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L’Agcom fa il punto sulla banda larga. Per Calabrò, ‘investimenti ancora inadeguati’ e situazione WiMax irrisolta

Italia


Tre sessioni per parlare dell’evoluzione del mercato delle comunicazioni elettroniche in Italia. E’ di questo che si è discusso in occasione della III Tavola rotonda con l’Autorità per le garanzie delle comunicazioni, che si è tenuta lo scorso 6 novembre 2006.

Presenti numerosi rappresentanti istituzionali, a cominciare dai commissari e dal presidente dell’Autorità, Corrado Calabrò, che ha concluso il convegno.

I lavori si sono aperti con la relazione di Wolf-Dietrich Grussman della Direzione generale Ue per la Società dell’Informazione e Media. Grussman ha fatto un excursus sulla regolamentazione e i mercati europei, comunicando i dati sul volume di affari dell’ICT in Europa: “Nel 2005 il mercato europeo dell’ICT vale 640 miliardi euro. L’eCommerce occupa il 25% di tale fatturato, con un giro di affari di 273 miliardi di euro. Quest’anno per la prima volta gli investimenti nell’ICT in Europa sono stati superiori a quelli del continente americano o asiatico con un giro di 64, 5 miliardi di dollari. La penetrazione del broadband ha dato risultati positivi in Europa, con una media del 15% sulla copertura totale della rete, con l’Olanda e la Danimarca nelle posizioni più alte”.

Si è soffermato sull’aspetto centrale del mercato internet, parlando di convergenza Roberto Napoli, Commissario Agcom, che ha dichiarato: “Il fenomeno della convergenza è il motivo dominante degli ultimi dieci anni. Il mercato delle TLC è stato caratterizzato dall’abbassamento dei costi della telefonia fissa e mobile, l’integrazione dei mercati, la trasformazione delle reti tradizionali in reti di nuova generazione (…) L’Agcom ha avviato un’indagine conoscitiva sugli sviluppi dell’ICT la cui conclusione è prevista nel mese di dicembre. L’analisi riguarda sia i processi di concentrazione e le alleanze strategiche, sia il passaggio ai servizi di nuova generazione”.

Il commissario Napoli ha parlato anche della crescita dei contenuti multimedia relativi alla musica con un giro di affari in Italia 280 milioni di euro alla fine del 2005.

Riguardo al processo di ristrutturazione aziendale di Telecom Italia: “…è stata messa in piedi una task force tecnica per valutare, entro 12 mesi, il perimetro della rete, quali saranno le forme di separazione della società e stabilire il tipo di governance di tale attività“.

In risposta è intervenuto, Andrea Gavosto, dell’Ufficio Studi di Telecom Italia, che considera ingenerose le critiche verso la sua società. Per Gavosto, la scarsa penetrazione della banda larga in Italia è dovuta “sia ad un ritardo culturale (minor diffusione del personal computer in Italia – abbiamo 10 milioni di unità in meno della Francia) che alle difficoltà morfologiche del territorio. Obiettivo sarà garantire il 100% di copertura entro il 2007″ .

Le statistiche andrebbero riviste: “Il numero di accessi a larga banda rispetto al numero di linee in rame e in fibra è alto, l’Italia è al quarto posto in Europa; siamo terzi se consideriamo il numero di accessi a larga banda rispetto al numero di personal computer, arrivando ad una penetrazione del 66%“.

Gavosto fa il punto sulle strategie future di Telecom: “Il mercato ha un punto di flessione: i tradizionali driver di crescita del mercato si stanno trasformando, la telefonia fissa è in declino. Le nuove aree di sviluppo sono le reti di nuova generazione e la convergenza. L ‘azienda ha spinto sulla convergenza tra telefonia fissa e mobile. Se i risultati dei costi sono stati migliori delle previsioni, non è stato altrettanto sul lato delle offerte dei servizi. Le reti di nuova generazione si prestano alla fruizione e trasmissione di nuovi contenuti (…) La convergenza tra fisso e mobile non è abbandonata, verrà ripresa ed enfatizzata quando le tecnologie mobile a larghissima banda saranno tali“.

