Web e Censura: parte la cybermanifestazione di RSF contro i 13 Paesi ‘Nemici di Internet’

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Reporter senza frontiere (Rsf), l’associazione per la difesa della libertà della stampa, in occasione delle “24 ore contro la censura su Internet” – “cybermanifestazione” internazionale organizzata per oggi e domani ha pubblicato una lista con i nomi dei 13 Paesi “nemici di Internet”.

 

L’associazione considera “nemici di Internet”, l’Arabia Saudita, la Bielorussia, la Birmania, la Siria, la Tunisia, il Turkmenistan, il Vietnam, la Corea del Nord, Cuba, Egitto, Iran, Turkmenistan e Uzbekistan.

 

Rispetto allo scorso anno nella lista di RSF non sono più presenti la Libia, le Maldive e il Nepal. Questi tre Paesi non vengono più considerati “nemici di Internet”, in quanto l’associazione ha potuto constatare, in seguito a una missione, che qui “Internet non è più censurato” e nel corso del 2006 nessun “cyberdissidente” è stato incarcerato.

 

RSF ha spiegato perché un Paese viene considerato “nemico di internet”. In Arabia saudita sono vietati determinati siti. La censura si concentra soprattutto sui siti pornografici, su quelli di opposizioni e sulle pubblicazioni israeliane.

 

In Bielorussia il governo ha il monopolio delle telecomunicazioni e non esita ad impedire l’accesso a Internet, in particolare nei periodi pre-elettorali. Nel mese di marzo del 2006, per esempio, parecchi siti che esprimevano profonde critiche nei confronti del presidente Alexandre Lukashenko sono stati oscurati per parecchi giorni.

 

In Birmania, le politiche contro Internet sono ancora più repressive di quelle attuate in Cina e in Vietnam. Tutti i siti di opposizione vengono oscurati, gli Internet cafè strettamente controllati. Le autorità possono bloccare il pc dell’utente ogni 5 minuti in modo da poter controllare le sue attività, le sue ricerche. Oltre ad Internet, il governo birmano controlla anche i servizi di telefonia e, lo scorso giugno, ha bloccato i servizi di messaggeria istantanea difficili da controllare.

 

In Cina le autorità controllano con particolare attenzione le innovazioni tecnologiche per accertarsi che nessuna nuova “invenzione” riesca a superare i “filtri” adoperati dall’autorità per tener sotto controllo Internet, in modo da poter intervenire censurando qualsiasi forma di dissidenza contro il governo che potrebbe comparire in Rete. Attualmente in Cina 52 internauti sono in prigione per aver criticato il governo e la sua politica.

 

A Cuba, RSF ha constato che solo il 2% della popolazione ha un collegamento Internet. Il governo cubano ha adottato diverse misure per fare in modo che la situazione rimanga invariata. Innanzitutto ha vietato ai cittadini il collegamenti a Internet da casa. I cubani, infatti, per navigare in rete o controllare le mail possono collegarsi solo da Internet cafè, università, hotel, dove tutti i Pc contengono un software installato dalla polizia cubana che innesca un messaggio di avviso ogni volta che le parole chiave “sovversive” sono ricercate dall’utente. Inoltre se la polizia scopre un collegamento “illegale”, l’internauta viene condannato a cinque anni di prigione. Pochi utenti sfidano la censura del regime. Il governo, infine, si accerta anche che i dissidenti ed i giornalisti indipendenti non abbiano accesso a Internet.

 

In Iran nel corso del 2006 la repressione dei bloggers è diminuita. Su 20 bloggers incarcerati nel 2005, solo Arash Sigarchi è al momento ancora in prigione, mentre sono aumentati i filtri ai siti considerati sovversivi. Dall’estate scorsa, i censori si sono concentrati soprattutto sulle pubblicazioni online che si occupano dei diritti delle donne. In Iran, inoltre, le autorità hanno deciso di vietare i collegamenti a banda larga.

 

La Corea del Nord solo ad alcuni funzionari è permesso accedere alla rete usando i collegamenti affittati dalla Cina. I giornalisti dissidenti, che si sono rifugiati nella Corea del Sud cercano tramite la rete di far conoscere al mondo – particolarmente sul www.dailynk.com – la realtà coreana.

 

In Siria i cyberdissidenti vengono imprigionati, torturati e sottoposti a condizioni inumane. Inoltre il governo vieta di collegarsi a siti in lingua araba.

 

La Tunisia, che nel 2005 ha ospitato il World Summit on the Information Society (WSIS), nel quale si è discusso del futuro di Internet, è fra i Paesi più repressivi al mondo nei confronti del web. Tutti gli Internet cafè sono controllati dall’autorità e per i tunisini è impossibile accedere, fra gli altri vietati, al sito di RSF.

 

In Turkmenistan, dove solo l’1% della popolazione ha un collegamento Internet, il presidente Separmurad Nyazov controlla totalmente i media. Internet, oltre ad essere censurato, è proibito alla maggioranza dei cittadini del Paese.

 

Il Vietnam nel corso del 2006 ha modificato leggermente la sua posizione nei confronti di Internet soprattutto perché sta cercando di essere ammessa all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) e quindi non può ignorare completamente le richieste dei diplomatici stranieri. Il governo ha “alleggerito” il controllo sulla stampa ed esita ad adottare misure repressive nei confronti dei dissidenti. Molti cyberdissidenti, fra questi il più famoso, figlio di Pham Hong, sono stati liberati nel 2005 e nel 2006. Il cambio di rotta del governo vietnamita, che pur continua a controllare il web, è testimoniato dal fatto che un gruppo, denominato “l’8406” ha potuto la scorsa estate lanciare su Internet una petizione, firmata da centinaia di cittadini che hanno usato i loro veri nomi, nella quale hanno chiesto al governo di avviare riforme.

La “new entry” della lista, quest’anno è l’Egitto dove secondo Reporter senza frontiere il presidente, Hosni Miubarak, “ha intrapreso una politica autoritaria particolarmente preoccupante per quanto riguarda il web” e tre curatori di blog sono stati arrestati e incarcerati “per aver essersi espressi a favore di riforme democratiche nel Paese”.

 

La cybermanifestazione organizzata da Reporter senza frontiere inizierà stamattina alle 10:00 e si concluderà domani mattina alla stessa ora. L’associazione con questa iniziativa invita gli internauti a mobilitarsi contro “i nemici di Internet” sul proprio sito. Inoltre gli uffici di Rsf condurranno anno azioni militanti per denunciare le “derive etiche dei giganti di internet”.

 

Riguardo della cybermanifestazione organizzata da RSF, Fiorello Cortiana, senatore dei Verdi, ha ribadito quanto già detto in occasione del Workshop “Internet Bill of Rights”, svoltosi ad Atene. Per Cortiana “…è indispensabile il lavoro svolto finora per l’Internet Bill of Rights“. E’ proprio a partire dalle libertà individuali – ha dichiarato Fiorello Cortiana – che gli organismi internazionali e le realtà governative che concorrono alla definizione della governance di Internet possono definire delle modalità ufficiali di coordinamento, al fine di armonizzare e rendere coerenti le risoluzioni ONU sui diritti dell’uomo“.

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