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Internet sta generando una nuova bolla speculativa? Gli esperti smentiscono

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Internet sta vivendo un periodo di acquisizioni molto intenso, che hanno spinto, pochi giorni fa Bill Gates a parlare del rischio di una nuova bolla speculativa.

Ma c’è davvero questo rischio?

Aziende giovanissime vengono acquistate a prezzi stratosferici, azioni che prendono il volo, investitori che tornano in massa e modelli economici convincenti fanno pensare che questa volta internet non corra il rischio di ritrovarsi al centro di una folle speculazione come avvenne nel 2000.

 

La conferma arriva dalle performance della stella del settore, Google, che martedì ha superato per la prima volta la fatidica soglia dei 500 dollari per azione, partendo da 85 dollari al momento della quotazione, nel 2004.

 

La società di Mountain View, nata nel 1998 dall’intuizione di due ragazzi – Larry Page e Sergey Brin, è attualmente la 15esima società americana per capitalizzazione e ha superato colossi del calibro di IBM e Intel.

 

Come Google, anche altre società fondate da giovanissimi, si sono ritrovate sulla cresta dell’onda a meno di un anno dalla loro creazione.

È il caso di YouTube – popolarissimo sito di video-sharing – acquisito proprio da Google il mese scorso per  1,65 milioni di dollari; di MySpace, acquisito dalla News Corporation di Rupert Murdoch per 580 milioni di dollari; di Skype, pioniere del VoIP, acquisito da eBay per 2,5 miliardi di dollari o ancora del sito di condivisione di foto Flickr, acquisito da Yahoo!.

 

Secondo i dati di PriceWaterhouseCoopers, le società di venture capital investiranno quest’anno una cifra pari a 25 miliardi di dollari – il livello più alto toccato dal 2001 – di cui il 20% destinato proprio al settore internet.

 

L’entusiasmo dunque, c’è, ma è molto più cauto rispetto al 2000, quando gli investitori nel capitale di rischio misero sul piatto oltre 100 miliardi di dollari.

Rispetto ad allora, inoltre, le introduzioni in Borsa sono state molto meno frequenti e l’indice Nasdaq viaggia intorno ai 2,450 punti, ben lontano dai record fittizi registrati sei anni fa.

 

La crescita, dicono dunque gli analisti, sarà continua e a lungo termine: lo scenario attuale differisce decisamente da quello del 2000, quando il settore dava l’idea di un gigante dai piedi d’argilla.

 

Innanzitutto, il pubblico è consapevole di quanto sta accadendo e partecipa attivamente alla crescita del settore, confermando un interesse per il web che supera di gran lunga quello per la Tv o i giornali, che a loro volta sono scesi a patto con il medium occupando ampi spazi con servizi complementari a quelli tradizionali.

I prodotti e i servizi destinati agli utenti finali si moltiplicano, con società che hanno fatto della flessibilità una parola d’ordine, giungendo a realizzare modelli di business profittevoli e stabili, tanto che alcune imprese non hanno neanche bisogno di investitori.

 

A dare il polso della forza di attrazione del settore, anche l’esplosione della pubblicità su internet.

Nel primo semestre 2006, secondo i dati diffusi da Nielsen Media Research (NMR) gli investimenti pubblicitari su Internet sono cresciuti del 53,5% rispetto allo stesso periodo 2005, toccando quota 92.937 euro contro i 60.551 euro del primo semestre 2005.

Per l’intero 2006 Nielsen stima che la pubblicità online – che si sta sempre più affermando come strumento fondamentale delle strategie di comunicazione – crescerà di circa il 30%. Dalla percentuale è escluso il settore della pubblicità attraverso i motori di ricerca che secondo NMR crescerà più del 50%.

 

Cresce inoltre sempre di più l’attrattiva del cosiddetto Web 2.0, cioè quel nuovo approccio al web reso famoso proprio da siti come Digg, Flickr, YouTube o del.icio.us, che hanno portato al successo definitivo il concetto di community, esaltando la natura sociale e partecipativa della rete.

 

Secondo la società Venture One, questi siti hanno assorbito investimenti in capitale di rischio per oltre 455 milioni di dollari nei primi nove mesi del 2006, il doppio rispetto allo scorso anno. Il fondo d’investimenti Sequoia ad esempio, ha investito in YouTube circa 11,5 milioni di dollari, investimento più che ripagato dal momento che la giovanissima società ha portato nelle casse del fondo una plusvalenza di circa 480 milioni di dollari in meno di due anni, la più grande creazione di valore nel mondo delle start up negli ultimi anni.

Si può dunque essere ottimisti o, alla lunga, dovremo dare ragione ai timori di Bill Gates?

 

 

 

27 novembre 2002 – 27 novembre 2006

 

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