Internet renderà il mondo migliore? Le ipotesi e le convinzioni di un panel di esperti

di Alessandra Talarico |

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Se l’attaccamento a internet – ai suoi siti di social networking, ai giochi multiplayer e a tutto quello che rientra nella realtà virtuale – appare già esagerato adesso, aspettate di vedere cosa succederà tra 15 anni, quando si trascorrerà in rete molto più tempo di adesso.

 

Secondo un nuovo studio di Pew Internet & American Life Project i progressi tecnologici faranno di internet uno strumento in grado di produrre enormi benefici, ma con molti effetti ‘collaterali’ ancora difficili da stabilire.

 

Certo, sarà sempre l’uomo a dominare la tecnologia – nonostante il proliferare di attività automatizzate e di ‘smart agents’ – ma sono in molti a dichiararsi ‘pessimisti’ riguardo le nostre capacità di controllo sulla tecnologia.

 

Per il 42% delle persone coinvolte nell’indagine – esperti di The Internet Society, The World Wide Web Consortium, Working Group on Internet Governance, ICANN, Internet2 e dell’Association of Internet Researchers – ad esempio, i pericoli e le dipendenze legate a un uso smodato del web cresceranno oltre la nostra abilità di controllarli e, anche se la realtà virtuale migliorerà la produttività globale, c’è il timore concreto che governi e corporation non facciano molto per diffondere le tecnologie nei Paesi più remoti e che quindi le disuguaglianze sociali aumentino, alimentate anche dal mondo virtuale.

 

Le tecnologie autonome – che elimineranno il bisogno del controllo umano su attività quali la sorveglianza, la sicurezza, i sistemi di tracking – potrebbero insomma, secondo l’autorevole parere degli esperti interpellati da Pew, generare pericoli e dipendenze che non saranno riconosciuti fino a quando non sarà impossibile invertire la tendenza.

 

Gli esperti e gli analisti interrogati nell’ambito dell’indagine non si sono trovati d’accordo neanche sul punto centrale dello studio: nel 2020 il mondo sarà un posto migliore grazie a internet? Per il 46%, i benefici legati alla maggiore trasparenza di organizzazioni e individui prevarranno sui costi in termini di perdita della privacy, il 49% non si è detto d’accordo.

 

La divergenza riguarda soprattutto l’impatto socio-politico dei cambiamenti messi in atto dalla tecnologia.

Uno dei dubbi maggiori – ha spiegato l’autrice del report, Janna Quitney Anderson – riguarda pericolo legato alla rabbia di chi viene escluso dalla rivoluzione digitale: i cosiddetti refuseniks.

 

Addirittura, per il 58% degli intervistati c’è il rischio concreto che coloro che verranno tagliati fuori dal cambiamento digitale creeranno un nuovo gruppo culturale che si auto-segregherà dalla società ‘moderna’. Alcuni staranno lontani dalla rete per cercare ‘pace’ e una cura dall’eccesso di informazioni tipico dell’era virtuale. Altri potrebbero commettere attentati terroristici per protestare contro la loro esclusione dall’accesso alle nuove tecnologie.

 

Tra le altre conseguenze del diffondersi delle nuove tecnologie a livello globale, per il 56% del panel, la maggiore produttività delle comunità ‘tecnologiche’ rispetto ai lavoratori del ‘mondo reale’ col rischio però che l’attraente natura della realtà virtuale crei in molte persone seri problemi di dipendenza.

 

Non tutti sono così drastici: spiega ad esempio Nick Carr – consulente e membro del panel – che forse la parola ‘dipendenza’ non è adatta ma sicuramente, “il trasferimento dell’attenzione all’informazione, i media, l’intrattenimento e le comunità online sbriciolerà la cultura e ci porterà a vivere in un mondo più freddo”.

 

Le incognite sono molte ma forse sta capitando al web tutto quello che è capitato agli altri media prima del suo avvento: prevale la paura di ciò che non si può controllare e si tende a drammatizzare l’eccessivo attaccamento al mezzo, senza tenere conto della capacità di discernere di chi lo usa.

Come spiega infatti Thomas Friedman nel suo libro “Il mondo è piatto”, internet ha annullato le distanze e ha trasformato il Pianeta in un enorme campo da gioco che permette a tutti di competere e collaborare.

Basta solo saper cogliere le opportunità di questo nuovo mondo più trasparente e accessibile e non sottovalutare mai l’intelligenza della cosiddetta ‘massa’, ritenuta troppo spesso ormai soltanto un mercato e non un insieme di persone pensanti e forse stufe di essere considerate solo numeri nel fatturato delle corporation.

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