Anche Sergio Giovanni Fogli, Responsabile Affari Regolamentari Operations di Telecom Italia, interviene sul nodo banda larga: “…Se riferite alle linee attive, la copertura dell’ADSL è del 36% contro il 32% della media europea. Siamo al quarto posto in Europa. In Italia ricordo che ha avuto successo la formula ADSL con l’entry free, ovvero si paga solo il consumo. Per quanto riguarda l’offerta dei prezzi nel panorama europeo, la nostra offerta all sale costa il 25% in meno rispetto alla Francia”.

Fogli chiama anche in causa l’esempio del mercato inglese: “Qualche rumor ci arriva. Riguardo alla separazione dei sistemi loro sono messi meglio per quanto riguarda il trust, la fiducia; sul fatto sistematico siamo decisamente avanti noi“.

Achille De Tommaso, Presidente COLT Telecom e ANFOV, accusa la carenza di infrastrutture e l’assenza di investimenti: “Ci vuole un tavolo di lavoro per parlare degli investimenti sulla rete esistente, non sul Next Generation Network. Dobbiamo reinvestire sulla fibra ottica, le centrali già DSL devo essere upgradate a 100 mega. In questa concertazione tutti gi operatori devono essere presenti. È importante dare servizi ai cittadini, ma anche alle aziende“.

E non si può parlare di banda larga senza nominare Tiscali. Nel suo intervento, Mario Mariani, Amministratore Delegato dell’Isp, ha parlato del successo della azienda all’estero: “…Per un operatore fisso alternativo è più difficile convergere sul mobile. Tiscali è presente anche in Inghilterra. Lì le condizioni di mercato sono favorevoli alla competizione, Abbiamo avuto più successo che in Italia, con 1 milione e 300.000 abbonati broadband. In Italia potremmo contribuire al dibattito sullo scorporo della rete, sia in fase di definizione del perimetro della rete generale che della componente dell’ultimo miglio. Non è importante solo il tema di coperture della rete, ma anche la capacità di creare una concorrenza. Sulla convergenza tra fisso e contenuti dobbiamo coinvolgere non sono gli operatori di TLC ma anche i broadcaster, gli operatori televisivi”.

Per Romano Righetti, Direzione Regulatory Affairs and Institutional Relations, di Wind, le preoccupazioni fondamentali quando si parla di convergenza sono due. La sostenibilità del sistema e la programmabilità delle decisioni, non solo sulla vecchia rete, ma anche sulla nuova rete, anche attraverso l’apertura di appositi tavoli tecnici, al fine di evitare pipeline dai tempi infiniti: “in relazione alle offerte convergenti, è necessario comprendere quale sia il driver regolamentare, da utilizzare per gestire le offerte che nascono come “somma delle parti“, al fine di assicurare l’adeguato livello di trasparenza e di definire il “livello di libertà” a livello retail per l’operatore incumbent. Sono necessarie pertanto regole che assicurino la sostenibilità per l’industria e la programmabilità delle scelte anche nell’ottica dello sviluppo delle New Generation Network, le quali costituiscono un catalizzatore per le offerte in esame. Il tema delle NGN deve diventare pertanto un tema del sistema alla cui definizione tutti gli attori del mercato possano partecipare conoscendone tempi e modalità di introduzione.

Sul tema della separazione della rete di accesso di Telecom Italia, Righetti ha evidenziato come Wind abbia apprezzato l’iniziativa della Task Force avviata dall’Autorità sul tema e come auspichi una forte “pubblicità” dell’iniziativa per consentire a tutti gli operatori di offrire il proprio contributo: “E’ importante analizzare la vicenda considerando gli impatti sia sulla vecchia che sulla nuova rete (NGN), valutando la necessità di una eventuale adozione di una analisi di mercato per il riesame degli obblighi dell’operatore incumbent post separazione, e tener conto dell’esistenza della delibera 152/02/CONS che detta i principi della non discriminazione e della separazione utili a definire una integrazione dei rimedi esistenti. Oltre al “perimetro” della rete ed alla governance, la Task force dovrebbe trattare anche il tema del cosiddetto “Sportello Unico”, che garantisca trasparenza e non discriminazione non solo per le condizioni economiche ma anche tecniche.

