La Cina sfida Galileo? Entro il 2008 in orbita i 35 satelliti del sistema Beidou

di Alessandra Talarico |

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Beidou

La Cina potrebbe espandere le funzionalità del suo sistema di navigazione satellitare – ‘Beidou‘ – andando a indebolire l’economia del sistema europeo Galileo.

Nonostante l’accordo firmato a marzo del 2005, con il quale la Cina si impegnava a collaborare con la Ue nella commercializzazione di Galileo e a investire nel progetto una cifra pari a 200 milioni di euro, il governo di Pechino sembra aver fatto marcia indietro, decidendo di utilizzare la costellazione di 35 satelliti che compone Beidou anche per usi civili oltre che militari.

 

Pochi giorni fa, infatti, l’agenzia Xinhua, ha reso noto che la Cina inizierà a fornire, a partire dal 2008 – stessa data prevista per il lancio di Galileo – un servizio ‘aperto’, con una precisione di 10 metri, oltre ai già autorizzati servizi militari.

Quanto ‘aperto’ sarà questo servizio, l’agenzia non lo chiarisce, ma sembra che il governo abbia precisato che esso sarà disponibile a tutti i cittadini cinesi e ad altri Paesi che decideranno di siglare accordi per utilizzarne il segnale.

 

Se questo fosse vero, sarebbe un brutto colpo per il consorzio Galileo, che sperava di recuperare parte dei 2,5 miliardi di euro investiti nel sistema di radionavigazione satellitare vendendo ricevitori e servizi commerciali in Cina.

“Se Beidou offrisse un servizio gratuito a uso civile, questi piani di recupero sarebbero destinati a sfumare” avrebbe riferito una fonte vicina al Consorzio che – dice ancora Xinhua – ha preferito restare anonima a causa delicatezza geopolitica della questione.

 

Non è ancora chiaro, tra l’altro, se le frequenze disponibili saranno sufficienti per utilizzare Beidou efficacemente a livello globale, mentre potrebbero servire nuovi accordi per assicurare che i ricevitori siano compatibili con gli altri sistemi di navigazione: l’americano GPS, il russo Glonass e Galileo.

 

“Potrebbe esserci bisogno – dice ancora la fonte – di una completa revisione degli accordi di cooperazione che il consorzio Galileo ha siglato in Cina”.

 

Dal 2000, quando è nato il progetto Beidou, la Cina ha lanciato 3 satelliti sperimentali e altri due dovrebbero essere operativi all’inizio del prossimo anno.

A differenza dei sistemi GPS, Glonass e Galileo – che utilizzano satelliti in orbita intorno alla Terra – Beidou (che vuol dire Orsa maggiore) usa satelliti in orbita geostazionaria, sistema che riduce la necessità di satelliti ma limita anche la copertura.

 

Secondo gli analisti, ci sono diverse ragioni per cui la Cina sta spingendo su un proprio sistema satellitare: tra queste, la paura di perdere influenza a livello internazionale quando i servizi commerciali di Galileo entreranno nel vivo; preoccupazioni relative al ‘peso’ cinese nella fase di codifica del segnale del sistema europeo, e – non per ultimo – le emergenti divergenze sui contratti di lancio dei satelliti.

 

Sempre secondo gli osservatori, la stampa locale avrebbe pubblicato alcuni interessanti report i quali sosterrebbero che alcune compagnie private avrebbero subito pressioni per utilizzare i servizi Beidou.

Il governo di Pechino, infatti, starebbe studiando come far soldi col sistema e potrebbe ‘persuadere’, ad esempio, le compagnie di trasporto a utilizzare il sistema se vogliono ottenere un contratto.

 

La Commissione europea, da canto suo, fa sapere di non essere preoccupata dell’impatto che il lancio dei 35 satelliti di Beidou avrà sul sistema Galileo.

Per Michele Cercone, portavoce del commissario Ue ai trasporti Jacques Barrot, “Galileo ha spinto molte nazioni a considerare nuove iniziative nel campo della radionavigazione satellitare”, un mercato in via di sviluppo in cui possono trovare posto diversi progetti ma nel quale Galileo “saprà trovare il posto che merita”.

 

Un commento un po’ più acido arriva invece da Michael Shaw, direttore del National Space-based Positioning, Navigation and Timing Coordination Office (PTN) del governo americano.

Secondo Shaw, l’atteggiamento della Cina nei confronti dell’Europa, infatti, non è diverso da quello che l’Europa tenne nei confronti degli Usa circa un decennio fa, “quando il sistema GPS era l’unica soluzione di radionavigazione”.

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