Il cybercrime rende più della droga? Forse ancora no, ma le premesse ci sono tutte

di Alessandra Talarico |

Mondo


Phishing

Scammer, phisher, spammer, bot, ladri d’identità…nomi che possono sembrare oscuri ma dietro i quali si celano organizzazioni criminali il cui scopo oscuro non è: rubare i nostri soldi approfittando degli strumenti messi a disposizione dalle nuove tecnologie.

 

Non è un segreto, purtroppo, che il cybercrime sottragga ogni anno ingenti somme di denaro dai conti degli utenti di tutto il mondo e, mentre gli hacker di lungo corso mettevano a disposizione i loro ‘servigi’ per condurre un numero limitato di operazioni di spionaggio industriale di alto profilo, i cyber criminali di nuova generazione combinano social engineering, viruses, trojans e spyware per colpire l’utente medio di internet, a volte ignaro di quanto sta succedendo sul suo Pc.

 

Secondo Guillaume Lovet, della società specializzata Fortinet, i proventi della cybercriminalità potrebbero presto superare quelli del traffico di droga, essendo le strutture logistiche delle cybergang molto simili a quelle delle organizzazioni mafiose.

 

Lovet ha identificato una struttura criminale a 4 livelli: ci sono i ‘coders‘ che hanno il ruolo di programmatori come in ogni organizzazione legale; i ‘kids‘ che utilizzano gli strumenti progettati dai coder per rubare i dati bancari e altre informazioni sensibili; i ‘puppet master‘ (burattinai) che sanno come e dove dirottare i profitti delle attività illecite e infine i ‘mules‘ (muli) utilizzati dai burattinai per trasformare il denaro elettronico in moneta irrintracciabile e spendibile.

 

Un ‘kid’che pure fa il lavoro più ‘sporco’, per un colpo da 170 mila dollari riceve un compenso medio di circa 400 dollari, spiega Lovett, che sottolinea come nei Paesi in via di sviluppo – dove sono situati i ranghi e le fila della ‘catena di valore’ del cybercrime – questa cifra è molto più elevata dei profitti della maggior parte delle occupazioni legali.

 

La fetta maggiore della torta spetta, ovviamente ai capi delle gang e ai muli che riciclano i proventi del colpo e trasformano il cosiddetto e-gold in soldi veri.

 

I diversi elementi della rete criminale usano spesso le chat room per incontrarsi e organizzarsi avvalendosi dell’anonimato garantito da questi luoghi di incontro virtuale.

 

Come molti altri esperti in sicurezza informatica, Lovet presume che la prossima ondata di cybercriminalità tenderà a sfruttare oltre ai Pc anche la nuova generazione di telefonini multimediali che potranno alimentare anch’essi le già tristemente famose reti ‘zombie’ formate da computer infettati utilizzati per sferrare attacchi informatici e diffondere lo spam.

 

Secondo Valerie McNiven, advisor sul cybercrime del ministero del Tesoro Americano, già nel 2004 il cybercrime ha generato profitti per 105 miliardi di dollari, più o meno la metà di quelli generati dal traffico di sostanze stupefacenti, stimati dall’ONU in 322 miliardi di dollari nel 2003.

Con la crescente diffusione dei Pc e della banda larga, queste cifre già incredibilmente alte, sono destinate a lievitare in maniera esponenziale nei prossimi anni e fanno pensare che davvero non passerà molto prima che la mafia digitale aggiunga al suo già nutrito portafoglio un altro pericoloso primato.

 

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