Anche Giuseppe Bonacina di BT Group cita l’esperienza del mercato inglese che ha visto importanti cambiamenti della strategia dell’incumbent: “Otto anni fa, BT aveva problemi di tipo strutturale e di strategia forti. BT decise di vendere il ramo dei famiglia, il mercato mobile. L’attività di regolamentazione e la pressione competitiva hanno costretto l’incumbent ad investire sulla larga banda, non solo in Inghilterra. In Italia, il contesto non è favorevole. L’incumbent è molto forte, È difficile fare accordi commerciali, non c’è la volontà di far entrare nuovi operatori. Occorre una trasparenza delle regole, una maggiore capacità di accesso alla rete mobile per dare maggiori vantaggi al consumatore“.

Nella seconda sessione del convegno si è parlato del mercato della convergenza tra broadband e operatori.

Claudio Leporelli, Professore Ordinario di ingegneria economico-gestionale dell’Università ‘La Sapienza’, ha sottolineato che…le strategie degli operatori rischiano l’incubo della commoditization e il fascino della media company (…) I contenuti sono fuori dal perimetro del quadro di regolamentazione. A oggi si contrappongono due modelli: il modello inglese in cui vi è una parità di accessi ed modello americano in cui le Cable Companies hanno obblighi regolamentari diversi rispetto a noi. Lì Gli operatori stanno attaccando il concetto di neutralità del network”.

Anna Gatti di Myqube, ha provato a rispondere alla domanda: “Cosa vuole veramente il cliente negli scenari della convergenza?”.

Secondo Gatti: “Il processo di convergenza è iniziato con una convergenza di rete, poi anche di device ei service. Il futuro sarà quello dei ‘New generation content and services’ (come myspace.com, Youtube, xanga), il cui business non è né chiaro né normativizzato, ma regolato dagli stessi user. In futuro gli operatori saranno sempre di meno, sempre di più invece coloro che generano contenuti. Le tre parole chiave per il consumatore sono aver un contenuto cheap, cool ed easy“.

Per Fabio Iaione di Qualcomm: “…Nel 2010 ci sarà una penetrazione broadband del 60% sulla rete fissa. Oggi la trasformazione del digitale ha permesso una esplosione dei contenuti. Nel mercato americano, oltre il 57% degli utenti on line, tra i 12 e i 18 anni, si definisce creatore di contenuti“.

Bianca Maria Martinelli, Direttore Affari Pubblici e Legali di Vodafone Italia accenna sulle difficoltà burocratiche del mercato italiano: “In Italia è difficile fare le reti. Oggi abbiamo un contenzioso di 1250 casi aperti. In Europa la media è l’ordine delle decine. Nel mercato della convergenza abbiamo due nodi centrali da risolvere: una alta qualità dei servizi e una accessibilità economica a questi servizi. Necessitiamo di una convergenza delle regolamentazioni: dobbiamo impedire l’acquisto dei contenuti a soggetti che non hanno diritto di esercizio su una tale piattaforma. Secondo punto cardine è il divieto di esclusiva. Oggi sulle piattaforme emergenti è fondamentale garantire la fruizione degli stessi contenuti su tutte le reti appartenenti a quella piattaforma“.

Stefano Mannoni, Commissario AGCOM, tende innanzitutto a garantire la trasparenza dei lavori sul processo di separazione di Telecom: “Gli OLO verranno consultati ed informati circa il processo di questa vicenda (…) Vogliamo garantire la serietà di questo negoziato, non sarà un seminario accademico in cui tutti intervengono e utilizzano la vicenda della separazione come merce di scambio, per ottenere altri tipi di partite”.

