne fuori…Sul tema dell’alleggerimento della regolamentazione, esso va posto nelle sedi opportune. Dobbiamo cogliere i punti di crisi del sistema e garantire le condizioni di efficienza del mercato, ovvero la tutela dell’utente e le garanzie di competitività  per tutti gli operatori”.

Ha chiuso il convegno Paolo Gentiloni, Ministro delle Comunicazioni, che ha delineato un quadro meno negativo  “…In generale credo che sta maturando una consapevolezza comune, da parte delle imprese e delle istituzioni sui cambiamenti derivanti dalla convergenza. La trasformazione in atto trova il nostro paese in condizioni positive, dobbiamo esseri consapevoli di avere un know-out e capacità produttive forti. Per qualche anno dovremmo abituarci ad un mercato di transizione. Occorre creare dei modelli di business più adatti alle nuovi condizioni del marcato. I comportamenti dei consumatori più giovani ci indicano che il tempo e i soldi destinati alle telecomunicazioni sono destinati a crescere. Compito del Governo è dettare le regole e le scelte di politica industriale…Nel recente Comitato sulla Banda Larga abbiamo coinvolto tre diversi Ministeri, le Istituzioni nazionali, locali, e il sistema delle imprese, le quali hanno il compito di attuare i grandi investimenti economici per favorire l’ammodernamento della rete …”

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