Un’Italia con molta tecnologia ma poca innovazione: la spesa IT cresce solo nelle famiglie

di Alessandra Talarico |

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Un’Italia che viaggia a due velocità sul fronte dell’adozione delle tecnologie dell’informazione. È quella che emerge dai dati presentati al seminario “Innovazione tecnologica e crescita economica” da Banca d’Italia e Cnel, secondo cui le imprese e la Pubblica Amministrazione stentano ancora a tenere il passo con l’Europa, mentre le famiglie spendono sempre di più in accessori digitali.

 

A pesare sul bilancio complessivo dell’industria – che fa segnare un -1,7% rispetto al 2004 – la spesa delle piccole imprese, che destinano al settore appena il 20% della spesa totale e continuano a ridurre gli investimenti: -3,3% del 2005, -1,3 nel 2005.

Anche  la Pubblica Amministrazione segna il passo, con una riduzione della spesa dell’1%.

 

Quelli delle piccole imprese e della PA sono dati che si inseriscono comunque in un quadro d’insieme non proprio confortante: se infatti Francia, Germania e Gran Bretagna destinano all’information technology oltre il 3% del Pil, nel nostro Paese la percentuale è dell’1,94%, mentre il settore – che pure registra una timida inversione di tendenza – cresce appena dello 0,9% (-0,4% nel 2004) e la spesa procapite, la più bassa d’Europa, si attesta a 339 euro.

 

Come viene spesso sottolineato, dunque, l’Italia resta un Paese che ‘consuma’ tecnologia ma non la ritiene uno strumento in grado di aumentare la sua capacità di innovare e competere su un mercato sempre più globale.

Le tecnologie IT vengono ancora guardate con timore per l’impossibilità di valutare l’affidabilità della controparte o la qualità dei beni/servizi richiesti o anche per la paura di non riuscire a riorganizzare l’azienda in modo da sfruttare al meglio i nuovi strumenti tecnologici, che pure potrebbero produrre notevoli vantaggi economici e di gestione.

Per questi motivi, nel 2005, più del 75% delle imprese ha destinato agli acquisti e alle vendite online una quota inferiore al 10% del totale.

 

E così ecco che gli unici dati positivi sono quelli del settore consumer che, seppur fanalino di coda per consumi complessivi con 878 milioni, registra nel 2005 una crescita del 6,3%.

 

Non sembra conoscere crisi il settore dei cellulari – sono 1,6 milioni quelli di nuova generazione venduti nel 2005 – né quello delle fotocamere digitali (2,1 milioni) dei decoder (3,8 milioni) e dei computer portatili (2 milioni).

 

Gli investimenti in IT sono oggi direttamente proporzionali all’incremento di produttività da parte dei sistemi economici industriali: negli Stati Uniti – dove le imprese investono in innovazione il 2% del Pil contro lo 0,4 in Italia – un investimento in ICT ha un tasso di ritorno medio tre volte superiore a qualsiasi altro investimento effettuato da un’impresa in un orizzonte temporale di tre anni.

Eppure in Italia, che pure fino a pochi anni fa disponeva di un comparto tecnologico di tutto rispetto in grado di competere a testa alta in tutto il mondo, si continua a litigare su chi deve investire di più, se il pubblico il privato, senza tentare di dar vita a un dialogo e a un impegno comune che ci consenta di saltare sul treno dell’innovazione da protagonisti.