Mannoni tuttavia non risparmia critiche verso Telecom, da una parte, e gli OLO, dall’altra: “Qualcuno in Telecom ha confuso il concetto regolamentare di rete di nuova generazione con il concetto di mercato emergente. Non sono la stessa cosa. L’ ERG è stato chiaro al riguardo: la rete di nuova generazione può considerarsi mercato emergente solo nella misura in cui i servizi veicolati da questa rete siano nuovi, inediti ed emergenti. Solo in questo modo ci potrà essere un regulatory holyday, una sorta di zona franca regolamentare (…).

Aggiunge inoltre: “Ultimamente, circa gli operatori infrastrutturati, vedo confusione riguardo ciò che è chiamata la ladder of investiments, la scala degli investimenti (…) Abbiamo avuto contestazioni sul fatto che non abbiamo aperto dappertutto il wholesale rental. Noi prendiamo seriamente il concetto della scala di investimenti dicendo: prima fate l’unbundling e poi, come rimedio sussidiario, passiamo al wholesale rental. I due non possono stare sullo stesso piano, è contraddetto dal manuale di regolamentazione europeo”.

Per Fabio Macaluso, Direttore Affari Legali e Societari di Fastweb: “Telecom tende a confondere il concetto di NGN con quello di ‘mercato emergente’. Su tale argomento l’ERG ha già considerato che non vanno deregolamentati mercati consistenti nell’offerta di servizi già esistenti attraverso una rete proprietaria di nuova generazione. Ogni offerta di servizi che aumenti l’effettiva competitività del mercato va favorita specie se tali servizi non possano prescindere, nel breve, dall’accesso alla rete di Telecom Italia”.

In ordine al WiMax, Macaluso si auspica che:L‘Autorità possa contribuire a velocizzare l’assegnazione delle frequenze, poiché il WiMax può contribuire a colmare il digital divide, nonché a coprire zone urbane sprovviste di connessione a banda larga. Peraltro, la pronta introduzione dei servizi WiMax apporterebbe un maggior grado di concorrenza, a favore degli operatori infrastrutturati che avrebbero a disposizione una tecnologia alternativa sganciata dall’accesso alla rete di Telecom Italia”.

“Ciò è tanto più vero – conclude Macaluso – se si considerano la maggiore e crescente efficienza dei sistemi di compressione del segnale sulle reti fisse (come con l’HDSL), la cui più estesa rimane quella dell’operatore ex monopolista, e la scarsa motivazione dei produttori dei terminali convergenti, che in assenza dell’avvio commerciale dei servizi Wi-Max non sono portati a investire per la ricerca e sviluppo dei medesimi handset“.

Argomento della terza sessione è stato agli operatori virtuali mobili (MVNO- Mobile Virtual Network Operator), il più importante business virtuale nella storia del settore.

Secondo Enzo Savarese, Commissario Agcom: “Il mercato degli operatori mobili virtuali permette agli operatori proprietari di generare profitti aggiuntivi derivanti dall’utilizzo di capacità di banda altrimenti inutilizzata. La presenza di operatori mobili virtuali nel mercato della telefonia mobile può potenzialmente giovare al mercato. In Nord Europa il regolatore ha stabilito le condizioni di partenza per l’entrata nel mercato di tale soggetti. Ha posto obblighi specifici agli operatori mobili”.

“L’impatto degli operatori virtuali può essere essenziale e dipende principalmente dalle variabili regolamentari e dalle azioni competitive degli operatori mobili tradizionali”.

Savarese cita il caso dell’Italia: “L’Antitrust ha avviato una istruttoria coi confronti di Tim, Wind e Vodafone (procedimento a357) per accertare se i tre operatori abbiano o meno rifiutato di negoziare accordi di accesso al fin di impedire l’ingresso nel mercato al dettaglio dei servizi d comunicazione mobile da parte di operatori alternativi. La data di scadenza del procedimento posticipata al 10 maggio 2007

Per Antongiulio Lombardi, Direttore Affari Regolamentari di 3 Italia, la realtà italiana in cui operano gli operatori è molto più articolata: “3 Italia è favorevole ad aprire a condizioni commerciali la propria rete a soggetti che chiedano l’accesso quali gli ESP. E’ chiaro che ove detti soggetti scelgano di configurarsi come operatori, avranno tutti i benefici quali la libertà tariffaria e la remunerazione della terminazione entrante e tutti gli oneri connessi quali il pagamento dell’accesso e della terminazione verso altre reti, grandezze oggi note in quanto le terminazioni mobili sono tutte pubblicate in RIO e per l’accesso può essere preso in considerazione come riferimento il valore di 2 volte la terminazione recentemente utilizzato da Agcom”.

Non è possibile – continua Antongiulio Lombardi – identificare categorie teoriche di MVNO: un aspirante MVNO può avere tutto quello che contraddistingue un operatore (customer care, sistema di billing ecc.) tranne la di acceso mobile o livelli sempre minori di impegno infrastrtturale (quindi comprando all’esterno anche l’ it, il customer care, la fatturazione,etc.); ovviamente al crescere delle attività non autoprodotte cresce l’importo da pagare all’esterno”.

Cristian Tessari, Responsabile Affari Regolamentari di Tele2 Italia, dichiara che hanno messo in piedi un “MNVO vero, in modo da avere il controllo totale del cliente. Da questo punto di vista, alcune concessione non le vediamo. Siamo interessati all’operatore mobile virtuale ma non a tutti i costi. Le condizioni economiche proposte fino ad oggi sono insostenibili“.

Stefano Vicariotto, Direttore Affari Legali e Regolamentari di Bt Italia critica l’operato dell’Authority, la quale, sulla questione MVNO: “…Ha deciso di non imporre alcun obbligo regolamentare nel mercato 15, escludendo una dominanza congiunta degli operatori mobili nel mercato dell’accesso. Tale decisione si è rivelata non corretta. In primo luogo perché non sono stati conclusi gli auspicati accordi di ESP/ MVNO ad eccezione di accordi con soggetti estranei al settore delle telecomunicazioni, ed anche alla luce dei recenti sviluppi del mercato in tema di servizi convergenti e delle relative posizioni di mercato. Gli operatori che dispongono dell’accesso alle reti mobili hanno preferito, piuttosto che raggiungere accordi commerciali con aspiranti MVNO, presentare proprie offerte allo stato attuale non replicabili. Ciò sta comportando gravi ritardi a danno del mercato e degli utenti”.

Sulla posizione degli MVNO, Francesco Nonno, Public & Economic Affair di Telecom Italia, replica: “Noi siamo aperti alla negoziazione. Siamo interessati a vendere delle soluzioni commerciali in cui tutte e due le parti vogliano vendere qualcosa. Non ci sono obblighi, ma opportunità. Per il quadro complessivo e difficile trovare un equilibrio tra la soddisfazione degli utenti, il business commerciale ed arrivare a remunerare gli investimenti fatti. Dobbiamo capire se si vuole accedere a queste reti per motivi strategici, piuttosto che ad una reale esigenza“.

Per Raffaele Giarda, partner dello studio professionale Baker & Mckenzie: “…Nonostante in Europa i tassi di penetrazione di mercato nel settore del radiomobile siano prossimi – se non superiori, in alcuni Paesi – al 100%, le quote di mercato degli operatori mobili dominanti mostrano, nella media, variazioni decrescenti. In alcuni paesi, gli spazi di mercato lasciati vuoti da tali incumbent sono colmati, almeno in parte, dagli MVNO in senso lato (ossia considerando le sfumature esistenti, ad esempio, tra gli air time resellers, gli enhanced service providers, gli indirect access providers e gli MVNO veri e propri). E ciò sarebbe confermato dal fatto che – sempre secondo alcuni dati ufficiali di Bruxelles – il numero di MVNO è aumentato da circa 160 (nel 2004) ad oltre 210 (nel 2005) su circa 80 MNO presenti nei Paesi UE. Del resto, sebbene in Europa non esista, in generale, un obbligo regolamentare degli MNO di fornire accesso alle proprie reti a favore degli MVNO – come non esiste in Italia ai sensi della Delibera AGCOM 46/06/CONS – accordi di MVNO, in senso lato, sono stati conclusi, ad esempio, in Francia, Germania, Spagna e Regno Unito, dove, sulla base di contratti commerciali, sono attivi operatori alternativi con background industriali diversificati, dai supermercati e catene di distribuzione all’ingrosso agli operatori telecoms veri e propri.”

Luigi Pugliese, Partner & Vice President di Booz Allen Hamilton elenca le condizioni di mercato che favoriscono la nascita degli operatori MVNO. Queste sono: “…la redditività, il prezzo – in tutti i mercati il 30% dei clienti è sensibile al prezzo -, l’utilizzo, ovvero l’opportunità di erodere ricavi del fisso attraverso prezzi sostitutivi, e la regulatory. Il posizionamento di mercato degli MNVO varia in funzione dei segmenti target di clientela e delle leve di differenziazione a disposizione“.

Secondo Giovanni Umberto De Stefano, Direttore Generale di Eutelia: “…quando accediamo alle frequenze non siamo più virtuali. Oggi l’MVNO non è più tanto una misura per allargare ulteriormente l’area di concorrenza nell’offerta di servizi mobili quanto un provvedimento di equità industriale nei confronti degli operatori alternativi di rete fissa, con particolare riferimento a quelli che hanno costruito importanti infrastrutture di rete“.

Per Stefano Quintarelli, Presidente dell’AIIP (Associazione Italiana Internet Provider): “Il VoIP è uno dei possibili Services Over IP che vengono realizzati con protocolli standard in uno scenario di ricavi telefonici in calo e pressione di Internet alla forfetizzazione (…) L’ipotesi di competizione verticalmente integrata era congrua con una coincidenza tra rete di trasporto e servizio; la separazione tra rete e servizio attuata dall’Internet Protocol pone le basi per la crisi del modello competitivo. Le ADSL senza fonia sono un sostituto dell’unbundling a causa della disponibilità di tecnologie innovative i cui sviluppi vengono dettati dal mercato della consumer electronics, mercato globale, non governato in Italia. WiMAX, Bitstream, VoIP vanno a forte rilento: sono tre aspetti dello stesso fenomeno che aumenteranno l’evidenza della inadeguatezza del modello competitivo tradizionale. Quanto dovremo aspettare per vedere device VoIP mobili su reti di accesso WiMax? Come affrontare questo snodo competitivo? La remunerazione a breve è sufficiente a supportare costose evoluzioni della rete o lo sviluppo di molte NGN? E’ un tema di Politica industriale che va oltre i compiti assegnati all’Autorità delle Comunicazioni (peraltro dotata di risorse inadeguate) e le cui linee strategiche devono essere indicate dal Governo, non da pressioni contingenti; un tema che diventa sempre più urgente affrontare tra tutti gli operatori“.

La conclusione dei lavori è stata affidata al Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Corrado Calabrò: “Vi sono delle linee di tendenza. Noi abbiamo il culto del pluralismo. Se è vero che bisogna avere una visione di quadro, non dobbiamo affondarci a regole minute. Sono preoccupato che non ci siano investimenti adeguati nella banda larga, che è l’asse portante dello sviluppo. Abbiamo una rete in rame che per la banda larga che sarà insufficiente”.

Perché il WiMax non decolla in Italia? Ecco la laconica risposta di Calabrò: “Fin quando l’attuale detentore non lascia le frequenze, il perché è già spiegato”.

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